Economia

Come funziona il (nuovo) Ddl affitti brevi?

La bozza del decreto conferma i punti di maggio: pernottamento di minimo due notti, banca dati nazionale che monitori ogni alloggio e pene più severe. La stretta tenta di lenire l’emergenza abitativa, a favore anche degli albergatori
Credit: Inside Weather 

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19 ottobre 2023 Aggiornato alle 11:00

Mentre il problema del caro affitti non accenna a diminuire, il Governo tenta di arginare le conseguenze negative degli affitti brevi attraverso un apposito decreto, per ora ancora in forma di bozza. Già a fine maggio, ha cominciato a circolare fra le scrivanie del Ministero del Turismo un disegno di legge sul tema, i cui elementi sono stati ripresi - e rinvigoriti - nell’ultima versione ancora non discussa dal Consiglio dei ministri.

L’obiettivo che si pone è ambizioso, cioè riuscire a conciliare il diritto alla proprietà privata tutelato costituzionalmente, secondo cui - come ricordato da Matteo Salvini durante un convegno di Confedilizia - «ognuno deve essere libero di decidere come mettere a reddito il proprio immobile», con le lamentele degli albergatori, i cui potenziali clienti preferiscono l’ospitalità dei proprietari privati non professionisti sulla carta e che reclamano una tutela specifica dalla concorrenza sleale.

Lo scontro dunque si innalza a livello imprenditoriale, con il settore alberghiero da una parte e dall’altra le diverse piattaforme di riferimento per incrociare domanda e offerta di affitti brevi, al cui vertice troviamo Airbnb, che nel 2022 in Italia ha fatturato più di 21 milioni di euro trattenendo una percentuale su ogni affitto. Dalla nuova bozza si evince una stretta da parte del Governo articolata su più punti.

Prima di tutto, si disciplina il contratto di locazione per finalità turistiche avente a oggetto il soggiorno in uno o più immobili nelle zone di rilevanza storica, artistica e ambientale dei comuni capoluoghi, che «non può avere una durata inferiore a due notti consecutive», pena la nullità dell’intero contratto.

Un lasso di tempo ben definito e privo delle deroghe previste nella bozza di maggio, il cui limite minimo era ammorbidito qualora a ricevere l’immobile in affitto fosse un nucleo familiare di almeno un genitore e tre figli.

Inoltre uno stesso proprietario potrà mettere in locazione breve solo due appartamenti, oltre il quale non potranno beneficiare del regime fiscale agevolato pari al 21% applicato sul canone lordo di locazione.

Novità anche sul fronte della sicurezza, in quanto anche le unità immobiliari messe in affitto per poco tempo dovranno essere dotate dei dispositivi di sicurezza per la prevenzione degli incendi, oltre che rispettare i requisiti igienico sanitari. Come nel precedente Ddl, le destinatarie della normativa saranno 14 città metropolitane (come Roma, Milano o Napoli) insieme a 969 comuni ad alta densità turistica, anche se con meno di 5000 abitanti.

Fra le novità più importanti spicca senza dubbio l’introduzione di un Codice identificativo nazionale (Cin) che il Ministero del Turismo assegnerà a tutti gli immobili destinati all’affitto breve, oltre che alle strutture alberghiere ed extra alberghiere come B&B e ostelli.

Un codice creato per garantire la tutela della concorrenza, della sicurezza del territorio e scongiurare gli abusi, e che dovrà essere obbligatoriamente esposto all’ingresso di ogni unità immobiliare, oltre che indicato negli annunci pubblicati nelle varie piattaforme telematiche. Sono previste inoltre multe salate per i trasgressori: fino a 5.000 euro per la mancata esposizione, per raggiungere gli 8.000 in caso di affitto senza aver fatto istanza per ottenere il codice.

I Cin andranno quindi a sostituire progressivamente i Cir (codice identificativo regionale) resi obbligatori da marzo 2023 per comunicare ufficialmente l’inizio dell’attività, e ogni codice verrà inserito in una apposita banca dati nazionale presente sul sito del Ministero del Turismo per monitorare tutte le unità immobiliari presenti sul mercato degli affitti a finalità turistiche e prevenire forme irregolari di ospitalità.

Sempre ai fini di un maggiore controllo, il proprietario o il gestore del portale telematico sarà soggetto all’obbligo di segnalazione certificata di inizio attività presso lo sportello unico per le attività produttive del comune, con una sanzione fino a 10.000 euro per ogni mancata segnalazione.

Nel complesso la normativa, che potrebbe subire ancora cambiamenti, non ha la stessa intensità del bando de facto di cui si è lamentata la stessa Airbnb sul New York Times, e che la città di New York ha recentemente introdotto per regolarizzare gli affitti brevi.

Dal 5 settembre infatti tutti i proprietari e gli affittuari sono obbligati a registrarsi presso le autorità cittadine e ottenere una specifica attestazione di conformità del loro immobile prima di inserire i loro annunci sulle piattaforme, pena una sanzione di massimo 5.000 dollari. Un aumento burocratico non da poco per i potenziali locatari newyorkesi e soprattutto per i portali online, che per molti esperti potrebbero vedere la lista delle inserzioni avere circa 10.000 annunci in meno.

Anche i comuni italiani, soprattutto quelli maggiormente a vocazione turistica, aspirano a mosse severe sul modello della Grande Mela.

«Milano vorrebbe fare una cosa simile a quella di New York e cioè di lavorare sul numero di giornate e poi sul numero di appartamenti» commentava il sindaco di Milano Beppe Sala a inizio settembre, che insieme a Firenze e Roma sopporta da tempo le storture del mercato provocate proprio da un aumento degli affitti brevi, il cui numero incontrollato impatta negativamente sul caro affitti e, di conseguenza, sull’emergenza abitativa degli studenti fuori sede.

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