Diritti

Turchia e Siria: a un anno dal terremoto, le donne guidano la ripresa

Il 6 febbraio 2023 due scosse di magnitudo 7,8 e 7,5 hanno distrutto l’area al confine tra i Paesi. Secondo ActionAid, le cittadine sono state le più colpite dalla catastrofe; oggi sono protagoniste della ricostruzione economica e sociale
Credit: EPA/STR 
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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6 febbraio 2024 Aggiornato alle 15:00

Alle 4:17 del 6 febbraio 2023, mentre gran parte delle persone dormiva nelle proprie case, un terremoto di magnitudo 7,8 colpì la Turchia sudorientale e il nord-ovest della Siria. Seguirono migliaia di scosse di assestamento, ma nove ore dopo un altro terremoto di magnitudo 7,5 continuò l’opera di devastazione iniziata dal primo. Secondo le Nazioni Unite le scosse hanno causato uno dei più grandi disastri che abbiano colpito la regione negli ultimi tempi. Il bilancio delle vittime si avvicina alle 55.000, con la Turchia che ha superato quota 50.000 morti. Ma non è possibile avere una cifra ufficiale precisa. A un anno da quella notte, sono le donne, in particolare, a tenere unite le famiglie e a guidare la ripresa.

Secondo la Ong ActionAid, che un anno fa si è attivata per rispondere all’emergenza, donne e ragazze sono state le più colpite dal terremoto: la situazione per chi aveva le mestruazioni, era incinta o stava allattando era devastante considerando che le persone sfollate (1,5 milioni solo in Turchia) dovevano sopportare condizioni di freddo glaciale, senza un riparo. Sono state le donne rifugiate dalla Siria, in particolare, sopravvissute a oltre 12 anni di conflitti e difficoltà, “ad assumere nuovi ruoli e responsabilità per costruire la ripresa economica e sociale”.

«Quando c’è stato il terremoto, sono uscita di casa in pantofole e senza hijab al freddo; nevicava», ha raccontato a ActionAid Najla’a Al Sheikh, una donna di 45 anni che ha fondato l’associazione per donne Kareemat, partner locale della Ong in Turchia che sostiene principalmente le donne siriane colpite dal terremoto. «Mi sono resa conto che le donne portavano il peso più grande e, anche se avevamo a che fare con un trauma, dovevamo comunque prenderci cura dei bisogni delle nostre famiglie». Molte sono rimaste vedove e senza fonti di reddito, mentre i prezzi salivano e non si riusciva più a far fronte ai bisogni essenziali come le medicine. «C’era chi doveva ripartire da zero».

L’associazione Kareemat ha offerto corsi di formazione alle donne siriane per permettere loro di raggiungere l’emancipazione economica: sul sito contano 207 “progetti economici” realizzati e 150 progetti culturali”. «Offriamo anche supporto psico-sociale alle donne che affrontano il trauma del terremoto», ha aggiunto Najla’a. Tra le tirocinanti di Kareemat c’è Shadia Abdou, una giovane malata di cancro che ha imparato a fare la parrucchiera grazie all’associazione: «Sono rimasta devastata nell’apprendere di avere il cancro e quando il terremoto ha colpito, ha distrutto gli ospedali e le medicine sono diventate scarse». Nonostante l’intervento di ActionAid e dei suoi partner locali, che hanno portato il loro aiuto a oltre 197.000 persone, oltre 2,3 milioni di donne e ragazze in età riproduttiva hanno un disperato bisogno di sostegno economico, psicosociale e di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva nel nord-ovest della Siria.

Centinaia di migliaia di persone sono ancora sfollate, in attesa della prossima grande scossa: secondo i dati del Ministero dell’Ambiente e dell’Urbanizzazione turco a 11 mesi dal disastro è stata avviata la costruzione di 307.000 unità abitative, di cui 46.000 completate e consegnate. Azione contro la fame, onlus leader nella lotta alla fame e alla malnutrizione nel mondo, spiega che, solo in Turchia, circa 800.000 persone continuano a vivere in insediamenti temporanei, e hanno bisogno di acqua potabile, servizi igienici, cibo e assistenza sanitaria e psicosociale. Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), più di 100.000 donne hanno partorito e stanno crescendo i loro figli nell’incertezza e nella mancanza dei servizi di base. Ancora prima dei terremoti le Nazioni Unite stimano che, in Siria, più di 15 milioni di persone avevano già bisogno di assistenza umanitaria a causa di conflitti, crisi economica ed epidemie.

Ad Hatay, in Turchia, Azione contro la fame ha fornito supporto a Ubeye, una donna di 37 e madre di 5 figli. Prima hanno vissuto in una tenda, poi in un container: «È molto difficile per i bambini: devono uscire sempre, è difficile andare in bagno, è lontano e complicato, specie di notte». I volontari si prendono cura dei bambini, insegnano «cosa devono mangiare e bere» e fanno dei disegni insieme. Tra loro c’è Çağla, una operatrice medica: «Nel corso del tempo, i bisogni sono cresciuti, mentre gli aiuti stanno gradualmente diminuendo e questo è un problema. La continuità degli aiuti è fondamentale per la ripresa a lungo termine. Dovremmo fornire ogni tipo di assistenza, grande o piccola che sia, perché i bisogni sono ampi e vanno dall’abbigliamento, all’alloggio, al cibo, all’igiene. Tra le priorità attuali c’è anche la distribuzione di tessere alimentari per le famiglie per acquistare i beni di prima necessità».

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