Diritti

#MeToo pubblicità: nel 62,7% dei casi non è stato preso alcun provvedimento

Il 77,9% delle persone che hanno risposto al sondaggio del collettivo Re:B, Era solo una battuta, ha ricevuto commenti non richiesti sul lavoro. Spesso le persone che hanno segnalato episodi di molestie fisiche o verbali sono state ignorate (40,5%)

Il caso diventato noto come il “#MeToo della pubblicità” è stato al centro delle cronache italiane a partire dall’estate del 2023. Le molte testimonianze, pubblicate sui social e sui giornali, sono state fondamentali per fare luce su un problema di molestie e violenze che non tocca uno piccolo gruppo di persone.

Dall’indagine Vita ed esperienze delle donne al lavoro, pubblicata sul sito web della Fondazione Libellula, si scopre che il 55% delle donne in Italia, più di 1 su 2, ha vissuto una molestia, un episodio di discriminazione o è stata vittima di uno stereotipo nel contesto lavorativo.

La genesi del #MeToo pubblicitario

Il primo caso, il 9 giugno 2023, emerge da un’intervista di Monica Rossi (pseudonimo su Facebook di una persona che lavora nel mondo dell’editoria), 33 domande a Massimo Guastini, ex Presidente dell’Art Directors Club Italiano. Guastini parla di molestie nell’ambito delle agenzie pubblicitarie e fa il nome di Pasquale Diaferia, definendolo un «molestatore seriale» e soprattutto dicendo che non si tratta di un caso isolato: «Potrei parlarti di una famosa chat in cui diversi uomini catalogavano e davano voti al culo, chi alle tette, chi alle gambe di queste giovani stagiste che potevano essere le loro figlie».

Dopo la pubblicazione dell’intervista, l’11 giugno sul sito web dell’Art Directors Club Italiano viene pubblicata una nota in cui “si comunica che il Consiglio Direttivo dell’ADCI all’unanimità in data mercoledì 7 giugno ha deliberato l’esclusione del socio Pasquale Diaferia da ADCI”.

Il 22 giugno 2023 l’Art Directors Club Italiano pubblica sul sito web un altro comunicato in cui “condanna con fermezza ogni forma di sessismo e comportamenti lesivi della dignità delle donne, e si impegna a promuovere presso tutti i soci un atteggiamento di tolleranza zero verso pratiche che ci lasciano inorriditi e sgomenti come quelle riportate nelle notizie di questi giorni”.

Nonostante queste dichiarazioni, da quel momento molte persone iniziano, tramite i social network, a denunciare numerosi episodi di molestie e comportamenti violenti all’interno delle agenzie di comunicazione.

La nascita di Re:B - The answer will be bold

Il manifesto del collettivo Re:B viene pubblicato il 30 giugno 2023 e recita: “Siamo una risposta necessaria, collettiva e forte a un sistema che non ci rappresenta. Siamo in tantə, dovremmo essere tuttə. Siamo stanchə di abbassare la voce e più determinatə che mai a cambiare le cose. […] siamo pubblicitariə, vittime e alleatə, unitə contro un sistema che resiste a un cambiamento essenziale. È tempo che la cultura tossica, discriminatoria e sessista venga sradicata dall’interno”.

Il collettivo fondato da Tania Loschi, Giulia Mandalà, Sara Rruga Dervishi, Linda Codognesi e Zahra Abdullahi crea così uno spazio sicuro per condividere gli episodi di molestie all’interno delle agenzie pubblicitarie attivando diversi canali di supporto che proteggono l’anonimato (Telegram, Instagram e un form anonimo online) e fornendo anche sostegno legale gratuito “per garantire il miglior supporto in caso di denuncia per molestie e abusi nelle agenzie di comunicazione”.

In meno di un mese, il 14 luglio 2023, il collettivo raccoglie un migliaio di testimonianze di molestie e abusi fisici, verbali e psicologici nell’ambito lavorativo. Le testimonianze parlano di 200 entità coinvolte, tra agenzie e singoli molestatori e partono dal 1989 fino ad arrivare al 2023, 9 segnalazioni su 10 riguardano le donne, principali vittime di questa cultura violenta, e il 5% delle molestie denunciate sono state a danno della comunità Lgbtq+. Le città più coinvolte sono Milano, Roma, Torino e Bologna e, dai dati resi noti, si evince che gli abusi non avvengono solo all’interno delle agenzie di comunicazione ma anche nelle scuole di settore, dove spesso i docenti sono professionisti che lavorano all’interno delle agenzie stesse.

La questione legata alle chat emerge anche da questa prima indagine: in almeno 10 agenzie è stata segnalata la presenza di una chat di soli uomini in cui “commentare e sessualizzare le colleghe”.

Il nuovo report di Re:B, Era solo una battuta

Il nuovo report, pubblicato a gennaio 2024 è il risultato di un sondaggio sviluppato e distribuito dal collettivo nel corso dell’autunno del 2023.

I dati raccolti dal collettivo sono stati comparati con quelli nazionali per avere un metro di paragone. “Per quanto riguarda le molestie fisiche i dati sono tutto sommato comparabili, ma il quadro peggiora sensibilmente nell’ambito delle molestie verbali”, si legge nel report.

“L’obiettivo con il quale è stata strutturata la raccolta dei dati era quello di superare una visione puramente quantitativa realizzata in una prima mappatura (che potete trovare pubblicata sul profilo Instagram di Re:B) ma di implementare una visione qualitativa delle molestie, quali azioni vi rientrano e quali conseguenze portano alle vittime e al settore pubblicitario italiano. Il report è basato su un campione di 149 persone, non rappresentativo dell’industry, ma che permette comunque di raggiungere l’obiettivo di offrire una fotografia più nitida e profonda di quanto avviene nel settore della comunicazione. Le risposte sono state raccolte durante il periodo settembre - ottobre 2023”.

I risultati hanno confermato che “nonostante ci sia una naturale richiesta da parte dei clienti di sviluppare messaggi focalizzati sulla D&I, le agenzie oggi non sono ancora luoghi aperti alla Diversity and Inclusion. Il potere dell’industria sembra disfarsi su sé stesso in dinamiche che hanno poco a che fare con l’età o il genere in sé, ma che si trasforma in un disagio che trova sfogo su chi viene naturalmente considerato inferiore: donne e minoranze”.

Il 77,9% delle persone che hanno risposto alla survey ha dichiarato di essere stata vittima di scherno o commenti non richiesti all’interno di un’agenzia. L’oggetto dei commenti riguardava nel 62,1% dei casi l’aspetto fisico, nel 57,8% le performance lavorative, nel 41,4% la sessualità e nel 16,4% la salute mentale.

“Questo tipo di molestie verbali avviene secondo un pattern molto preciso: chi ha una seniority più alta prende di mira colleghə di seniority più bassa. Peggio per il 26,2% che ha dichiarato di essere statə vittimə di contatti fisici non richiesti all’interno di un’agenzia. Anche in questo caso i dati ci confermano il pattern per il quale chi subisce ha una seniority più bassa di chi molesta”.

Come il problema viene trattato nelle agenzie

Il 65,5% delle persone che ha risposto alla survey dichiara che l’agenzia dove lavora ha un dipartimento che si occupa di risorse umane: di questi, il 23,6% ha chiesto l’intervento del dipartimento segnalando episodi di molestie fisiche o verbali, mentre nel 17,8% dei casi questa figura non era prevista nella struttura o comunque non avrebbe avuto un impatto positivo in quella situazione.

A chi ha segnalato episodi di molestie fisiche o verbali, i responsabili delle risorse umane hanno: ignorato la segnalazione (nel 40,5% dei casi), colpevolizzato (13,5%), ridicolizzato (10,8%) la vittima. Solo il 18,9% ha dichiarato di essere stato ascoltato, mentre nessunə si è sentito protetto dalle risorse umane in casi di denuncia di molestie. Per l’87,9% del campione l’intervento non è stato risolutivo.

“Quello che viene chiamato il #MeToo delle agenzie pubblicitarie è iniziato a giugno 2023. Nonostante le centinaia di testimonianze raccolte sia online che offline e l’interesse della stampa nazionale, nel 62,7% delle agenzie in cui lavorano le persone che hanno risposto alla survey non è stato fatto alcun tipo di intervento. Solo il 37,4% delle agenzie ha attuato dei provvedimenti una volta ricevute le segnalazioni. Tra i provvedimenti è stato conteggiato anche il semplice invio di una mail generica da parte di HR o board”.

In Italia è un percorso in salita

Re:B, in un post condiviso da Tania Loschi, ricorda che in Italia, nonostante le centinaia di testimonianze raccolte “i responsabili sono ancora in silenzio. Quasi tutti i protagonisti occupano ancora il loro posto nelle stesse agenzie dove hanno abusato e molestato. Il nostro settore pensa che sia sufficiente qualche ora di ‘formazione’ online, o una mail di finta comprensione del problema, a cui non succede però nessuna azione concreta. Inoltre, pretendono da noi la denuncia di comportamenti abusivi su piattaforme aziendali, gestite dalle stesse persone che non hanno ancora punito i colpevoli. A chi dice che il cambiamento non è possibile, rispondiamo: non solo è possibile, ma è già iniziato. In Francia, nel Regno Unito, negli Stati Uniti, le vittime sono state ascoltate, le risposte sono state tempestive”.

Giulia Mandalà, Re:B: «In nessuna delle testimonianze che abbiamo raccolto si sia mai parlato di sindacati»

La Svolta ha chiesto a Giulia Mandalà, co-founder e responsabile servizi Re:B, se i sindacati abbiano un ruolo di presenza attiva all’interno delle agenzie di comunicazione. «Penso sia sintomatico che in nessuna delle testimonianze che abbiamo raccolto si sia mai parlato di sindacati, tant’è che è un aspetto che non abbiamo nemmeno approfondito nel report. Non abbiamo quindi dati ufficiali ma la sensazione è sicuramente che i sindacati siano fuori dal sistema delle agenzie di comunicazione. Come Re:B siamo statə contattatə a giugno dal Sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori della comunicazione della Cgil di Roma in quanto volevano invitarci a prendere parte a un panel sulle politiche di genere. Abbiamo declinato l’invito fintanto che non ci sarebbe stata un’azione effettiva del sindacato nel settore».

Sui prossimi passi del collettivo, Mandalà spiega: «Oggi stiamo lavorando per diventare a tutti gli effetti un’associazione. Questo, oltre a rendere più semplice la partecipazione alle attività del gruppo, e quindi anche ad aumentare il numero di attività realizzabili, ci permetterà di essere al fianco di chi denuncerà, non solo nella parte di supporto legale ma anche in tribunale come parte civile. Stiamo ovviamente proseguendo anche nelle attività di denuncia, collaborando con alcunə giornalistə per proseguire il lavoro di inchiesta iniziato a settembre».

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