Ambiente

Inquinamento atmosferico: in Italia si rischiano oltre 100.000 morti premature

Secondo nuovo studio pubblicato su International Journal of Public Health rinviare la revisione degli obiettivi di qualità dell’aria al 2040 causerebbe un aumento della mortalità di circa un terzo nel nostro Paese
Credit: Federico Gambarini/dpa  

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6 febbraio 2024 Aggiornato alle 07:00

A Bruxelles, il Consiglio, il Parlamento e la Commissione Europea sono impegnati nei negoziati trilaterali, i cosiddetti trilogues, per la revisione della Direttiva sulla Qualità dell’Aria Ambientale (Aaqd).

Ad oggi, manca ancora una strategia chiara per ottenere il completo allineamento della normativa comunitaria alle linee guida sulla qualità dell’aria previste dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Se il raggiungimento di un accordo sulla revisione dell’Aaqd dovesse tardare ulteriormente, le implicazioni sulla salute dei cittadini europei legate all’inquinamento dell’aria sarebbero significative.

Per questo motivo la comunità scientifica ha lanciato un appello, sottolineando l’importanza di un’azione tempestiva e di un’accelerazione delle trattative al fine di adottare entro il 2030 standard più rigorosi per la salvaguardia della salute pubblica.

Secondo uno studio recente pubblicato ieri sull’International Journal of Public Health, a cui ha contribuito anche Francesco Forastiere, Direttore della rivista Epidemiologia e Prevenzione, in caso di un rinvio di 10 anni dell’adempimento ai nuovi limiti sulla qualità dell’aria sarebbero quasi 330.000 le vite umane che sarebbero sacrificate in Europa.

Lo studio dettaglia poi il costo umano che un tale ritardo avrebbe per ciascun Paese Ue, dove in media le concentrazioni di Pm 2.5 oggi superano i 10 μg/m3. Da questa analisi emerge un dato piuttosto allarmante che riguarda l’Italia.

Secondo le stime, un terzo della mortalità aggiuntiva si verificherebbe proprio nel nostro Paese, che vede un’esposizione particolarmente pronunciata a livelli alti di inquinamento nelle regioni padane.

Eppure, paradossalmente, l’Italia risulta tra i Paesi che, in sede di Consiglio, ha osteggiato la modifica del testo della direttiva, proponendo deroghe ampie e poco chiare che, tra le altre cose, consentirebbe ad alcuni Stati membri di ritardare il raggiungimento dei limiti addirittura al 2040.

L’ostruzionismo di alcuni governi potrebbe tuttavia portare alla creazione di cittadini europei di serie A e di serie B, compromettendo l’effettività del diritto collettivo alla salute e a respirare l’aria pulita.

In questa situazione, il tentativo del nostro governo di rinviare al 2040 l’aggiornamento degli obiettivi e dei limiti standard avrebbe conseguenze gravissime, causando la morte prematura di oltre 100.000 persone, che di fatto equivarrebbe alla scomparsa di città come Piacenza, Novara, o Ancona.

Come ha fatto notare Anna Gerometta, Presidente di Cittadini per l’aria Onlus, «L’attuale posizione dell’Italia è irresponsabile non solo per la richiesta di un rinvio che condanna a morte oltre centomila cittadini italiani ma, soprattutto, in quanto il rinvio richiesto - piegando per l’ennesima volta alla volontà politica il rispetto dell’evidenza scientifica e il diritto alla salute - ha il mero scopo di legittimare l’assoluta inazione che ormai da decenni caratterizza le politiche dell’aria in Italia dove, non solo non si fanno le cose che servono, ma assistiamo quotidianamente alla messa in campo di azioni gravemente controproducenti per sostenere interessi elettorali e/o piccole e grandi lobby a spese della salute dei cittadini».

Non va dimenticato che sono le persone più vulnerabili - da un punto di vista sanitario, sociale ed economico, oltre ai bambini e agli anziani - a subire gli effetti di una proroga al 2040 dell’adeguamento dei limiti alle raccomandazioni dell’Oms.

Roberto Mezzalama, Presidente del Comitato Torino Respira, ha aggiunto: «L’Italia si pone al livello dei Paesi dell’Est Europa che hanno sicuramente meno mezzi a disposizione per affrontare il problema. L’andamento dell’inquinamento nella pianura padana richiederebbe ben altre decisioni per essere invertito e le azioni condotte finora sono chiaramente insufficienti, come dimostrano anche le decisioni dei giudici torinesi di andare avanti con i processi per inquinamento ambientale a carico degli amministratori».

In risposta alla visione irresponsabile dell’Italia sulla Aaqd, le associazioni di categoria hanno lanciato un appello al senso di responsabilità delle istituzioni, per far sì che nell’ambito dell’attuale negoziazione europea il nostro Paese riveda la propria posizione.

«Ogni proroga significa aumentare i rischi per la salute pubblica, causare sofferenza, aumento delle malattie, morti premature e costi per l’assistenza. È un momento delicato in cui le implicazioni del ritardo vanno valutate con attenzione e con responsabilità. Occorre cercare soluzioni tempestive per garantire un ambiente più sicuro e salutare per tutti», ha dichiarato Francesco Forastiere, direttore della rivista Epidemiologia e Prevenzione.

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