Ambiente

Cop28: l’inquinamento atmosferico non può più essere ignorato

Pubblicato alla vigilia della Conferenza delle Parti, secondo lo studio internazionale Air pollution deaths attributable to fossil fuels le risorse fossili sono responsabili di oltre 5 milioni di morti l’anno
Credit: EPA/HARISH TYAGI  

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30 novembre 2023 Aggiornato alle 18:00

L’impatto dell’uso delle risorse fossili sulla salute umana sembra essere più alto e negativo rispetto alle stime precedenti.

Un team internazionale di ricerca di alcuni Paesi occidentali (Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Spagna e Cipro) ha elaborato nuove statistiche grazie a un modello di analisi basato su i dati dello studio Global Burden of Disease 2019 e sulle rilevazioni delle particelle sottili attraverso i satelliti della Nasa. Inoltre è stato valutato il possibile beneficio derivante dall’implementazione delle fonti rinnovabili.

Secondo il nuovo studio scientifico Air pollution deaths attributable to fossil fuels: observational and modelling study, pubblicato sul British Medical Journal (Bmj), l’inquinamento atmosferico derivato da petrolio, carbone e gas, è responsabile ogni anno di circa 5,1 milioni di morti a livello planetario.

L’uso dei combustibili fossili nella produzione di energia, nello sviluppo industriale e nei trasporti ha contribuito per una quota pari al 61% degli 8,3 milioni di decessi causati globalmente dall’inquinamento atmosferico nelle sue varie forme nell’anno 2019.

Questo tipo di inquinamento ha avuto un impatto maggiore in Asia meridionale e orientale, specialmente in Cina, con 2,44 milioni di morti all’anno, e in India con 2,18 milioni di vittime.

La forte crescita industriale in corso nei Paesi in via di sviluppo, con l’impiego di numerose centrali a carbone, ha comportato un drastico peggioramento della qualità dell’aria.

Nei Paesi avanzati i morti invece sono circa 460.000 all’anno, con un miglioramento negli ultimi 2 decenni grazie a una serie di innovazioni tecnologiche e misure anti-inquinamento. La maggior parte dei decessi, circa il 52%, è legata a malattie come la cardiopatia ischemica, il diabete, l’ictus e la malattia polmonare ostruttiva cronica. Il restante è indefinito, ma è probabile che sia in parte collegato all’ipertensione e a disturbi neurodegenerativi come il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson.

A fronte di questi dati il team di ricerca internazionale ha commentato che “i risultati suggeriscono che l’eliminazione graduale e globale dei combustibili fossili avrà grandi benefici per la salute, molto più ampi di quanto indicato dalla maggior parte degli studi precedenti. Questi dati supportano l’aumento della quota di energia pulita e rinnovabile, sostenuto dalle Nazioni Unite attraverso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile per il 2030 e l’ambizione alla neutralità climatica per il 2050”.

Lo studio è stato pubblicato alla vigilia della conferenza sul clima Cop28, che si svolgerà fino al 12 a Dubai, con la speranza che i nuovi dati spingano a una svolta nei negoziati internazionali.

Secondo il team di ricerca in questi negoziati “i benefici per la salute dovrebbero essere in cima all’agenda. Una migliore qualità dell’aria ridurrebbe il peso di diverse malattie importanti, portando a vite più lunghe e più sane, a un minor numero di pazienti che necessitano di ricovero in ospedale e di altri trattamenti, e diminuendo il peso sui sistemi sanitari in tutto il mondo».

Un eventuale progresso verso il pieno ricorso alle fonti rinnovabili dipenderà molto dalle trattive fra le nazioni presenti, soprattutto fra le maggiori Potenze, considerati gli enormi ostacoli che frenano la transizione sostenibile.

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