Diritti

Sempre più giovani lavorano part-time, ma la politica divide maschi e femmine: il ritratto della Gen Z

Grazie alle attività estive e pomeridiane di studenti e under 30, il tasso di occupazione giovanile statunitense non è mai stato così alto in 14 anni. Intanto i ragazzi nati tra il 1997 e il 2012 hanno idee più conservatrici rispetto alle loro coetanee
Credit: Yan Krukau
Tempo di lettura 4 min lettura
9 febbraio 2024 Aggiornato alle 17:00

I tentativi di descrivere la Gen Z si basano prevalentemente su sondaggi e ricerche che rivelano come, rispetto alle generazioni precedenti, i nati tra il 1997 e il 2012 tendano a essere più desiderosi di stabilità economica e più politicamente in disaccordo in base al genere. Mentre il successo lavorativo e la voglia di divertimento sono indicati come i loro valori più importanti, gli under 30 sembrano essere iper-progressisti su alcuni temi e ampiamente conservatori su altri.

I primi risultati emergono dalla ricerca Age of Values 2023 condotta dalla società di consulenza Bcw su un campione di 36.000 persone in 30 Paesi tra Europa, America e Asia. Chi appartiene alla Generazione Z ha espresso un desiderio più forte rispetto alle Generazioni X e Y di ottenere il riconoscimento altrui per i propri risultati sul lavoro e fuori, indicando tra le priorità quella di vivere una vita appagante in cui soddisfare a pieno le proprie esigenze.

Che la Gen Z veda nell’avanzamento di carriera un modo per realizzare una vita soddisfacente è confermato da alcuni sondaggi che la mettono a confronto con i Millennial (ovvero coloro che appartengono alla precedente Generazione Y). Colpiti più duramente dalla disoccupazione, gli under 30 tendono a dare precedenza alla retribuzione e alla sicurezza sul lavoro rispetto all’equilibrio tra quest’ultimo e la vita privata, dicono i dati.

Non sembra essere quindi un caso che negli Usa la Generazione Z abbia raggiunto il picco dell’occupazione durante il periodo scolastico degli ultimi 14 anni. Un numero sempre maggiore di adolescenti della Gen Z che lavora part-time dopo la scuola e durante l’estate sta invertendo così la tendenza a rinunciare al lavoro come accadeva quando i Millennial erano adolescenti, rivela l’analisi del Washington Post.

Se entro il 2025 questa generazione costituirà il 27% della forza lavoro mondiale, negli Stati Uniti oggi lavorano 250.000 giovani in più rispetto a prima della pandemia. E questo nonostante alcuni studi abbiano dimostrato che lavorare durante le superiori può contribuire ad abbassare i voti e a diminuire la probabilità di diplomarsi, predisponendo gli adolescenti a una vita di guadagni inferiori e a peggiori opportunità di lavoro.

Mettere soldi da parte e poter provvedere in autonomia alle proprie spese sono d’altra parte le principali motivazioni che spingono la Generazione Z a impiegare il proprio tempo facendo più lavori, anche una volta finita la scuola dell’obbligo. Allo stesso tempo, mentre conquista la propria indipendenza economica, il 70% della Gen Z è coinvolto in una causa sociale o politica ed è disposto a sostenere ciò in cui crede attraverso il modo in cui spende e guadagna.

Mentre l’attivismo si diffonde attraverso movimenti globali, solo un quarto di coloro che appartengono a questa generazione ha affermato di essere d’accordo con l’agire del proprio Governo nazionale: in particolare, il 14% delle persone nell’Europa meridionale, il 15% nell’Europa settentrionale e il 17% nei Paesi anglofoni, dice la ricerca di Bcw.

La fiducia nella partecipazione politica, però, langue. In Europa, il 46% degli intervistati all’ultimo sondaggio sui giovani ha detto di aver votato alle elezioni locali, nazionali ed europee, ma meno della metà ritiene che votare sia efficace (41%). Le percentuali scendono tra coloro che considerano utile prendere parte a proteste o a manifestazioni su strada (33%) e tra chi confida nelle petizioni (30%), anche se il 42% di loro ne ha creata una o le ha firmate almeno una volta.

La maggior parte degli under 30, insomma, non si sente politicamente rappresentata e fa fatica a trovare il proprio spazio per esserlo, ma sui temi della politica è il divario intragenerazionale a essere più rilevante, sostiene Alice Evans, visiting fellow alla Stanford University e una delle principali ricercatrici su questo argomento.

Secondo i suoi studi, nei Paesi di tutti i continenti, negli ultimi 6 anni si è aperto un ampio divario ideologico che vede contrapposte giovani donne liberali e giovani uomini conservatori. In particolare, le donne occidentali che sposano una visione progressista del mondo sono il 30% in più rispetto ai loro coetanei maschi. In Asia e in Africa, dove le divisioni sono ancora più marcate, la distanza aumenta ancora tra le under 30 e coloro che appartengono alle generazioni precedenti.

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