Economia

Ue, prodotti contraffatti: persi 16 miliardi di euro

I settori colpiti tra il 2018 e il 2021: abbigliamento (12 miliardi), cosmetici (3 miliardi), giocattoli (1 miliardo). Le aziende sono state costrette a licenziare quasi 200.000 lavoratori
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22 gennaio 2024 Aggiornato alle 08:00

A primo impatto, sembrano perfetti, uguali agli originali. Confezioni un po’ strane e loghi non perfettamente centrati, certo, ma tutto sommato che problema c’è a comprare qualcosa che somiglia a un prodotto di marca pur costando un terzo del suo prezzo?

È sicuramente ciò che fluttua nei pensieri di chi ogni anno sceglie volontariamente, e in alcuni casi senza saperlo, di acquistare prodotti contraffatti a basso prezzo, completamente privi di tutte le garanzie e certificazioni internazionali a tutela della salute, erodendo il mercato di chi quei prodotti li inventa, li costruisce e li mette in vendita onestamente, pagandoci le tasse.

I settori più colpiti dal mercato sommerso sono anche quelli cui i cittadini danno più risalto in tempi di regali, ossia abbigliamento, calzature, cosmetici e giocattoli. Prodotti di immensa popolarità che costituiscono una parte fondamentale della cultura imprenditoriale di un Paese, ma che allo stesso tempo rappresentano una importante risorsa da proteggere.

Stando allo studio recentemente pubblicato dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (Edipo), l’impatto economico che la contraffazione causa alle attività produttive si concentra principalmente sul mercato del lavoro. Stando ai dati di relativi al 2018-2021, le perdite più grandi sono state registrate nei settori dell’abbigliamento (12 miliardi di euro), dei cosmetici (3 miliardi) e dei giocattoli (1 miliardo),

Un danno economico che ha costretto le aziende produttrici di tutta Europa a operare tagli drastici pur di rimanere competitive, lasciando a casa quasi 200.000 lavoratori.

A soffrirne di più, secondo il report, sono proprio i Paesi europei, che basano sulle esportazioni di questi prodotti quote rilevanti del proprio prodotto interno lordo. In cima alla classifica troviamo l’Italia, famosa in tutto il mondo grazie alla genialità di numerosi stilisti e artigiani, il cui dominio incontrastato nel mondo della moda subisce però una perdita di 12 miliardi di euro proprio per via del commercio clandestino di capi d’abbigliamento contraffatti, pari a quasi 20.000 posti di lavoro persi ogni anno che salgono a circa 160.000 a livello europeo.

Veri e propri falsi d’autore, realizzati ad arte con materie prime di scarsissimo valore, metodi di produzione illegali, sfruttamento e completa violazione di tutti i requisiti in materia di sicurezza, salute e tutela dell’ambiente. Come per esempio il noto marchio CE, richiesto per i prodotti realizzati ovunque nel mondo e commercializzati all’interno dell’Unione europea, su cui però sorvolano i produttori, e di conseguenza gli acquirenti, di giocattoli, che con una perdita dell’8,7% in tutta Europa si piazza in testa ai settori più colpiti dalle contraffazioni, raggiungendo picchi a doppia cifra a Malta (16,2%), Croazia (14,2%) e Cipro (14,1%). E così come l’Italia soffre per la vendita di cappotti e scarpe fake, la Germania accusa più di tutti il contraccolpo in questo settore, con ben 334 milioni di giocattoli falsi venduti e una perdita complessiva di quasi 40.000 posti di lavoro.

C’è poi il settore in cui si rileva un rischio maggiore di impatto sulla salute, dato che i suoi prodotti entrano direttamente a contatto con la nostra pelle: la cosmetica. Ammontano a ben 800 milioni di euro le mancate vendite annuali dell’industria francese, con notevoli ripercussioni sul mondo del lavoro. Per sopperire alle perdite, infatti, le aziende in Francia operano drastiche riduzioni del proprio organico, pari a oltre 14.000 posti di lavoro. Danni a doppia cifra anche fra le vendite di cosmetici a Cipro (10,7%) e Irlanda (10,2%), fino a occupare una perdita complessiva del 5% in tutta Europa.

La correlazione tra la riduzione di potenziali posti di lavoro e l’incremento del commercio illegale fa emergere tutti i «costi reali» che secondo il Direttore esecutivo dell’Euipo, João Negrão, si ripercuotono sui «consumatori, per le aziende produttrici e per le nostre economie», proprio perché pur di limitare i danni, i prezzi dei prodotti originali subiscono graduali rialzi a danno dei consumatori più attenti, che quindi paradossalmente risultano molto più attratti dalla merce contraffatta e a buon mercato.

Non a caso, lo studio sulla percezione della proprietà intellettuale condotto da Euipo nel giugno scorso ha rilevato che secondo un terzo dei cittadini europei risulta accettabile l’acquisto di prodotti falsi quando il loro prezzo è sensibilmente inferiore a quello degli originali, con un picco di consensi fra i consumatori più giovani (50%).

Indirizzare il portafogli verso l’acquisto di merce falsa può certamente far credere alle persone di non aver fatto una cattiva scelta, ma anzi di aver risparmiato ottenendo alla metà del prezzo un prodotto che nessuno potrà visibilmente giudicare falso. Inconsapevole però, oltre dei possibili rischi alla salute a cui va incontro, di stare anche alimentando l’enorme macchina dell’illegalità in tanti altri suoi aspetti.

In base ai dati contenuti in una relazione congiunta Euipo-Europol, l’agenzia europea finalizzata alla lotta alla criminalità organizzata nel territorio degli Stati membri, i reati contro la proprietà intellettuale presentano numerosi collegamenti con altri reati gravi. Sintomo dunque di una accentuata policriminalità, ossia un reticolato molto più esteso di crimini legati al commercio di beni contraffatti, come per esempio il traffico di stupefacenti o organizzazioni di stampo terroristico che sfruttano la difficile tracciabilità della merce falsa per finanziare le proprie attività e nasconderle meglio. Senza dimenticare poi che la produzione di beni contraffatti spesso avviene in condizioni di lavoro illegali e pericolose, che possono coinvolgere lavoro minorile e sfruttamento di persone in situazione di marginalità sociale.

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