Diritti

Quali sono i requisiti necessari per aprire un centro antiviolenza?

Al di là delle questioni burocratiche, la struttura deve garantire una linea telefonica attiva 24 ore su 24 e un personale completamente al femminile. Intanto, è partito il cantiere per la realizzazione di Cascina Ri-Nascita (Milano), che accoglierà le donne vittime di abusi
Gli spazi per la realizzazione di Cascina Ri-nascita   
Gli spazi per la realizzazione di Cascina Ri-nascita   
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8 gennaio 2024 Aggiornato alle 14:00

Il cantiere per la ristrutturazione degli spazi di Cascina Carpana (inaugurato di recente, con il taglio del nastro rosso, da Ornella Vanoni), nel quartiere Porto di Mare, nella zona sud-est di Milano, è un progetto di riqualificazione per la realizzazione di un centro antiviolenza, Cascina Ri-Nascita, tra oltre 2.600 metri quadri edificati e 30.000 metri quadri di verde. La struttura vuole essere un luogo sicuro per le donne vittime di violenza, dove possono rifugiarsi con i loro figli per ritrovare un percorso di vita consapevole e libero da abusi.

L’assegnazione della concessione ottenuta è valida per un periodo di 90 anni. A richiederla sono stati 2 importanti centri antiviolenza, SVS DAD e CADMI, impegnati da oltre 30 anni nella lotta contro la violenza maschile nei confronti delle donne e che collaborano per questa iniziativa. A questa partnership si affianca l’associazione sportiva Campacavallo, specializzata in “circo morbido ed equitazione affettuosa” con una marcata attenzione agli aspetti sociali.

Come si legge online, al momento sono stati raccolti 2,1 milioni di euro e ne mancano 1,2 per la prima fase del progetto. Gli alloggi per le vittime di violenza, comprese bambine, bambini, ragazze e ragazzi adolescenti, sono costituiti da appartamenti indipendenti all’interno della cascina, con l’opportunità di godere di un ambiente tranquillo e stimolante.

Si prevede, infatti, di supportare le persone con i mezzi necessari al rientro nella società a tutti gli effetti e agevolare la loro partecipazione a attività e laboratori insieme ai giovani residenti del quartiere; inoltre, ci sarà la possibilità di partecipare a corsi di formazione e tirocini professionalizzanti, contribuendo attivamente alle attività produttive della Cascina.

Uno degli obiettivi principali del percorso sarà consolidare la loro situazione economica, preparandoli per un futuro di completa autonomia, attraverso l’acquisizione di competenze volte a favorire l’entrata nel mercato del lavoro.

La regolamentazione dei centri antiviolenza

I centri antiviolenza sono una forma di protezione essenziale per le donne che si trovano in una condizione di pericolo e abuso. Queste strutture nascono proprio per sostenere la vittima in un percorso completo e sono normati a livello legislativo.

Come riportato dall’Ente Nazionale Attività Culturali (Enac), hanno una disciplina normativa dal 2014 grazie alla Legge 27.06.2013 n.77 di ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, siglata a Istanbul l’11 maggio 2011, secondo cui gli abusi di genere sono “una violazione dei diritti umani, […] una forma di discriminazione contro le donne e comprende tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che privata”, spiega la Convenzione di Istanbul (art. 3, lettera a).

L’articolo 7 della Convenzione richiede una risposta globale alla violenza contro le donne, ovvero invita gli Stati aderenti a adottare “misure legislative e di altro tipo necessarie per predisporre e attuare politiche nazionali efficaci, globali e coordinate, comprendenti tutte le misure adeguate destinate a prevenire e combattere ogni forma di violenza” (Convenzione di Istanbul, art. 5, comma 2).

Il Piano Strategico Nazionale sulla Violenza Maschile contro le Donne 2017-2020 ha ulteriormente confermato l’importanza delle strutture sul territorio (centri antiviolenza e case rifugio): si evidenzia, quindi, la necessità di una mappatura dei centri e l’omogeneità delle metodologie da attuare.

Altro documento importante è il DPCM 24.11.2017, sulle Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza. Questo decreto prevede un collegamento diretto tra il pronto soccorso dell’ospedale e i centri antiviolenza e le case rifugio presenti sul territorio; il personale è tenuto a informare la vittima di violenza (eventualmente agevolando il contatto) della possibilità di rivolgersi a queste strutture.

Requisiti minimi e personale diversificato per un’assistenza completa

La struttura destinata a essere sede operativa del centro antiviolenza deve rispettare alcuni requisiti, ovvero:

- essere a norma per questioni di abitabilità;

- disporre di locali idonei a garantire lo svolgimento delle attività nel rispetto della privacy;

- garantire un’apertura di almeno 5 giorni a settimana e un numero di telefono attivo 24 ore su 24;

- iscriversi negli appositi registri;

- adottare una carta dei servizi offerti;

- vietare l’ingresso nel centro degli autori dei maltrattamenti.

Inoltre, secondo la normativa nazionale, all’interno dei centri antiviolenza dovrebbe esserci soltanto personale femminile e formato sul tema della violenza domestica e di genere.

Tra le figure professionali coinvolte, oltre a chi svolge funzioni di coordinamento, devono esserci assistenti sociali, psicologi e/o psicoterapeuti, criminologi, educatrici professionali o pedagogisti clinici, avvocati civilisti e penalisti, medici legali o medici specializzati in ginecologia. La compresenza di più professionisti permette così un’assistenza completa a seconda dei casi e non limitata alla sola denuncia e all’alloggio della vittima; si consente così un percorso di reinserimento sociale e lavorativo a tutti gli effetti.

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