Ambiente

I disastri climatici colpiscono più chi non può permettersi la ricostruzione

Il report dell’organizzazione Christian Aid ha analizzato il costo degli eventi meteorologici estremi del 2022: Hawaii (circa 4.000 dollari pro capite), Guam (1.400) e Vanuatu (circa 900) i luoghi più colpiti
L'uragano Dora alle Hawaii
L'uragano Dora alle Hawaii Credit: NOAA/NASA/ZUMA Press Wire
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29 dicembre 2023 Aggiornato alle 09:00

L’organizzazione benefica Christian Aid ha esaminato i 20 disastri più gravi del 2022 legati al cambiamento climatico scoprendo che la maggior parte dei luoghi colpiti è economicamente vulnerabile o ha contribuito meno al surriscaldamento globale.

Nel suo ultimo report Counting the Cost 2022: A year of Climate breakdown, l’organizzazione ha scoperto che incendi e inondazioni hanno colpito maggiormente coloro che meno possono permettersi di sostenere i costi della crisi climatica, che in alcuni casi ammontano a più di 4.000 dollari a persona.

I primi 10 disastri più economicamente costosi da risarcire hanno avuto un impatto medio pari o superiore ai 3 miliardi di dollari. Queste stime si basano quasi del tutto sulle perdite assicurate, ciò significa che i costi reali sono probabilmente ancora più elevati, mentre i costi umani spesso non sono conteggiati.

Gli effetti dell’uragano Ian che ha colpito lo Stato americano delle Hawaii e Cuba a settembre sono stati i più dispendiosi: i costi delle riparazioni ammontano a 100 miliardi di dollari, 4.161 dollari pro capite, e hanno provocato lo sfollamento di 40.000 persone. Seguono i danni dovuti alla disastrosa tempesta che ha colpito l’isola di Guam nell’Oceano Pacifico (1.455 dollari pro capite) e quelli causati dai cicloni nelle isole Vanuatu, a quasi 2.000 chilometri dall’Australia, (947 dollari pro capite).

Come riporta l’organizzazione, questi ultimi sono tra i territori colpiti che devono affrontare costi maggiori a fronte di infrastrutture e case più fragili che vengono distrutte più facilmente. In queste aree, il mezzo di sussistenza principale per molte persone è l’agricoltura, ma le condizioni meteorologiche estreme la rendono più esposta a rischi di devastazione. Inoltre è meno probabile che i Governi di questi Paesi investano nella prevenzione o nella ricostruzione.

Tra loro c’è il Pakistan, uno degli Stati meno inquinanti al mondo, ma le cui inondazioni hanno ucciso più di 1.700 persone, provocato lo sfollamento di altri 7 milioni di civili e, secondo le stime della Banca Mondiale, causato danni economici per 30 miliardi di dollari.

Gli eventi meteorologici estremi dovuti al riscaldamento globale hanno colpito anche i maggiori produttori di anidride carbonica al mondo. Come la Cina, che ha subito una grave inondazione costata 23 dollari a persona, e gli Stati Uniti, dove (senza contare il disastro climatico delle Hawaii) il costo delle tempeste nel 2022 è stato pari a 41 dollari pro capite in totale.

L’Unione europea, colpita dalla cosiddetta tempesta Eunice e dalla siccità estiva, è responsabile di circa il 18% dei gas serra causati dall’essere umano. Pur essendosi impegnata a raggiungere lo zero netto delle emissioni entro il 2050, secondo il Climate Action Tracker i programmi per ottenere questo risultato sono oggi “insufficienti”.

L’ondata di caldo anomala dello scorso anno è costata all’Europa 20 miliardi di dollari. In particolare, nella classifica dei 20 disastri climatici per costo pro capite esaminati, al 6° posto Christian Aid ha registrato le alluvioni avvenute in Italia, i cui danni ammontano a 164 dollari a persona, e la siccità in Spagna, costata 50 dollari a persona.

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