Ambiente

La burocrazia italiana sta rallentando la svolta verso l’economia circolare

Durante l’Ecoforum di Legambiente Lombardia sono stati presentati dati poco gratificanti: solo il 38% delle aziende sposa la circular economy; i progetti del Pnrr sono in ritardo e la situazione geopolitica non aiuta
Credit: Lara Jameson 
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15 dicembre 2023 Aggiornato alle 07:00

Che l’economia circolare sia fondamentale per un mondo più sostenibile è ormai cosa nota. Che il Pnrr sia una grande occasione per potenziarla, anche. Ma qual è la situazione italiana su questo tema? Non certo la migliore. Almeno secondo i dati presentati durante il talk Il Pnrr per l’Economia circolare in Lombardia. Riciclare meglio e di più organizzato da Legambiente Lombardia all’interno del suo Ecoforum.

Nella sua introduzione Laura Marcati, senior business analyst dell’Osservatorio Energy & Strategy del Politecnico di Milano, ha rivelato come a oggi solo il 38% delle aziende italiane dichiari di implementare sistemi di economia circolare a fronte di un 24% che non lo fa, ma vorrebbe, e di un 38% che invece non solo non lo attua, ma non è neanche interessato a farlo in futuro.

La situazione non cambia molto in Lombardia, regione locomotiva dell’economia italiana e per questo da guardare sempre con attenzione: qui il 40% pratica l’economia circolare, mentre il 34% non lo fa e non è interessato e il restante 26% non la attua, ma vorrebbe.

I dati presentati da Marcati mostrano una variazione annuale negativa: rispetto al 2022, il 2023 ha visto un calo generalizzato del numero di aziende che praticano l’economia circolare. Un dato, secondo Marcati, dovuto soprattutto all’instabilità geopolitica che ha portato le aziende a ridurre gli investimenti in questo settore.

Inoltre a pesare sulle scelte delle imprese sono la cultura aziendale e, soprattutto, la politica. L’incoerenza e le incertezze delle diverse istituzioni politiche è infatti considerata la prima barriera per gli investimenti nell’economia circolare. Viceversa un impegno legislativo in suo favore è il primo incentivo per aumentare l’attività in quest’ambito.

La politica ha quindi una grande responsabilità su questo tema. Una responsabilità ancora più ampia visto che il Pnrr ha destinato 2,1 miliardi di euro proprio all’economia circolare. Gli obiettivi sono ambiziosi e prevedono, tra gli altri, un tetto massimo del 10% per i rifiuti destinati alle discariche. Le lentezze e difficoltà burocratiche stanno però frenando i progressi: a oggi solo il 36% degli investimenti previsti è stato completato. La situazione delle riforme è migliore (80%), ma anche qui si registrano ritardi.

Dei limiti del Pnrr ha parlato Alessandro Ghioni, responsabile Economia Circolare di Legambiente Lombardia, che ha denunciato la mancanza di informazioni sia per i territori, che spesso non sono a conoscenza delle opportunità offerte dal piano, che per chi, cittadini o istituzioni, vorrebbe informarsi su questi temi.

Rispondendo a una domanda de La Svolta, Ghioni ha puntato il dito contro il Ministero dell’Ambiente che, «a fronte di una mole enorme di dati, ha deciso di ridurre all’osso le informazioni sull’uso del Pnrr nell’economia circolare, rendendo così impossibile capire effettivamente cosa non sta funzionando o potrebbe andare meglio». Ghioni ha detto che «Legambiente si impegnerà anche a livello nazionale per diradare questa nebbia che danneggia tutti».

Tra i Comuni che sono riusciti a ottenere i fondi Pnrr sull’economia circolare ci sono Bergamo, che primeggia, e quelli di Silea Spa, operatore pubblico che raccoglie 87 Comuni dalla provincia di Lecco, Bergamo e Como.

Stefano Zenoni, assessore ad Ambiente e mobilità di Bergamo, ha detto: «Il successo della mia città si deve soprattutto alla nostra attenzione all’economia circolare e ai bandi europei. Un interesse che esisteva già prima. Tanto che quasi tutti i progetti finanziati dal Pnrr erano già stati realizzati ex ante per altre fonti di investimento».

Dalla sala arrivano gli sfoghi di diversi amministratori locali di comuni piccoli. «Ma come si fa in un comune di 8.000 abitanti a impegnare l’ufficio tecnico su procedure così complicate e lunghe come quelle del Pnrr?». Sul palco appaiono sorrisi amari e comprensivi. Anche la transizione ecologica si sta scontrando con i problemi della burocrazia italiana.

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