Economia

L’Italia perde il primato nell’economia circolare

Il quarto report Circonomia attesta il sorpasso della Penisola da parte dell’Olanda per transizione ecologica e riutilizzo materiali. Rimangono alte la capacità di riciclo e lo smaltimento dei rifiuti
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20 settembre 2023 Aggiornato alle 09:00

Giunto alla sua ottava edizione, il Festival internazionale dell’economia circolare e della transizione ecologica - promosso in collaborazione con Legambiente, Kyoto Club, Fondazione Symbola - ritorna ad animare il dibattito pubblico italiano.

Circonomia non è solo una fitta serie di eventi e incontri articolati in più sessioni tra primavera e autunno, ma è anche l’occasione per misurare il livello di consapevolezza fra i cittadini riguardo la transizione energetica e la lotta alla crisi climatica.

A fare il punto sullo stato di salute dell’economia circolare in Italia - cioè nella capacità di sfruttare nei processi materiali riciclati e prodotti già esistenti nel modo più efficiente e duraturo - c’è infatti il quarto rapporto Circonomia presentato a Roma pochi giorni fa alla presenza dell’attuale ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin. Nonostante fino all’anno scorso vantasse il massimo dei voti in economia circolare, nel report 2023 l’Italia perde il primato della classifica europea, sorpassata dall’Olanda.

«Ma più del “sorpasso” olandese, a colpire è il brusco rallentamento del cammino “green” italiano negli ultimi anni», commenta il direttore scientifico del Festival Roberto Della Seta, secondo cui «dal 2018 in poi corriamo di meno della media dei Paesi Ue» su gran parte dei 17 indicatori utilizzati per misurare l’impatto ambientale diretto delle attività economiche e civili sul clima, l’efficienza d’uso delle risorse e infine la capacità di risposta ai problemi ambientali.

Il peggioramento delle performance italiane si nota dai dati raccolti, da cui si evince una produzione più elevata di rifiuti per abitante, ma anche di emissioni clima-alteranti pro capite.

Al contrario, il dato medio europeo segna un -7%, e una crescita delle energie rinnovabili del 7% (anche se rispetto all’edizione 2022 si è ridotto anche il ranking di Francia, Belgio e Ungheria).

Pur essendo dati sconfortanti, non vanno letti con eccessiva drammaticità, in quanto «l’Italia rimane tra i Paesi europei più avanti nel passaggio a un’economia circolare».

Nonostante interi territori versino ancora in uno stato di profonda inefficienza, il Belpaese risulta ancora primo in classifica per il tasso di riciclo sul totale dei rifiuti prodotti, «con prestazioni brillanti in tutti gli altri principali indicatori di “circolarità” dal consumo di materia per unità di Pil al tasso di utilizzo di materie prime provenienti da riciclo».

L’industria del riciclo è infatti ricca di eccellenze che contribuiscono a rendere l’Italia leader europea con il 72% di rifiuti riciclati e una relativa filiera in costante espansione.

Tra le oltre 4.800 imprese, capaci di generare fino a 10,5 miliardi di valore aggiunto, spicca Conou - il Consorzio nazionale degli oli minerali usati - che raccoglie pressoché la totalità dell’olio usato e ne rigenera il 98% in nuove basi lubrificanti, mentre in Europa il tasso medio di rigenerazione è inferiore ai due terzi.

Nonostante i benefici economici e ambientali prodotti dai tanti fiori all’occhiello del nostro Paese, il percorso italiano verso il green si presenta ancora frastagliato.

Gli ostacoli principali si notano soprattutto in tema di transizione energetica e distacco dalle fonti fossili più inquinanti come petrolio e carbone.

Secondo il rapporto infatti l’Italia “è uno degli epicentri della crisi climatica globale, con una temperatura media cresciuta di quasi 3 °C rispetto al periodo pre-industriale” e quasi il triplo rispetto alla media globale, un aumento che vede nell’uomo la sua fonte più rilevante.

A fronte di ciò si evidenzia anche un arretramento in campo di nuove energie rinnovabili, considerate come il “cuore della risposta alla crisi climatica”. Nel 2022, la produzione italiana da eolico si è ridotta di circa l’1% rispetto all’anno prima, contro una crescita del 9% riscontrabile nella media europea.

Rallentamenti anche nel fotovoltaico, visto che la produzione di energia in Italia è cresciuta solo del 10% a fronte di un incremento del 26% nella media Europea, dove l’Olanda fa parte del leone con il 54% di energia prodotta sfruttando la luce del sole.

A pesare sul rallentamento italiano sulla strada della transizione energetica spicca soprattutto la “scarsa capacità di innovazione tecnologica del nostro Paese”, in quanto stando a dati del 2021 - il dato più aggiornato disponibile - l’Italia ha speso in ricerca e sviluppo l’1,48% del prodotto interno lordo contro il 2,26% della media Ue.

Rimane dunque da sperare che il torpore che ostacola l’attuale politica di transizione energetica italiana lasci il posto a nuovi investimenti e maggiore capacità nel settore dell’economia circolare, in modo tale da recuperare i fasti delle passate edizioni nel ranking europeo.

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