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Economia circolare: a che punto siamo?

I dati del quarto Rapporto sull’economia circolare in Italia, pubblicato dal Circular Economy Network, mostrano buoni risultati per il nostro Paese. Ma solo se comparati con i bassi livelli raggiunti dagli altri Stati europei
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11 aprile 2022 Aggiornato alle 19:00

Il Circular Economy Network (la rete italiana per la transizione verso un’economia circolare) ha pubblicato in collaborazione con l’Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) il quarto Rapporto sull’economia circolare in Italia. «La sfida - si legge nel documento - è disaccoppiare crescita e consumo di risorse»: ma a che punto siamo?

Attualmente, a livello globale, dopo due anni di pandemia e con una guerra in corso, siamo davanti a un rialzo dei prezzi di alcune materie prime. Secondo i dati del report, tra il 2018 e il 2020 il tasso di circolarità è sceso dal 9,1% all’8,6%: «Questo andamento negativo dipende dall’aumento dei consumi che, negli ultimi 5 anni, sono cresciuti di oltre l’8%, a fronte di un incremento del riutilizzo di appena il 3%». A cercare di invertire la rotta, Italia e Francia che si posizionano entrambe al primo posto nella top 5 delle principali economie circolari europee (seguite da Spagna, Polonia e Germania).

Nonostante la classifica, negli ultimi cinque anni l’Italia non ha registrato quel disaccoppiamento tra PIL e consumo di materiali di cui parlavamo prima, indice di una buona performance di circolarità economica. I dati italiani, quindi, risultano buoni solo se comparati con le tendenze complessive: «in un contesto generale negativo - riporta l’analisi - l’Italia è riuscita a contenere i danni e a migliorare alcuni indicatori di circolarità meglio di altri Paesi».

Nel 2020, in nessuno dei cinque Stati considerati è stato registrato un incremento della produttività delle risorse ma, mentre in Europa per ogni kg di risorse consumate sono stati generati 2,1 euro di PIL, l’Italia ne ha registrati 3,5 (quindi il 60% in più rispetto alla media europea).

«Questo andamento viene confermato anche dal tasso di utilizzo circolare di materia» spiega il Circular Economy Network. La media europea raggiunta nel 2020 è stata del 12,8% mentre in Italia del 21,6%, valore secondo solamente a quello della Francia (22,2%) precisa il report, ma comunque superiore di quasi ben 10 punti rispetto a quello della Germania (13,4%, terza classificata). Questo dato è il risultato di un trend in crescita in Italia da anni, che è partito dall’11,6% nel 2011 per arrivare al 21,6% nel 2020.

Anche riguardo al consumo di energia rinnovabile, l’Italia si colloca in seconda posizione con il 18,2%, preceduto solo dal 18,4% della Spagna. Comunque un buon risultato se consideriamo il dato europeo, 19,7% (raggiunto grazie a un trend crescente del 5% circa tra il 2010 e il 2019).

Focalizzando l’attenzione sui rifiuti, nel 2018 il nostro Paese ne ha prodotti 173 milioni di tonnellate, raggiungendo quasi il risultato migliore tra i cinque Stati (406 per la Germania, 343 per la Francia, 175 per la Polonia e 138 per la Spagna). Parallelamente, la percentuale del riciclo ha raggiunto quasi il 68%, contro la media europea del 35%.

Passando ai fattori negativi, possiamo menzionare il consumo di suolo, l’ecoinnovazione e la riparazione dei beni. Riguardo al primo punto, e considerando che nel 2018 in Europa il 4,2% del territorio risultava coperto da superficie artificiale, l’Italia invece raggiungeva il 7,1%. Anche sul fronte ecoinnovazione i risultati non sono buoni, essendosi classificata «dal punto di vista degli investimenti al tredicesimo posto nell’Ue». Infine la riparazione dei beni, dove nel 2019 si contavano oltre 23.000 aziende (per la riparazione di beni sia elettronici che personali), un settore nel quale abbiamo perso circa il 20% delle aziende rispetto al 2010.

«L’Italia, dunque, occupa una buona posizione in Europa sul fronte dell’economia circolare - si legge nelle conclusioni del report - ma le sue performance non le consentono al momento di raggiungere gli obiettivi che il quadro economico attuale richiede». Come agire quindi?

La soluzione potrebbe trovarsi nel Piano di azione per l’economia circolare (approvato dal Parlamento europeo nel 2021), che pone particolare attenzione alla progettazione ecocompatibile dei prodotti e alla circolarità dei processi produttivi. Il Piano punta ad arrivare entro il 2030 a un tasso di utilizzo circolare dei materiali di almeno il 30% e a ridurre del 50% la produzione di rifiuti entro il 2040.

«La conversione verso modelli di produzione e di consumo circolari è sempre più una necessità, non solo per garantire la sostenibilità dal punto di vista ecologico, ma per la solidità della ripresa economica, la stabilità dello sviluppo e la competitività delle imprese», spiega il rapporto. In Italia, in Europa e nel mondo.

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