Economia

Nel “nuovo” Pnrr ci sono meno piccoli progetti

Dopo l’ok della Commissione Ue, sono stati tagliati i finanziamenti agli enti locali per la rigenerazione urbana e il contrasto al dissesto idrogeologico: interventi che rischiavano di ritardare la tabella di marcia
Credit: Hildenbrand/dpa
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29 novembre 2023 Aggiornato alle 13:00

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), approvato dall’Italia nel 2021 per rilanciare l’economia dopo la pandemia attraverso i fondi europei del Next Generation Eu (Ngeu), è stato ritoccato dal Governo Meloni in collaborazione con la Commissione europea. La proposta di revisione era stata già approvata il 27 luglio 2023, poi confermata dal Parlamento qualche giorno dopo e finita sulla scrivania della Commissione lo scorso agosto per l’inizio dell’iter istruttorio.

La chiave di tutto il processo di modifica sta nelle “circostanze oggettive” che secondo l’articolo 21 del regolamento Ue 2021/241 (che istituisce il Pnrr) permetterebbero agli Stati membri di apportare modifiche al rispettivo piano nazionale, mettendo mano su quei progetti per cui risulta impossibile realizzare gli obiettivi originari. La Commissione europea ha valutato positivamente l’esistenza di queste giustificazioni, legate principalmente all’arrivo di eventi totalmente imprevedibili come la guerra in Ucraina, da cui si è generato un forte innalzamento dei prezzi del gas, della benzina e dunque dell’inflazione.

Motivo per cui nel nuovo piano si è deciso di escludere 20 progetti che, tuttavia, dovrebbero rientrare fra i finanziamenti di altri fondi. Complessivamente, circa 250.000 interventi singoli sono stati depennati dall’esecutivo: si tratta per lo più di piccoli progetti di rigenerazione urbana e di lotta al dissesto idrogeologico che, per via di lungaggini burocratiche e amministrative, avrebbero corso il rischio di non essere pronti per il 2026, anno in cui la maggior parte degli investimenti previsti dal piano dovrebbe essere completata.

Infatti, gli 1,2 miliardi inizialmente destinati alla gestione del rischio alluvione verranno redistribuiti ai territori colpiti dagli eventi alluvionali del 2023 (Emilia-Romagna, Toscana e Marche) per il ripristino della viabilità delle infrastrutture stradali, del patrimonio edilizio e delle scuole.

Fra le questioni meno facili da digerire pesano le modifiche al ribasso per nuovi posti in asili nido e scuole dell’infanzia da garantire entro il 2026, che scendono da 264.480 a 150.480. Così come la riduzione da 2.100 a 850 del numero di giovani ricercatori supportati da finanziamenti pubblici per evitare la fuga di cervelli, e ancora di più il taglio per la costruzione di nuove strutture di sanità territoriale (come case e ospedali di comunità) che scendono di quasi 400 unità.

La rimodulazione per mano del Governo ha interessato anche i progetti che, pur essendo già avviati, avrebbero subito stop e blocchi per il mancato rispetto dei criteri ambientali stabiliti. Così come sono stati scartati tutti quegli interventi che (con forte probabilità) non avrebbero soddisfatto i requisiti di ammissibilità e rendicontabilità, come nel caso di progetti sulla viabilità che ammontano a circa 1 miliardo di euro. Fra questi, infatti, non rientrano più i progetti di costruzione di tratte ferroviarie come la Roma-Pescara (del valore di 620,17 milioni), così come 2 lotti dell’autostrada Palermo-Catania e alcuni tratti della Napoli-Bari.

Tutte misure in cui già nella Relazione sullo stato di attuazione del Pnrr trasmessa al Parlamento il 7 giugno scorso, il Governo rinveniva profili di criticità collegate a difficoltà normative, di bassa partecipazione delle imprese alle gare d’appalto e soprattutto alla rendicontazione e ai criteri di verifica delle misure.

Sono dunque Comuni, enti locali e sindaci a uscire sconfitti dopo la rasoiata di Palazzo Chigi, che decide di riallocare quei miliardi risparmiati verso le imprese (con 12,4 miliardi per industria e Pmi), ma anche circa 3 miliardi in più per i fondi dell’Agricoltura, a cui vanno aggiunti «i fondi del Piano nazionale complementare, pari a 1,2 miliardi, per un totale di circa 8 miliardi di euro» commenta il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida. Ma non è l’unico membro dell’esecutivo a festeggiare, dato che il ministero guidato da Matteo Salvini ha ricevuto 1 miliardo per la rete idrica, oltre ad altrettante risorse per il trasporto regionale e per il potenziamento di alcune linee ferroviarie al Nord.

Il nuovo Pnrr, con risorse complessive pari a 194,3 miliardi destinate agli investimenti guarda con forte interesse anche le grandi infrastrutture energetiche. Non a caso fra le 145 nuove misure rimaneggiate, è stato introdotto un nuovo pacchetto di interventi interamente dedicato all’efficientamento e alla riduzione dei consumi energetici del valore di 11,1 miliardi di euro, il quale si unisce ufficialmente all’elenco di missioni fondamentali a cui è indirizzato il piano (digitalizzazione, transizione ecologica, infrastrutture, istruzione, inclusione e salute).

“L’obiettivo - avvisa il Governo - è ridurre i costi di connessione alla rete del gas per gli impianti di produzione di biometano derivante da rifiuti organici urbani o scarti agricoli” in modo da stimolare l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. Alla transizione verde infatti viene assegnato il 39,5% dei fondi a sostegno degli obiettivi climatici, il 2% in più rispetto al piano originario, mentre il contributo alla digitalizzazione passa dal 25,1% al 25,6%.

Già lo scorso Marzo, la Riforma della Giustizia portata avanti dalla ex ministra Cartabia aveva introdotto molte novità legate al medesimo traguardo di una maggiore efficienza della giustizia e una riduzione complessiva dei tempi del processo (che si attestano su una media superiore a quella europea), oltre a conseguire l’obiettivo di riduzione del 25% dei tempi del processo penale legato all’attuazione del Pnrr.

Nel nuovo piano si prevedono nuove riforme tese all’accelerazione dei tempi della giustizia civile e penale, oltre una maggiore semplificazione degli appalti (già prevista dal nuovo codice degli appalti) e una maggiore velocità nei pagamenti della Pubblica amministrazione, nel tentativo di far rispettare l’obiettivo europeo di pagare i fornitori entro 30 giorni, che per le autorità sanitarie regionali si estende a 60 giorni. Ma sono previsti rafforzamenti delle riforme già previste nel piano con nuovi impegni sul fronte della concorrenza e sul lato finanza attraverso “semplificazioni per le vendite promozionali e il riordino della normativa su start-up, Pmi innovative e venture capital”.

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