Ambiente

Di questo passo andiamo dritti verso i +3 °C

Arriva l’ennesimo avvertimento dell’Onu: le politiche climatiche dei Paesi non sono sufficienti per ridurre il surriscaldamento. Il problema è che nessuno vuole davvero abbandonare le fonti fossili
Credit: Richard Ellis/ZUMA Press Wire 

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21 novembre 2023 Aggiornato alle 14:00

Nemmeno un futuro infernale ci spaventa a tal punto da cambiare l’attuale modello socio economico del mondo.

Perché mentre l’Onu ci avverte che da qui a fine secolo con ogni probabilità arriveremo a +3 °C, una cifra sconvolgente per gli ecosistemi e il mondo naturale da cui dipendiamo, la politica internazionale sembra decisamente lontana dall’intraprendere un cammino diverso da quello che ci porta dritto verso un Pianeta bollente.

A poche settimane dalla Cop28, Conferenza sul clima in cui molto probabilmente il tema del phase out dalle fonti fossili e dal petrolio non sarà discusso, anche considerando che si terrà nella Dubai dei petrolieri, le Nazioni Unite hanno diffuso un report che rivela come le attuali politiche legate alle emissioni di carbonio ci portano verso i tre gradi.

Oggi siamo ormai a +1,4 gradi rispetto ai livelli preindustriali, dato che nel 2024 in arrivo probabilmente diventerà +1,5, anche visto l’andamento di quest’anno, quasi sicuramente il più caldo della storia.

Oltre al concetto che il segretario Onu António Guterres ripete da tempo, cioè che andiamo verso un mondo dal clima “infernale”, ora il rapporto dell’Unep (Programma nazioni unite per l’ambiente) afferma che l’attuazione delle politiche future già promesse e decise dai vari Paesi ridurrebbe di appena lo 0,1 °C il limite dei 3 °C.

Per raggiungere l’obiettivo concordato a livello internazionale di 1,5 °C è necessario invece tagliare quasi 22 miliardi di tonnellate di CO2 dal totale attualmente previste verso il 2030, afferma il rapporto, ovvero tagliare di almeno il 42% delle emissioni globali ed equivalenti alla produzione dei cinque peggiori inquinatori del mondo, Cina, Stati Uniti, India, Russia e Giappone.

Il punto è semplice: se i grandi Paesi emettitori non daranno un segnale di svolta, per esempio indicando una importante revisione dei loro piani climatici nazionali, il cammino intrapreso appare quasi irreversibile.

Per Inger Andersen, direttore esecutivo dell’Unep, «non c’è persona o economia sul Pianeta che non sia toccata dai cambiamenti climatici, quindi dobbiamo smettere di stabilire record indesiderati su emissioni, temperature e condizioni meteorologiche estreme. Dobbiamo invece iniziare a stabilire altri record: quelli sulla riduzione delle emissioni e sui finanziamenti per il clima».

Non solo, come ricorda Guterres «le tendenze attuali stanno portando il nostro Pianeta verso un vicolo cieco con un aumento della temperatura di 3 °C. Questo è un fallimento della leadership, un tradimento dei più vulnerabili e un’enorme opportunità mancata. Le energie rinnovabili non sono mai state così economiche e accessibili. Sappiamo che è ancora possibile rendere realtà il limite di 1,5 gradi. Occorre estirpare la radice avvelenata della crisi climatica: i combustibili fossili».

Il messaggio è chiarissimo: bisogna parlare, e soprattutto agire, dell’eliminazione di petrolio, carbone e gas, i maggiori responsabili delle emissioni che alterano il clima. Anche per questo Guterres ricorda che i paesi devono impegnarsi alla Cop28 a triplicare la capacità di energia rinnovabile entro il 2030 e a eliminare gradualmente i combustibili fossili con un calendario chiaro.

Il punto sul phase out, l’eliminazione graduale, molto probabilmente se non con toni tenui, non sarà in agenda. E con i piani di espansione delle compagnie petroliferi, tali da portarci verso temperature più bollenti, il fatto di rimandare ancora è un serissimo problema.

Se tutti gli impegni a lungo termine degli stati fossero rispettati da qui al 2050 - ci dice il report Broken Record - l’aumento della temperatura globale potrebbe essere limitato a 2 °C ma il problema, sostiene l’analisi, è che gli impegni di zero emissioni nette “non sono attualmente considerati credibili” perché nessuno dei Paesi del G20 che insieme producono l’80% della CO2, sta davvero riducendo le emissioni a un ritmo coerente con i propri obiettivi di zero emissioni nette.

Di conseguenza, il tempo dei rimandi e delle mezze decisioni sembra davvero essere finito se vogliamo evitare sconvolgimenti drammatici per la Terra e i suoi abitanti.

«I governi stanno facendo piccoli passi per scongiurare la crisi climatica, dovrebbero fare passi avanti enormi e coraggiosi alla Cop28 di Dubai, per rimettersi davvero in carreggiata», chiosa Simon Stiell, segretario esecutivo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

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