Ambiente

Ingiustizia climatica: l’1% più ricco del mondo inquina più del 66% più povero

I dati Oxfam mostrano, a poche settimane dalla Cop28, un equilibrio “osceno”: dodici miliardari impattano più di 2 milioni di case
Credit: Jp Valery  

Forse il primo grande passo per una svolta nella visione climatica del mondo dovrebbe essere questo: a livello di responsabilità delle emissioni - nonostante tutti noi pagheremo gli effetti del surriscaldamento globale - non siamo affatto tutti uguali.

Non lo sono i Paesi, ma non lo sono nemmeno le singole persone: dodici dei miliardari più ricchi del mondo producono per esempio più emissioni di gas serra rispetto a 2 milioni di case, oppure a sei milioni di famiglie che le abitano. E l’impatto che persone come Jeff Bezos, Roman Abramovich, il magnate Carlos Slim, Elon Musk oppure Bill Gates hanno sul Pianeta per via dei loro stili di vita non è nemmeno paragonabile a quello, per esempio, di milioni di africani.

I concetti di equità e giustizia climatica sono entrati con forza negli ultimi anni nelle Conferenze delle Parti sul Clima, come la Cop28 che sta per iniziare a Dubai.

Allo stesso tempo l’idea di fondi come quello Loss & Damage, perdite e danni che i Paesi più abbienti e inquinanti dovranno in qualche modo risarcire ai Paesi più poveri, sono finalmente sul tavolo delle trattative ma ancora lontani dall’essere al centro di una nuova visione politica, basata proprio sulla differenza delle emissioni climalteranti prodotte, quelle che compromettono il nostro clima e che, anche se “colpa” di pochi, poi alla fine paghiamo tutti.

Per capire meglio questa differenza Guardian insieme a Oxfam, lo Stockholm Environment Institute e diversi esperti ha realizzato una indagine chiamata The Great Carbon Divide proprio per esplorare le disuguaglianze in termini di emissioni tra una ricca èlite inquinante e milioni di persone che al contrario non sono così impattanti per la salute della Terra.

L’1% più ricco dell’umanità inquina più del 66% più povero

Il dato è abbastanza impressionante ma fornisce una idea cristallina e inequivocabile: l’1% delle persone più ricche del Pianeta è responsabile di maggiori emissioni di carbonio rispetto a due terzi (il 66%) di tutte le persone più povere.

Ovviamente, questa condizione fa sì che nonostante gli sforzi globali per affrontare l’emergenza climatica, l’1% dei cittadini più abbienti con i loro stili di vita e le loro industrie hanno il potere di impattare in maniera disastrosa sulle comunità più vulnerabili.

Lo studio analizza le emissioni di 77 milioni di persone tra cui miliardari, milionari e persone che hanno uno stipendio medio di oltre 140.000 dollari all’anno.

Questo insieme di persone rappresenta il 16% di tutte le emissioni di CO2 nel mondo.

Per visualizzare meglio le cifre bisogna immaginarsi, ci ricorda il report, che l’1% più ricco con le sue emissioni (5,9 miliardi di tonnellate di CO2 nel 2019) contribuisce agli effetti di quel clima fatto di siccità e fame, alluvioni e devastazione, oppure innalzamento dei mari, tale da portare a immense sofferenze per milioni di persone.

Attraverso una formula (quella sul usata anche dall’Environmental Protection Agency degli Stati Uniti) se si considerano i 226 morti in eccesso in tutto il mondo per ogni milione di tonnellate di carbonio, “il rapporto calcola che le emissioni del solo 1% sarebbero sufficienti a causare ondate di calore correlabili alla morte di 1,3 milioni di persone nei prossimi decenni”.

Non solo, tramite calcoli simili il rapporto arriva a stabilire che le emissioni legate all’1% più ricco del Pianeta nel periodo dal 1990 al 2019 hanno provocato in termini di crisi climatica danni paragonabili agli interi raccolti dell’anno scorso del mais europeo, il grano statunitense oppure il riso del Bangladesh o i raccolti di soia cinesi.

Chi paga il conto più salato

A pagare le conseguenze relative alle vite di pochi, sono le vite di molti altri tra cui soprattutto donne, migranti, ragazze, persone che vivono e lavorano a lungo fuori casa o in zone vulnerabili, ma anche comunità etniche emarginate o in generale coloro che vivono in uno stato di povertà.

Tutte “categorie” che hanno meno probabilità di protezione sociale e assicurazioni, “il che li espone di più al rischio, sia dal punto di vista economico che fisico, di inondazioni, siccità, ondate di caldo e incendi boschivi”, dice il rapporto ricordando che l’Onu sostiene come i Paesi in via di sviluppo rappresentino il 91% dei decessi legati a condizioni meteorologiche estreme.

Difficile da immaginare? Beh, allora proviamo a pensare che per una persona che si trova nel 99% più povero della popolazione per produrre tante emissioni di carbonio quanto i miliardari più ricchi in un anno, avrebbe bisogno di 1.500 anni.

Come spiega Chiara Liguori, Climate Justice Senior Policy Adviser di Oxfam, «i super-ricchi stanno saccheggiando e inquinando il Pianeta fino alla distruzione, mentre sono coloro che meno possono permetterselo a pagare il prezzo più alto» sostenendo che la doppia crisi climatica e della disuguaglianza si stanno «alimentando a vicenda».

Una enorme differenza tra Paesi

Se poi si osserva il divario a livello di emissioni tra Paesi emerge che quelli ad alto reddito (soprattutto nel nord del mondo) sono responsabili del 40% delle emissioni globali di CO2 basate sui consumi, mentre il contributo dei Paesi a basso reddito (soprattutto nel sud del mondo) è stato un trascurabile 0,4%. I dati si riferiscono al 2019.

L’Africa, per esempio, che ospita circa una persona su sei della popolazione mondiale, è responsabile solo del 4% delle emissioni.

Coloro che vivono nei Paesi ad alto reddito e fanno parte dell’élite più inquinante hanno uno stile di vita, a livello inquinante, che è 77 volte superiore a quello necessario per evitare il famoso +1,5 °C di surriscaldamento globale a cui andremo incontro probabilmente già dal prossimo anno.

Questa èlite, che oltretutto è collegata ai possedimenti di azioni societarie, di media, di agenzie di pubbliche relazioni e di lobbisti, secondo il report si mescola spesso alla politica, impedendo di fatto un reale cambiamento. Il report fa notare per esempio come negli Usa un membro del Congresso su quattro possieda azioni di società di combustibili fossili, il tutto mentre proprio i governi del nord del mondo, quelli più ricchi, continuano a sovvenzionare l’industria fossile.

Servono tasse per i super ricchi e per le società del fossile

Ma allora come si possono riequilibrare questi processi così sballati, dove chi più ha più inquina e più alimenta anche l’industria del fossile?

Oxfam nel suo studio indica la necessità di importanti tasse patrimoniali per i super ricchi ma anche di tasse straordinarie sulle società di combustibili fossili, fondi che servirebbero per sostenere i Paesi e le persone più povere colpiti dalla crisi del clima, in modo da ridurre le disuguaglianze mentre si punta a una transizione energetica basata sulle rinnovabili.

Per esempio una “tassa del 60% sui redditi dell’1% più ricco farebbe raccogliere 6,4 trilioni di dollari all’anno e potrebbe ridurre le emissioni di 695 milioni di tonnellate, che è più dell’impronta del Regno Unito nel 2019”.

«Non tassare la ricchezza permette ai più ricchi di derubarci, rovinare il nostro Pianeta e rinnegare la democrazia. Tassare la ricchezza estrema trasforma le nostre possibilità di affrontare sia la disuguaglianza che la crisi climatica», dice il direttore esecutivo a interim di Oxfam International, Amitabh Behar.

L’enorme impronta di carbonio di dodici fra i miliardari più ricchi al mondo

Jet privati, case, elicotteri, auto di lusso, yacht, investimenti nel fossile, industrie e attività che impattano direttamente sulla salute del Pianeta.

Dodici dei miliardari più ricchi del mondo producono più emissioni di gas serra rispetto alle emissioni energetiche annuali di 2 milioni di case, ci ricorda ancora la ricerca che ha preso in esame a esempio l’impatto del boss di Amazon Jeff Bezos, l’oligarca russo Roman Abramovich , i miliardari della tecnologia Bill Gates, Larry Page e Michael Dell, Elon Musk, il magnate messicano Carlos Slim, ma anche Bernard Arnault, Larry Ellison, Eric Schmidt o Laurene Powell.

In totale l’impatto dei loro investimenti finanziari rappresenta quasi 17 milioni di tonnellate di CO2 e gas serra equivalenti in un anno, lo stesso delle emissioni di CO2 ed equivalenti derivanti dall’alimentazione di 2,1 milioni di case o delle emissioni di 4,6 centrali elettriche a carbone in un anno.

«I miliardari generano quantità oscene di inquinamento da carbonio con i loro yacht e jet privati ma questo è sminuito dall’inquinamento causato dai loro investimenti», ha spiegato Alex Maitland, consulente per le politiche sulla disuguaglianza di Oxfam International.

Emettono un milione di volte più carbonio della persona media e tendono a favorire gli investimenti in industrie fortemente inquinanti, come i combustibili fossili.

Le comunità più povere del mondo, quelle che hanno fatto di meno per causare il cambiamento climatico e che sono meno in grado di rispondere e riprendersi, sono invece quelle che stanno subendo le conseguenze peggiori. “Questo è ingiusto e immorale”.

Infine - pur ricordando che molti dei miliardari presi in esame tra fondazioni, fondi e specifici investimenti stanno sostenendo attività o enti impegnati nel combattere la crisi del clima - il rapporto Oxfam ci ricorda che le emissioni derivanti dagli investimenti di 125 miliardari ammontano in media a 3,1 milioni di tonnellate per miliardario.

Si tratta di un milione di volte superiore alle emissioni medie create dal 90% più povero della popolazione mondiale”. Un fatto decisamente ingiusto ma pochissimo riconosciuto, soprattutto a livello legislativo.

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