Ambiente

Adattamento climatico: Italia, sei in forte ritardo

Mentre lo United Nations Environment Programme ha pubblicato l’Adaptation Gap Report 2023, il nostro Paese non ha ancora approvato il suo piano di adattamento
Credit: Preventionweb.net  

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9 novembre 2023 Aggiornato alle 08:00

Il 2023 sarà probabilmente l’anno che registrerà le temperature globali più alte di sempre, mentre secondo un nuovo studio scientifico la crisi climatica-ambientale sta accelerando rispetto alle precedenti previsioni: «Saremmo dannatamente dei pessimi e stupidi scienziati se non ci aspettassimo un’accelerazione del riscaldamento globale. Stiamo cominciando a subire gli effetti del nostro patto faustiano. Ecco perché il tasso di riscaldamento globale sta accelerando» ha ammonito il climatologo James Hansen, che nel lontano 1988 fu uno dei primi scienziati a denunciare il cambiamento climatico al Congresso americano.

L’intensificarsi degli eventi estremi e degli impatti climatici, come la siccità del Rio delle Amazzoni o l’uragano di Acapulco, ha contribuito a alimentare il dibattito su i piani di adattamento climatici, in parallelo con lo sviluppo dei piani di mitigazione.

In questi giorni è uscito il nuovo rapporto intitolato Adaptation Gap Report 2023 della United Nations Environment Programme (Unep), l’agenzia dell’Onu focalizzata sulla protezione ambientale, che sottolinea i notevoli ritardi sull’implementazione dei programmi di adattamento a livello globale e le misure da adottare in maniera prioritaria nei prossimi anni.

Il peggioramento della crisi climatica nel 2023 ha comportato un aumento stimato di circa 47 miliardi di dollari all’anno per i fondi di adattamento, rispetto alle stime dell’anno precedente.

Le nazioni in via di sviluppo hanno bisogno di un flusso annuale e costante che oscilla fra i 215 e i 387 miliardi di dollari per implementare in modo efficiente le misure richieste.

Ma i Paesi più ricchi e sviluppati hanno destinato solo 21 miliardi nel 2021, facendo registrare un calo del 15% nella finanza climatica, negli aiuti multilaterali, bilaterali e nei finanziamenti pubblici, creando un gap enorme rispetto alle promesse fatte durante le precedenti conferenze sul clima (Cop).

Questo ha comportato uno stallo dei piani di adattamento, soprattutto nei Paesi più poveri, con implicazioni gravi per le popolazioni più a rischio: «Nel 2023 gli effetti del cambiamento climatico sono diventati ancora più distruttivi e mortali: con record di temperature, incendi, inondazioni e tempeste che hanno causato devastazione. Questi impatti sempre più intensi ci dicono che il mondo deve ridurre urgentemente le emissioni di gas serra e aumentare gli sforzi di adattamento per proteggere le popolazioni vulnerabili. Nessuna delle due cose sta accadendo», ha affermato Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’Unep.

Con l’avvicinarsi della Cop28, prevista per la fine novembre, le pressioni sulle nazioni avanzate probabilmente aumenteranno, sperando di far avanzare le discussioni e le decisioni su i fondi “loss and damage” che dovrebbero garantire una riparazione economica per i Paesi più esposti ai danni climatici. Nell’ultimo ventennio le 55 economie più vulnerabili hanno perso più di 500 miliardi di dollari.

Con l’ultimo report l’Unep ha consigliato ai decisori politici di adottare 7 modalità per accelerare i piani di adattamento entro il 2030, iniziando ad aumentare i fondi pubblici/privati e includendo le rimesse, gli aiuti per le piccole-medie imprese, con dei flussi finanziari destinati a percorsi di sviluppo a basse emissioni: «Le banche di sviluppo multilaterali dovrebbero inoltre destinare almeno il 50% dei finanziamenti climatici all’adattamento e al cambiamento dei loro modelli di business per mobilitare molti più finanziamenti privati per proteggere le comunità dagli eventi estremi», ha sottolineato il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. Un invito rivolto anche all’Italia, che è in notevole ritardo su i piani di adattamento.

Crisi climatica & crisi idrogeologica

L’evento estremo che ha colpito le località toscane, innescato dalla tempesta Ciaran è solo l’ultimo grave episodio climatico avvenuto in Italia nell’ultimo anno.

Nel 2023 si sono verificati 61 eventi meteorologici estremi nella regione Lombardia, 28 in Toscana, 24 in Veneto, con un netto aumento rispetto al 2022.

In alcuni comuni della Toscana in appena 3 ore sono sono caduti 192 e 182 mm di acqua, segnando un nuovo record: «Ci siamo imbattuti in un evento che, per le proiezioni climatologiche degli esperti, diventerà la nostra nuova normalità. Per questo, dobbiamo rendere più resilienti le nostre città e i nostri territori, rendendo più spugnoso e permeabile il suolo; dobbiamo quindi cominciare a lavorare seriamente alla delocalizzazione di funzioni e comparti urbani che sono oggi situati in aree a forte rischio idrogeologico. Ciò che un tempo ci sembrava diseconomico diventa, oggi, la soluzione più sensata per abbattere un rischio di perdite di vite umane e di risorse che non possiamo più permetterci di ritenere accettabile», ha affermato Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana.

Per la particolare configurazione territoriale e per la posizione geografica, l’Italia è al centro del pericoloso incrocio fra crisi climatica (il mar Mediterraneo è uno degli hotspot climatici) e dissesto idrogeologico, che negli ultimi decenni ha comportato vittime e danneggiamenti per decine di miliardi di euro. Quest’anno la sola alluvione in Emilia Romagna ha causato danni per quasi 9 miliardi, ma nonostante l’evidenza del problema in corso, la cementificazione del suolo nazionale continua a proseguire senza degli efficaci piani di prevenzione ambientali.

Una ricerca condotta dal Centro Studi Consiglio Nazionale degli Ingegneri (Cni) ha stimato che per mettere in sicurezza il territorio nazionale saranno necessari almeno 26,58 miliardi di euro nei prossimi anni, in modo da proteggere i 2,4 milioni di abitanti che vivono in zona alluvionali ad alto rischio e i 6,8 milioni che vivono in aeree a rischio alluvionale medio (circa il 15% della popolazione italiana).

I fondi richiesti dovranno essere coniugati con il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), che però non è stato ancora approvato definitivamente dal governo.

Il Pnacc arriva in ritardo

Il documento del Pnacc, che era stato redatto definitivamente nel 2018 come strumento di attuazione della Strategia Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici del 2015, è in fase finale di approvazione da parte dell’attuale esecutivo che dovrebbe emanare a breve un decreto: «Si tratta di interventi che il Mase mette in campo per adattare il nostro territorio agli effetti del cambiamento climatico. Siamo consapevoli che non c’è tempo da perdere per mettere il nostro Paese al riparo da fragilità nuove e vecchie, tutelando da un lato ambiente, vite e comunità umane, e tenendo al contempo in considerazione tutte le caratteristiche della nostra Italia, a partire dal nostro inestimabile patrimonio artistico che non ha pari al mondo», ha dichiarato ad agosto il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin.

Il documento di quasi 400 pagine dovrebbe servire da guida per le future politiche di adattamento alla crisi climatica su scala nazionale, regionale e locale, ma sconta i pesanti ritardi burocratici che hanno impedito la sua implementazione in tempi ragionevoli.

Allo stato attuale l’Italia è in notevole ritardo rispetto ad altri Paesi europei e nel 2020 solo 2 città su 32 (Bologna e Ancona) avevano sviluppato dei piani di adattamento locali.

La lentezza delle istituzioni potrebbe comportare gravi danni nel prossimo futuro: «Il nostro Paese continua a non mettere al primo posto dell’agenda politica i temi del contrasto alla crisi climatica e dell’adattamento ai cambiamenti già in corso. Anzi sembra quasi che voglia mettere da parte, ignorare e persino negare la necessità di azioni non più rimandabili, facendo finta di non vedere le pesanti conseguenze sulle vite umane e sull’economia dovute alla inazione politica», ha dichiarato in una nota il Wwf Italia.

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