Ambiente

Dissesto idrogeologico: servono 26 miliardi di euro

Il costo per prevenire le future tragedie e mettere in sicurezza l’intera Penisola è stato suggerito dalla nuova ricerca condotta dal Centro Studi Consiglio Nazionale degli Ingegneri
Credit: Resoilfoundation.org
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6 giugno 2023 Aggiornato alle 14:00

La tragedia causata dall‘alluvione in Emilia-Romagna ha riportato l’attenzione della politica nazionale sul pluri-decennale problema del dissesto idrogeologico, che negli ultimi 40 anni è costato circa 50 miliardi di euro all’Italia. Quasi il 94% dei Comuni è a rischio di frane, alluvioni o erosione del suolo, mentre fra il 1971 e il 2020 si sono contati 1.630 morti con oltre 320.000 evacuati e senzatetto.

Secondo la nuova ricerca condotta dal Centro Studi Consiglio Nazionale degli Ingegneri (Cni), per prevenire le future tragedie e mettere in sicurezza l’intero territorio nazionale lo Stato dovrebbe investire nei prossimi anni almeno 26,58 miliardi di euro. Questa è la somma che è stata elaborata in base alle richieste degli enti locali registrati sulla piattaforma Rendis (Repertorio Nazionale degli interventi per la Difesa del Suolo).

Un investimento urgente e necessario dettato dal fatto che circa 2,4 milioni di abitanti vivono in zona alluvionali ad alto rischio, mentre 6,8 milioni vivono in aeree a rischio alluvionale medio (circa il 15% della popolazione italiana), con 2,1 milioni di edifici situati in zone potenzialmente pericolose.

Nonostante l’evidenza del problema negli ultimi 2 decenni sono stati spesi appena 6,6 miliardi di euro, mentre servirebbero altre 8000 opere e azioni incisive per garantire un’adeguata protezione contro gli eventi estremi. Al momento sono previsti stanziamenti per 14,3 miliardi di euro compresi nel Piano Nazionale di Mitigazione del Rischio Idrogeologico (ProteggItalia), strutturato sul periodo temporale 2019-2030, che comprende una serie di opere emergenziali per la mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico. A questi fondi si aggiungono anche i 2,4 miliardi di euro previsti all’interno del Pnrr nell’ambito della Missione Rivoluzione verde e transizione ecologica con “Misure per la gestione del rischio alluvionale e per la riduzione del rischio idrogeologico”.

Oltre alla mancanza di fondi adeguati, pesa soprattutto la lentezza delle procedure burocratiche che ostacola una programmazione efficiente e rapida: «Contro il dissesto idrogeologico serve agire in fretta rimodulando i meccanismi di gestione dei Piani di prevenzione e contrasto oggi esistenti. Non servono solo risorse finanziarie più consistenti del plafond di 16 miliardi oggi disponibili, ma un sistema più snello di gestione non tanto delle emergenze quanto degli interventi di prevenzione. A dirlo è con molta chiarezza la Corte dei Conti, che già nel 2021 ha individuato gli elementi di debolezza del sistema di intervento contro il rischio idrogeologico. Paradossalmente oggi disponiamo di un livello approfondito di conoscenza di dove e come intervenire, ma siamo troppo concentrati nel far fronte a casi emergenziali senza riuscire a porre in essere in modo capillare opere di prevenzione, che limiterebbero di molto i danni in caso di catastrofi», ha dichiarato il Presidente del Cni, Angelo Domenico Perrini.

La durata media totale delle opere dedicate alla messa in sicurezza del territorio è di 4,8 anni e quasi la metà di questo tempo è dedicato alle pratiche amministrative che finiscono per creare notevoli ritardi, disguidi o addirittura il blocco dei cantieri.

Infine vi è il problema dell’eccessivo consumo del suolo, che in Italia ha raggiunto il 7,13% della superficie totale rispetto a una media europea del 4%. Anche in questo caso, nonostante le molteplici iniziative promesse dalla classe dirigente, il consumo del suolo non ha conosciuto rallentamenti negli ultimi anni.

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