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Progettare un ambiente di lavoro più equo: la mission del Disability Manager

La Svolta ha incontrato Chiara Personeni, che per l’Amministrazione Pubblica di Bergamo si dedicata all’inclusione lavorativa delle persone con disabilità
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10 dicembre 2023 Aggiornato alle 13:00

In Italia la figura del Disability Manager, ovvero del responsabile dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, ha iniziato a muovere i primi passi alcuni anni fa e a guadagnare riconoscimento istituzionale nel 2009 con il Libro bianco su accessibilità e mobilità urbana, frutto della collaborazione tra il Comune di Parma e il ministero Del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Salute.

Da allora questo ruolo ha continuato a evolversi, con crescenti richieste di inserimento in Enti pubblici e l’approvazione del Programma di azione biennale nel 2013, sebbene abbia guadagnato una definizione normativa solo a partire dal 2022 con la redazione delle Nuove linee guida per il collocamento mirato, che ne delineano meglio i compiti.

Per chiarire quali sono e definire le misure da attuare per favorire un ambiente lavorativo più equo e inclusivo, La Svolta ha intervistato Chiara Personeni, che svolge questo ruolo nell’Amministrazione Pubblica di Bergamo, grazie alla sua formazione in giurisprudenza e Disability Management.

Come descrivesti il ruolo e la funzione di un Disability Manager?

Innanzitutto, mi pare giusto premettere che i primi atti normativi consideravano il Disability Manager come figura da inserire nelle amministrazioni pubbliche anche ai fini dell’accessibilità urbanistica, scolastica e turistica.

La mia formazione, invece, è stata volta a formare una figura che coincide con quella ora delineata dal Legislatore italiano come responsabile per l’inserimento lavorativo per le persone con disabilità.

Si tratta dunque di un soggetto che opera in sinergia con il lavoratore con disabilità e con l’azienda già dalla prima fase di inserimento lavorativo, intrattenendo rapporti con il centro per l’impiego territorialmente competente o con i servizi adibiti all’inserimento lavorativo.

Ad assunzione avvenuta, ha poi il compito di monitorare l’andamento del rapporto di lavoro, segnalando gli eventuali accomodamenti ragionevoli che possono essere apportati ai fini di un’ottimale inclusione del lavoratore (sia in termini di modifiche alle condizioni contrattuali, sia al contesto in cui opera, sia in relazione alle soluzioni tecnologiche adottate) e monitorando la qualità delle relazioni nell’ambiente di lavoro.

Perché hai deciso di intraprendere la carriera di Disability Manager?

Ho scelto di seguire questa strada perché volevo fornire ai giovani che come me convivono con una disabilità, strumenti e supporto per muoversi all’interno del mondo del lavoro con un percorso lineare che a me è mancato.

In che modo la tecnologia ha cambiato o migliorato l’approccio all’inclusione sul posto di lavoro negli ultimi anni?

Per la mia tesi di Master ho avuto l’occasione di intervistare colleghi con disabilità ed è emerso come gli strumenti informatici si rivelino generalmente gli accomodamenti ragionevoli più efficaci per rendere l’ambiente di lavoro più inclusivo.

Banalmente lo smart working ha risolto per le persone con mobilità ridotta le difficoltà legate al recarsi sul luogo di lavoro. Lo sviluppo informatico e la creazione di software sempre più ricettivi e precisi agevolano le persone con disabilità sensoriali, mentre le piattaforme di comunicazione consentono una comunicazione inclusiva, quindi, facilitano la collaborazione.

Sono tanti i vantaggi legati allo sviluppo informatico e tecnologico, ma a mio avviso è fondamentale - e anche questo potrebbe essere un compito del Disability Manager - che ciò non vada a ledere la costruzione di reali legami sociali.

Quale messaggio vorresti trasmettere riguardo l’importanza dell’inclusione sul posto di lavoro e del ruolo del Disability Manager in questo contesto?

L’inclusione sul posto di lavoro crea un ambiente in cui ogni individuo, indipendentemente dalla sua abilità, può contribuire appieno alle attività aziendali, esprimere il proprio potenziale e sentirsi valorizzato. Questo porta a una maggiore creatività, innovazione e produttività, migliorando la competitività dell’azienda sul mercato.

Il Disability Manager svolge un ruolo cruciale nel favorire questa cultura di inclusione perché lavora per garantire che le persone con disabilità abbiano le risorse e le opportunità necessarie per avere successo nel mondo del lavoro.

Inoltre, educa e sensibilizza i dipendenti e i dirigenti sull’importanza dell’inclusione, contribuendo a eliminare pregiudizi e stereotipi.

Pensi che la percezione della disabilità sia cambiata nella società negli ultimi anni? E se sì come influisce questo sul tuo ruolo?

Più che la percezione della disabilità da parte della società, credo sia cambiata negli ultimi anni la percezione che le persone disabili hanno di loro stesse all’interno della società.

L’impostazione mentale più comune è ancora quella che inquadra la persona disabile come persona sfortunata, condannata a una vita di sofferenze e bisognosa di atti caritatevoli.

A questa visione fortunatamente si contrappone quella delle persone con disabilità, che soprattutto grazie agli strumenti informatici, stanno costruendo community e iniziando a rivendicare un ruolo sociale come cittadini e come lavoratori.

Il Disability Manager deve aderire a questa concezione della disabilità per essere promotore di una giusta cultura inclusiva e per saper proporre strumenti e soluzioni atte a renderla concreta.

Qual è la tua visione per un mondo lavorativo ideale in termini di inclusione e accessibilità? Cosa vorresti vedere cambiare o evolvere nei prossimi anni?

A mio avviso la figura del Disability Manager è ancora molto frammentata, ma la sfida più impegnativa che la realtà di oggi ci pone è quella di non considerarla come l’unica deputata all’inclusione lavorativa.

Le politiche di disability management possono oggi benissimo rientrare in quelle cosiddette di “Diversity&inclusion”.

La situazione ottimale presenterebbe un contesto lavorativo attento a tutte le tematiche che possono essere oggetto di discriminazione, dalla disabilità, al genere, alla provenienza, all’orientamento sessuale.

Mi auguro che in futuro non sia più necessaria una normativa specifica per il collocamento delle persone disabili, poiché queste dovrebbero essere considerate automaticamente alla pari degli altri lavoratori, semplicemente come individui che vanno al lavoro e cercano di svolgerlo al meglio, senza ulteriori distinzioni o regolamentazioni.

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