Diritti

La violenza nascosta contro le donne con disabilità

Spesso vittime di una doppia discriminazione, è più difficile per loro essere credute quando denunciano
Credit: Polina Tankilevitch 
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
6 dicembre 2023 Aggiornato alle 15:00

Quando parliamo di violenza contro le donne, ce ne sono alcune a cui non pensiamo mai: le donne con disabilità. Parliamo di loro (mai abbastanza e spesso male) soprattutto in occasione di giornate dedicate, come quella che si celebra ogni anno il 3 dicembre; poi, parliamo di violenza di genere, eppure continuiamo a ignorare l’intersezione tra questi 2 fenomeni. I dati, le testimonianze e le esperienze di chi lavora nei centri antiviolenza ci dicono che dovremmo farlo.

Le donne con disabilità sono portatrici di discriminazioni multiple, per il loro essere donne e persone con disabilità: sono molto più vulnerabili alla violenza rispetto alle loro coetanee senza disabilità. Non solo: sono esposte agli abusi per periodi più lunghi proprio a causa di questa vulnerabilità e, spesso, del loro isolamento. La loro capacità di chiedere aiuto e di essere credute, inoltre, è limitata. Tutto ciò, ha spiegato il Relatore speciale sulla violenza contro le donne, le sue cause e conseguenze, è legato a “stereotipi e i pregiudizi che ci sono su di loro che tentano di disumanizzarle o infantilizzarle, escluderle o isolarle”.

Secondo lo studio a livello globale dell’Unfpa (United Nations sexual and reproductive health agency), la violenza è fino a 10 volte più diffusa per loro e anche l’Istat nel 2014 ha confermato che è “critica anche la situazione delle donne con problemi di salute o disabilità: ha subìto violenze fisiche o sessuali il 36% di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6% di chi ha limitazioni gravi. Il rischio di subire stupri o tentati stupri è doppio (10% contro il 4,7% delle donne senza problemi)”. A essere più vulnerabili sono soprattutto le bambine sorde, cieche, autistiche o che vivono con disabilità psicosociali o intellettuali: gli studi hanno scoperto che hanno 5 volte più probabilità di subire abusi.

L’esperienza delle donne con disabilità è caratterizzata da una complessa “interazione di processi sociali, di genere, economici associati allo stigma e alla discriminazione nei confronti delle persone disabili che esacerbano le loro vulnerabilità e limitano le loro opzioni di autoprotezione”, spiegava uno studio nel 2020. Possono diventare più frequentemente oggetto di violenza poiché spesso vivono in situazioni con fattori di rischio più elevati, tra cui la dipendenza fisica dai propri partner (soprattutto quando è il principale caregiver) o da altre persone, la povertà, l’isolamento sociale e la mancanza di indipendenza economica.

Non solo: vivono forme specifiche di violenza di quella che viene definita Ipv (Intimate partner violence), legate proprio alla loro condizione: manipolazione di farmaci, rifiuto di fornire assistenza con le attività essenziali della vita quotidiana, negazione dell’accesso a telefoni e altri dispositivi di comunicazione e la distruzione delle apparecchiature di cui necessitano.

Soprattutto, però, se raccontano una violenza troppo spesso non vengono credute. “Non solo [le donne con disabilità] sono escluse come testimoni perché possono avere difficoltà a comunicare con la polizia, ma gli stereotipi operano anche sull’esclusione o scartare la loro testimonianza. Per esempio, nei casi di violenza sessuale, il generale fallimento della società nel vedere le persone con disabilità come esseri sessuali può portare a giudici e giurie a non tener conto della testimonianza dei testimoni. D’altra parte, le denunce possono essere ignorate a causa di opinioni e convinzioni su alcune donne con disabilità mentali come ipersessuate e prive di autocontrollo”, continua il rapporto del Relatore speciale.

Nell’immaginario collettivo le donne con disabilità sono infantilizzate e desessualitzzate. Se a questo aggiungiamo che spesso non rientrano nei canoni tradizionali di bellezza, non pensiamo che possano suscitare desiderio sessuale e non siamo capaci di pensarle all’interno di relazioni e rapporti sessuali, ma nemmeno come madri. Non dimentichiamo che, anche in Europa, la sterilizzazione forzata delle ragazze con disabilità è ancora una realtà: fino a 2 anni fa era legale in Spagna; oggi sono solo 9 i Paesi che la vietano per legge (anche se, ha rivelato Euronews, anche in questi Stati ci sono ancora dei casi).

“Le donne disabili si ritrovano così nella situazione paradossale - soprattutto da un punto di vista femminista - di vedersi negata la propria soggettività a causa dell’impossibilità di essere un oggetto sessuale - scrivevano Michelle Fine e Adrienne Asch nel saggio del 1988 Disability Beyond Stigma: Social Interaction, Discrimination, and Activism - L’oggettificazione sessuale è infatti una tecnologia di riconoscimento e conferma eterosessuale: si tratta di un atto che le donne disabili non sanno come contrastare, perché non lo subiscono”.

Nel 2018, la Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish) e l’associazione Differenza Donna hanno lanciato il progetto V.e.r.a.Violenza Emergenza Riconoscimento e sensibilizzazione, grazie a un video che racconta la storia di 3 donne con disabilità che Dd ha accompagnato in un percorso di fuoriuscita dalla violenza e a un questionario online aperto alle donne italiane con disabilità che ha rilevato come abbia subito violenze fisiche o sessuali il 36,7% di chi ha malattie croniche o problemi di salute di lunga durata, il 36,6% di chi ha limitazioni gravi nelle attività e il 36,2% di chi ha limitazioni non gravi, a fronte di circa il 30% di chi non ha problemi di salute né limitazioni funzionali. Facendo riferimento solo al partner, subiva violenze psicologiche il 31,4% delle donne con disabilità contro il 25,0% delle donne che non hanno limitazioni.

Nello stesso anno, l’associazione ha dato vita all’Osservatorio sulla violenza sulle donne con disabilità, “uno strumento per monitorare e, se necessario, denunciare disservizi, sottovalutazioni, inadeguatezze, indifferenze, carenze, ecc. ma anche promuovere una cultura di genere nella società civile e presso gli interlocutori istituzionali. Questo strumento è pensato per realizzare una valorizzazione delle risorse e una promozione di quelle misure che rendono le donne con disabilità più consapevoli della violenza subita, e facilitarle nella difficile gestione della vita quotidiana”.

Eppure, denunciava il Garante dei disabili in vista del 25 novembre 2023, “la violenza subita dalle donne con disabilità, quindi, resta celata. Perché è quella in cui si sommano stereotipi e si intrecciano disparità e che, per essere correttamente letta, deve incrociare competenze e capacità di comprensione. […] Appare chiaro e quanto mai necessario, quindi, inserire il tema della disabilità all’interno delle questioni di genere, inserendo la disabilità tra i criteri di analisi e indirizzo delle politiche a contrasto della violenza di genere”.

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