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I crimini di guerra: il brutto dentro al brutto

La guerra ha un solo punto in comune col gioco. Le regole. Cosa succede, allora, se qualcuno bara?
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21 ottobre 2023 Aggiornato alle 09:00

Io sono di bocca parecchio buona, sai? Ci sono pochissime cose che mi fanno schifo nella vita. Mi piace il cavolfiore bollito, sono ormai insensibile alla cacca dei bambini e non mi scoccia neppure di stare in fila alle poste. La sola cosa che mi fa schifo è la violenza.

Mi fa schifo la violenza piccola, quella dei piccoli commenti acidini detti con il sorriso, e mi fa schifo la violenza grande, quella delle bombe, delle armi e della guerra. Anche al nostro Paese la violenza della guerra fa schifo. E infatti l’articolo 11 della nostra Costituzione dice: “L’Italia ripudia la guerra”.

La guerra fa schifo, è brutta da tutti i punti di vista. È brutta per chi vince e per chi perde, per chi sopravvive e per chi muore.

Anche se è una cosa terribile, la guerra obbedisce a delle regole. O comunque dovrebbe. Ma come nei giochi di società, c’è chi si attiene alle regole e chi bara, chi gioca sporco.

Quasi tutti i Paesi del mondo si sono messi d’accordo nel corso degli anni, firmando numerosi patti e accordi per stabilire quali erano le regole della guerra e cos’era, invece, un crimine di guerra, e cioè un atto così brutto che faceva storcere il naso anche a chi la guerra la stava facendo.

Per quasi tutti l’uso della violenza dovrebbe limitarsi al campo di battaglia, a difendersi dal nemico o ad attaccarlo. Sono crimini di guerra, invece, quegli atti di violenza che non portano a nessun risultato sul campo di battaglia ma sono puri e orribili azioni di crudeltà.

Un esempio di crimine di guerra è l’uccisione di persone che non stanno prendendo parte al conflitto, ma anche il maltrattamento o la tortura dei prigionieri. Un crimine di guerra è la deportazione, e cioè lo spostamento forzato di una popolazione lontano dalle proprie case, in condizioni di prigionia. Un altro è la violenza che viene fatta contro le femmine e il loro corpo, obbligandole a fare cose che non vogliono. È un crimine distruggere città e paesi a casaccio, dove vivono persone normali e non nemici pericolosi.

Col tempo e con l’andare delle guerre, si sono aggiunti nuovi crimini nei trattati internazionali. Uno di questi è attaccare gli ospedali e chiunque presti soccorso ai civili. Un altro è l’uso di armi violentissime e proibite come quelle chimiche o le bombe a grappolo.

Per giudicare i crimini di guerra esistono dei tribunali speciali come la Corte penale internazionale, che si occupa delle persone che si sono macchiate di queste terribili azioni. C’è anche la Corte internazionale di giustizia, che non giudica le persone prese una per una ma i Paesi. Entrambi questi super-tribunali si trovano all’Aia, una città dei Paesi Bassi.

Tantissimi Stati si sono macchiati e si stanno macchiando di crimini di guerra. Anche l’Italia ha fatto cose bruttissime, per esempio durante la Seconda Guerra mondiale o mentre cercava di colonizzare alcuni Paesi africani come la Libia e l’Etiopia.

Anche se i crimini sono sotto gli occhi di tutti, non è semplice portare i colpevoli in tribunale e farli condannare. Ogni nazione ha le sue regole per quanto riguarda la guerra ma non tutte hanno firmato gli importanti patti di cui ti parlavo prima. Gli Stati Uniti, la Russia e Israele, per esempio, non hanno mai firmato e quindi non possono essere portati in tribunale.

Durante questi processi importantissimi, poi, l’imputato dev’essere sempre presente, non lo si può giudicare, come dicono i grandi, “in contumacia”. Ma è una vera rogna arrestare un presidente, un re o un generale e spedirlo all’Aia a farsi processare. Succede molto meno di quanto servirebbe.

Come vedi, anche per i grandi, malgrado grandissimi sforzi, non è sempre facile comportarsi bene e fare ammenda dei propri sbagli. Dalle ferite è delicato e complicato guarire, soprattutto quelle del corpo o del cuore, che colpiscono popoli interi. Le regole, nella guerra come nei giochi tra bambini, servirebbero a farsi meno male possibile. Ma se al gioco della guerra non giocassimo proprio, sarebbe tutto più bello. Potremmo forse fare anche a meno delle regole.

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