Diritti

Lookismo: come e perché veniamo discriminati per l’aspetto fisico

Secondo diversi studi la bellezza paga: le persone trattano in modo diverso gli individui attraenti e quelli che non lo sono, un fenomeno che colpisce in modo particolare le donne
Credit: Billie
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
15 ottobre 2023 Aggiornato alle 08:00

Forse qualcuno non ne conoscerà il nome, ma sicuramente tutti abbiamo incontrato, almeno una volta, il lookismo. Gli anglosassoni, che hanno coniato questo concetto, lo chiamano lookism - mutuato sui più conosciuti razzismo, sessismo, ageismo (solo per fare alcuni esempi) - un termine che indica la discriminazione basata sull’aspetto fisico.

Cosa è il lookismo?

Si tratta di un concetto simile, ma non identico, a due diversi bias legati alla bellezza: lo stereotipo dell’attrattiva fisica e il cosiddetto Halo effect.

Il primo si riferisce a un pregiudizio cognitivo che collega l’attrattività a migliori qualità personali e che potremmo tradurre nell’espressione “ciò che è bello è buono” (e, per estensione, ciò che non è bello è cattivo). Allo stesso modo, l’effetto “alone di attrattiva” è un pregiudizio che porta a valutare più favorevolmente le prestazioni o i tratti delle persone attraenti.

Come spiega Jiyoung Chae nell’articolo What makes us accept lookism in the selfie era? A three-way interaction among the present, the constant, and the past, questi concetti riguardano però il modo in cui gli individui percepiscono diversamente le persone attraenti e quelle che non lo sono. Il lookismo, invece, «riguarda il modo in cui gli individui trattano in modo diverso le persone attraenti e quelle poco attraenti. Pertanto, il lookismo può essere il risultato sociale degli effetti di bellezza sopra menzionati».

Il lookismo, che si basa sull’accettazione delle norme sociali legate alla bellezza di una determinata cultura e, quindi, sull’interiorizzazione dei cosiddetti beauty standards, si traduce non solo nel privilegio riservato alle persone considerate attraenti, ma anche nella discriminazione di chi “bello” non è, che riceve un trattamento diverso esclusivamente a causa del proprio aspetto fisico. Una discriminazione che è particolarmente rilevante a livello professionale e che, non sorprendentemente, colpisce soprattutto le donne.

Lookismo: come si manifesta?

Bellezza = mezza ricchezza, potremmo dire. Diversi studi, infatti, mostrano come le persone percepite come attraenti guadagnino sistematicamente di più rispetto alle persone percepite “normali” o non attraenti.

Secondo uno studio, le persone di bell’aspetto arrivano a guadagnare il 15% in più dei loro colleghi meno desiderabili. Uno dei motivi sarebbe da ricercarsi, spiega l’Università della California in una ricerca pubblicata sul Journal of Economic and Psychology, nel fatto che le persone belle vengono considerate più collaborative sul posto di lavoro.

Diverse ricerche, inoltre, suggeriscono che le persone attraenti hanno maggiori probabilità di ricevere offerte per colloqui di lavoro, di essere assunte e di essere promosse rispetto agli individui meno attraenti. Secondo un sondaggio fatto da Newsweek del 2010 e condotto su 202 addetti alle risorse umane, i responsabili delle assunzioni aziendali ritengono che l’apparenza sia fondamentale: i manager classificano l’aspetto dei dipendenti come la terza caratteristica più importante, anche al di sopra dell’istruzione formale.

Non solo: i belli hanno maggiori probabilità di ricevere prestiti (e a tassi di interesse più bassi) e secondo uno studio dell’Università di Memphis gli studenti università valutano gli accademici attraenti come insegnanti migliori, un fenomeno che (di nuovo) colpisce soprattutto le donne.

Ma la pervasività del lookismo non si limita alla sfera lavoro, dove abbiamo visto che la bellezza paga, eccome (forse per questo il 13% delle persone sarebbe disposta a sottoporsi alla chirurgia estetica in cambio di un avanzamento di carriera?).

Per fare solo uno dei tantissimi esempi possibili, uno studio ha scoperto che quando fuorilegge poco attraenti commettevano un reato moderato, le loro multe erano circa quattro volte più grandi di quelle di persone attraenti che si erano macchiate dello stesso reato. Senza dimenticare che il bell’aspetto è un asset vincente anche in politica.

A fare la differenza, però, non è solo l’aderenza agli ideali di bellezza, ma anche il rispetto delle norme sociali legate alla cura di sé: secondo uno studio finanziato da Procter & Gamble, infatti, le donne truccate vengono percepite come più competenti rispetto a quelle che si presentano al naturale. Significativamente, questo non sembra fare differenza per gli uomini: un altro studio, realizzato dall’Università della California e dall’Università di Chicago - che ha confermato che le donne “curate”, anche se non percepite come “belle”, guadagnano di più di quelle sciatte, seppure più attraenti - ha rilevato come i guadagni maschili siano simili a prescindere dalla “sciatteria”.

Forse per questo il 35% delle donne intervistate in un sondaggio nel Regno Unito ha rivelato di aver subito almeno una richiesta sessista da parte del proprio datore di lavoro relativa al modo in cui si vestivano per le riunioni video nel periodo del lockdown e di essere state invitate a “truccarsi di più, a fare qualcosa ai propri capelli o a vestirsi in modo più provocante. Le ragioni addotte dai loro capi erano che avrebbe “aiutato a fare affari” e sarebbe stato “gradito al cliente”.

Lookismo: un problema femminile?

La discriminazione legata all’aspetto fisico non colpisce solo le donne. Secondo il sondaggio britannico, anche gli uomini avevano subito pressioni legate all’abbigliamento, ma alle donne era stato richiesto di apparire più sexy.

Se non è un problema di un solo genere, però, gli studi rilevano come sia un fenomeno che grava soprattutto sulla popolazione femminile. «Quando abbiamo analizzato dieci anni di denunce dei dipendenti riguardo al lookismo alla Commissione per le Pari Opportunità in Australia, abbiamo scoperto che la percentuale di uomini era in aumento in tutti i settori, ma che due terzi delle denunce provenivano ancora da donne - hanno spiegato i ricercatori Christopher Warhurst e Dennis Nickson su The Conversation, aggiungendo che - è interessante notare che lo studio dell’Università di Memphis non ha trovato alcuna correlazione per gli accademici uomini tra il modo in cui veniva percepito il loro aspetto e il modo in cui venivano valutate le loro prestazioni».

Leggi anche
Recensioni
di Costanza Giannelli 5 min lettura
Recensioni
di Costanza Giannelli 4 min lettura