Culture

Grassofobia: 3 libri per conoscerla (e combatterla)

Le origini della grassofobia e l’evoluzione del senso di colpa, tecniche di ribellione alla cultura del corpo magro e strategie per liberarsi dalle stigmatizzazioni altrui e sentirsi finalmente se stesse

Ora basta eh, da lunedì/domani dieta”. Quante volte lo hai sentito ripetere, o lo hai detto, nei giorni di festa scanditi da grigliate, pastiere e uova di cioccolato? Viviamo immersi nella convinzione che dobbiamo dimagrire. Essere magri, sempre più magri, per essere a posto, con noi stessi e con gli altri. Il grasso è cattivo, sbagliato, inaccettabile.

E, così, mentre i Disturbi del comportamento alimentare aumentano inesorabili, continuiamo ad alimentare una diet culture infarcita di stereotipi che fanno del peso uno stigma e una colpa.

Le persone grasse – diciamola questa parola, togliendole la sfumatura offensiva, così tornerà a essere solo un aggettivo – sono discriminate su tantissimi livelli. Non si tratta (solo) di bodyshaming, o meglio di fat shaming, ma di un insieme di disuguaglianze sistemiche che, dall’ambito lavorativo a quello della salute, ledono i diritti di ha un corpo non conforme agli standard stabiliti. Una disuguaglianza che è ancora più profonda per le donne, a cui si richiede di farsi piccole e occupare meno spazio possibile, di ridurre il proprio corpo, o almeno di provarci: e se non ci riescono, che si sentano in colpa e aderiscano al modello della penitente.

Il weight stigma – o grassofobia – è il quarto motivo di discriminazione tra individui adulti, dopo età, sesso e razza. Se pensi che si limiti “solo” a offese e pregiudizi, ti sbagli: secondo uno studio pubblicato su Nature, il 58% delle persone obese in Australia, Canada, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti ha subito atteggiamenti discriminatori sul posto di lavoro. Secondo un altro studio, i membri delle risorse umane tendevano a sottovalutare le persone obese e a penalizzarle rispetto a quelle normopeso. Soprattutto le donne. Ma il peso è un ostacolo anche verso il diritto alla salute: “dimagrisca” è quello che si sentono rispondere le persone grasse che si rivolgono professionisti sanitari, che spesso vedono esclusivamente il numero sulla bilancia senza indagare ulteriormente le reali condizioni del o della paziente.

Al grasso vengono associati tutti una serie di valori negativi, primo tra tutti la pigrizia. Se sei grasso è perché non ti impegni abbastanza a trasformarti in quello che la società vuole che tu sia. Ma attenzione, lo facciamo per te, per la tua salute. L’insistenza sull’insalubrità del grasso, però, non è che una scusa, che nasconde le vere radici della grassofobia: razzismo, classismo, sessismo.

Oggi ti proponiamo tre libri per approfondirle e provare, partendo da qui, a cambiare il modo in cui, sia a livello individuale che sociale, percepiamo, narriamo e viviamo l’idea della grassezza.

Fat Shame. Lo stigma del corpo grasso, Amy Erdman Farrell, Tlon Edizioni, 382 p., 16€

Quello di Amy Erdman Farrell non è stato solo il primo saggio sulla grassofobia a essere pubblicato in Italia, rompendo finalmente un muro di silenzio che nascondeva le discussioni sull’argomento a livello internazionale – “in un Paese in cui non esiste una letteratura sui fatti studies non c’è nemmeno consapevolezza dello stigma”, ci ricordano Belle di Faccia nella prefazione – ma è un testo fondamentale per comprendere le radici del weght stigma e le sue interconnessioni con gli altri livelli di discriminazione.

Attraverso una documentatissima panoramica storica e iconografica, Erdman Farrel ripercorre le origini nella grassofobia e la trasformazione del grasso in colpa. Un libro non facile ma necessario per comprendere di cosa parliamo davvero quando parliamo di fat shame e stigma, per capire da dove viene e perché dobbiamo combatterlo.

Belle di faccia: tecniche per ribellarsi a un mondo grassofobico, Chiara Meloni, Mara Mibelli, Mondadori, 176 p., 18€

“Perché dobbiamo combattere la grassofobia?” è la domanda a cui risponde il libro di Chiara Meloni e Mara Mibelli, più conosciute come Belle di faccia dal nome del progetto e del profilo Instagram omonimi. Un libro che lega a filo doppio grassofobia e femminismo, mostrando come “la liberazione dei corpi grassi sia, invece, una questione femminista che ha poco a che fare con il self-love e molto con la giustizia sociale e la creazione di una società più inclusiva”.

Questo libro scorrevolissimo eppure niente affatto leggero, non ci racconta solo cosa sia la grassofobia in tutte le sue forme, ma ci insegna anche come ribellarci. Iniziando non solo dall’imparare a riconoscerla, ma anche dalle parole, riappropriandocene. Per prima, quella che ci spaventa di più: grasse. “Utilizzare la parola “grassa” senza accezione negativa per noi è stata una liberazione, una rivoluzione”. Partiamo da qui: dentro, e fuori da noi.

Grass*. Strategie e pensieri per corpi liberi dalla grassofobia, Elisa Manici, Eris Edizioni, 68 p, 6€

In sole 68 pagine, il libro di Elisa Manici racchiude un mini-compendio sulla grassofobia e gli effetti perversi sulle persone che ne sono vittime. Stigmatizzate, soggette a continue (micro) aggressioni da amici e parenti (“ma è per il tuo bene”), discriminate: le persone grasse devono convivere con la colpa, una colpa che il loro stesso corpo esprime con la sua sola esistenza.

Una colpa che, però, non deriva dal grasso ma dalla mancanza di aderenza ai modelli e dalla presunta incapacità (o mancata volontà) di adeguarsi a quella normazione e controllo dei corpi, soprattutto femminili, che permea la cultura occidentale e che vede nelle persone grasse non solo un facile nemico da individuare ma anche, e soprattutto, un’inaccettabile ribellione.

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