Ambiente

Un focolaio di aviaria sta minacciando la biodiversità delle Galapagos

Il Parco nazionale delle Isole Galapagos ha confermato la presenza del virus H5N1 in 3 esemplari appartenenti alle specie Sula di Nazca e Sula dai Piedi rossi nelle isole Genovesa e San Cristobal
Leone marino con il suo cucciolo fotografati a Isla San Cristobal (Galapagos)
Leone marino con il suo cucciolo fotografati a Isla San Cristobal (Galapagos) Credit: Davide Agati per WANE - We Are Nature Expedition
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25 settembre 2023 Aggiornato alle 20:00

Il Parco nazionale delle Isole Galapagos ha ufficialmente dichiarato l’esistenza di un focolaio di influenza aviaria in due isole: Genovesa e San Cristobal, situata nella parte orientale dell’arcipelago.

Le analisi effettuate su individui morti o visibilmente malati hanno infatti confermato la presenza del virus H5N1 in almeno 3 esemplari appartenenti alle specie Sula di Nazca e Sula dai Piedi rossi ma ci si aspetta nuove conferme mano a mano che le ricerche continuano.

Nonostante focolai stagionali di aviaria siano sempre esistiti, a partire dal 2021 si è assistito a un aumento dei casi durante tutto l’anno, facendo capire agli esperti che la situazione poteva essere più grave del previsto.

Dopo aver causato un numero molto alto di decessi in Cile e Argentina, nel novembre del 2022, più di 14.000 uccelli, soprattutto pellicani e sule, sono morti al largo delle coste del Perù spingendo il Paese a dichiarare l’emergenza sanitaria.

Col tempo, complici anche gli allevamenti intensivi di uccelli e svariate specie di mammiferi come visoni e gatti, il virus ha iniziato a diffondersi rapidamente in tutto il Sud America, arrivando in Ecuador - dove un focolaio in un’azienda agricola degli altopiani centrali ha portato all’abbattimento di più di un milione di capi di pollame - e infine alle Galapagos.

«Qui - racconta a La Svolta Paul Cardenas, esperto di malattie infettive e docente presso le Università del North Carolina “Chapel Hill” e di Quito “San Francisco” - il virus dell’aviaria ha viaggiato insieme agli uccelli migratori e il pericolo, ora, è che si diffonda anche in altre isole. Gli uccelli marini, infatti, migrano non solo a livello continentale ma anche tra isola e isola. Inoltre i corpi degli individui deceduti, o gli esemplari indeboliti dall’influenza, diventano preda di altri animali come i leoni marini o le orche e questo può portare al salto di specie e a un’espansione del focolaio».

Pellicano bruno, fotografato a Isla Isabela (Galapagos)
Pellicano bruno, fotografato a Isla Isabela (Galapagos) Credit: Davide Agati per WANE - We Are Nature Expedition

Nonostante infatti, come il nome stesso suggerisce, l’influenza aviaria sia tipica degli uccelli, in particolare di quelli marini, non sono rari ormai i contagi ai danni di altri mammiferi, il che potrebbe portare facilmente anche a un adattamento e a una più facile trasmissione all’uomo.

Se il virus dell’aviaria rappresenta di per sé stesso un problema a livello globale, in regioni caratterizzate da ecosistemi fragili e unici al mondo come le Galapagos, la sua diffusione può comportare un vero e proprio disastro ecologico.

Sula dai piedi azzurri, fotografata a Isla Isabela (Galapagos)
Sula dai piedi azzurri, fotografata a Isla Isabela (Galapagos) Credit: Davide Agati per WANE - We Are Nature Expedition

«Molte delle specie che vivono nell’arcipelago sono endemiche, esistono solo qui, e sono ad alto rischio di estinzione. La scomparsa di anche solo una popolazione porterebbe a effetti sulla variabilità genetica, con un conseguente impoverimento della specie e un impatto importante sugli sforzi di conservazione», spiega Cardenas.

Delle 41 specie di uccelli che vivono sulle isole Galapagos, 21 sono minacciate di estinzione e, di queste, 19 sono in pericolo a causa della diffusione di specie aliene invasive. È il caso del Fringuello delle Mangrovie, di cui ne rimangono meno di 100 esemplari, e che sta subendo una mortalità del 100% imputabile a quella che viene chiama la “mosca vampiro”.

Per evitare la diffusione del virus le autorità locali hanno prontamente attivato dei protocolli di biosicurezza a partire dalla chiusura dei siti contaminati nelle isole in cui è già stato riscontrato il virus, e di altre in misura precauzionale, com’è il caso di Punta Suárez e Punta Cevallos, nell’Isola Española.

Inoltre, è stata emessa una comunicazione ufficiale indirizzata agli operatori turistici affinché rafforzino le misure di disinfezione delle calzature e degli indumenti dei turisti che sbarcano nelle isole, o che arrivano via aerea, oltre che delle aree comuni e delle imbarcazioni utilizzate durante le escursioni.

Tuttavia, come spiega Cardenas, «le misure di contenimento sono di difficile applicazione quando si parla di focolai in popolazioni di animali selvatici. Questo perché non è sempre facile localizzarne la posizione e, in secondo luogo, perché la cattura finalizzata alla vaccinazione comporta sempre dei rischi».

Attualmente, infatti, esiste un vaccino contro l’influenza aviaria che viene normalmente somministrato agli uccelli detenuti negli allevamenti.

«In alcuni Paesi, come la California - continua Cardenas - si sta testando il vaccino anche sugli uccelli selvatici ma non abbiamo le prove che funzioni con tutte le specie. Per questo è fondamentale lavorare prima di tutto sulla prevenzione e impedire il contatto tra specie selvatiche e da allevamento. Alle Galapagos, da quando si è evidenziata la presenza del virus nel continente ecuadoriano, si è deciso di aggiungere al divieto di importazione di uccelli vivi, quello di qualsiasi prodotto di origine aviaria».

In merito al rischio di trasmissione all’essere umano «il salto di specie c’è già stato - spiega Cardenas - ma fortunatamente non si sono ancora registrati casi di trasmissione da uomo a uomo. E ritengo sia difficile che succeda, soprattutto con il ceppo H5N1. Questo non significa, però, che possiamo prendere la cosa alla leggera, soprattutto nell’ambito di ecosistemi fragili come le Galapagos, dove la popolazione locale e i turisti vanno responsabilizzati ed educati all’applicazione delle misure di biosicurezza e alla distanza che è necessario tenere dalle specie selvatiche».

Composto da 129 isole e isolotti situati a 1000 km dalla costa dell’Ecuador, l’arcipelago delle Galapagos è stato riconosciuto nel 1979 come Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco per il suo insieme unico di flora e fauna.

Dopo essere state scoperte nel 1535 dal missionario spagnolo Tomás de Berlanga, nel 1835 diventano un vero e proprio laboratorio vivente per Charles Darwin che, dopo aver osservato le diverse specie di fringuelli che abitavano le isole, sviluppò la sua teoria dell’evoluzione.

Per tutelarne l’unicità, il Governo ha istituito un’area marina protetta di 143.000 chilometri quadrati, il che ne fa una delle 10 più grandi al mondo, e a cui si aggiunge circa il 97.5% della superficie terrestre delle isole.

Nonostante questo, il turismo di massa, la mancanza di rigidi controlli e di un’educazione diffusa al rispetto dell’ambiente, unitamente ai cambiamenti climatici, all’inquinamento e alla diffusione di specie invasive, oltre che di virus altamente contagiosi, l’arcipelago e la sua vita selvaggia da manuale rischiano di trasformarsi neanche troppo lentamente in un ricordo.

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