Ambiente

Sta finendo l’acqua nel mondo

Una ricerca del World Resources Institute rivela che entro il 2050 oltre un miliardo di persone vivrà in aree a forte rischio di stress idrico
Credit: Sebastian Sørensen
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8 ottobre 2023 Aggiornato alle 11:00

L’acqua è un bene prezioso e vitale per ciascun organismo vivente presente sulla terra. Con la crescita della popolazione e l’aumento delle temperatura però, questa risorsa è sempre più limitata, al punto che secondo un’indagine del World Resources Institute, entro il 2050 oltre un miliardo di persone vivrà in aree aride o con un potenziale livello di stress idrico.

Lo stress idrico è il rapporto tra i prelievi idrici, domestici, industriali, agricoli e zootecnici, e la disponibilità rinnovabile di acqua superficiale e sotterranea.

Le analisi del World Resources Institute, che tengono conto solo delle acque superficiali e non di riserve di acque sotterranee che vengono sfruttate quando laghi, fiumi e bacini artificiali si seccano, illustrano che le regioni con il più alto livello di stress idrico al mondo sono Medio Oriente e Nord Africa - cinque dei sei Paesi più stressati dalla mancanza di acqua si trovano in queste aree.

Il cambiamento climatico sta rivoluzionando drasticamente i tradizionali modelli di precipitazioni, rendendo molte regioni più secche e riducendo le loro già scarse risorse idriche. «I Paesi potrebbero adattarsi alle scarse acque artificiali sfruttando le riserve sotterranee, ma ciò non significa che saranno in grado di far fronte all’emergenza anche in futuro», sottolinea Samtha Kuzma, responsabile del programma idrico del World Resources Institute.

L’acqua è una risorsa necessaria per produrre beni ed energia ed estrarre minerali ma il suo utilizzo principale, a livello globale, è legato alla produzione alimentare. L’agricoltura rappresenta il 70% del consumo idrico ogni anno ed è profondamente influenzata dai cambiamenti climatici, che ultimamente risultano tanto catastrofici quanto imprevedibili. A lunghi periodi di siccità si contrappongono piogge abbondanti e improvvise e questo rende difficile per gli agricoltori fare affidamento sulle precipitazioni per le irrigazioni. Di conseguenza, aumenta la necessità di stoccaggio dell’acqua e di irrigazione.

Se l’acqua superficiale scarseggia, le persone spesso attingono a quelle sotterranee che possono però esaurirsi rapidamente.

Per allevare e nutrire una mucca per creare mezzo chilo di carne di manzo occorrono fino a 1.800 litri d’acqua; quasi otto volte più acqua delle verdure e 20 volte più acqua di cereali come grano e mais.

Nell’Africa sub-sahariana si prevede che l’uso dell’acqua raddoppierà nei prossimi 20 anni, anche perché molte aree mancano ancora di infrastrutture per fornire in modo affidabile l’acqua per l’irrigazione. Secondo il World Resources Institute, un utilizzo inefficiente di questa risorsa e una gestione insostenibile potrebbero ridurre il Pil della regione del 6%.

Per limitare il consumo idrico dato dall’agricoltura, l’uso di micro irrigatori e dell’irrigazione a goccia, in sostituzione all’irrigazione a sommersione, potrebbe rappresentare una soluzione alternativa significativa.

Come riportato dal Washington Post poi, le città potrebbero sviluppare infrastrutture per catturare e riutilizzare il deflusso delle acque piovane, riparare le perdite nei sistemi idrici comunali e incoraggiare l’efficienza idrica.

Il Las Vegas Valley Water District, a esempio, ha creato un programma di sostituzione dell’erba e di smaltimento delle acque, un intervento che ha ridotto il consumo totale di acqua di 26 miliardi di galloni all’anno dal 2002 al 2021, nonostante la popolazione sia cresciuta di 750.000 residenti, come riportato da Ivvwd.com.

«Le persone devono riconoscere e comprendere l’importanza dell’acqua. In molti luoghi possiamo aprire un rubinetto e l’acqua è proprio lì. La diamo per scontata ma non è così. A causa del cambiamento climatico, le sfide legate all’acqua diventeranno sempre più intense e frequenti e questo deve motivarci a implementare progetti per la sua salvaguardia» ha affermato Heather Cooley, direttrice della ricerca del Pacific Institute.

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