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Non è la natura che si ribella, siamo noi che non facciamo i bravi

Nel giro di pochi giorni ci sono stati un bruttissimo terremoto in Marocco e uno tsunami di fango in Libia. Anche se questi due eventi non c’entrano niente l’uno con l’altro, dicono tanto di come facciamo (male) le cose
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16 settembre 2023 Aggiornato alle 09:00

Il Marocco è un Paese dell’Africa del Nord. Quando si guarda il mappamondo, sembra che il Marocco e la Spagna si slancino l’uno verso l’altro per darsi un bacio ma sono divisi da una crudelissima strisciolina di mare che si chiama Stretto di Gibilterra. L’8 settembre, un terremoto di magnitudo 6.8 ha fatto tremare il Marocco. L’epicentro, cioè il punto da cui è partito il terremoto, si trova a 70 km da Marrakesh.

In una manciata di minuti, il terremoto si è fatto sentire ai quattro angoli del Paese e ha buttato giù case, palazzi, strade e ponti. Le persone colpite sono un sacco, più di 300.000. Ne sono morte quasi 3000, ci sono migliaia di feriti da soccorrere e tanta, tantissima gente non ha più un posto dove stare.

Qualche giorno dopo, è in Libia che è successo un disastro. Se i Paesi dell’Africa del Nord fossero la prima fila di un’aula scolastica, potremmo dire che la Libia si trova tre banchi a destra del Marocco, separati da Algeria e Tunisia. Anche se sono tutti compagni di banco, sistemati gli uni accanto agli altri davanti al Mar Mediterraneo, questi Paesi non vanno tutti d’accordissimo tra loro.

L’11 settembre, dicevo, è successo un disastro anche in Libia. Il ciclone Daniel ha fatto cadere delle piogge incredibili. In un Paese caldo come la Libia, dove piove poco, è venuto giù dal cielo quello che ci si aspetterebbe in un anno intero. I nubifragi sono un bel problema già da soli: lo sanno bene tutti gli abitanti dell’Emilia Romagna. In Libia, però, è successo qualcosa di peggio.

Tutti questi litri di pioggia hanno riempito una diga che si trova nel nord-est dello Stato. L’hanno riempita tanto da spezzarla e tutta quest’acqua si è mescolata alla terra e ha creato uno tsunami, un’onda gigante di fango che si è incanalata tra le montagne e ha inondato e distrutto Derna. Le vittime sono tantissime, più di 6000. I dispersi e gli sfollati sono decine di migliaia.

Tanti Paesi del mondo si stanno dando da fare per aiutare il Marocco e la Libia, ma non è facile per niente. È difficile arrivare sul posto, portare cibo, acqua potabile e medicine perché le strade sono bloccate o sparite. A complicare tutto ci si mettono anche le guerre e le inimicizie. La Libia, per esempio, è divisa in due tra un governo ufficiale e una parte che gli si oppone. Anche se ne avrebbero un gran bisogno, questi due governi non riescono a mettersi d’accordo per aiutarsi a vicenda.

Mi sembra che l’estate sia passata tutta così: prima del terremoto in Marocco e dell’inondazione in Libia, ci sono stati gli incendi in Canada, Grecia e alle Hawaii. Dall’Italia al Giappone, il termometro è impazzito e ha registrato le temperature più alte della storia. Ci sono state inondazioni in Cina, in Scandinavia, in Slovenia.

Poi ci penso su e mi ricordo che queste cose non succedono solo d’estate. Ci sono stati i nubifragi in Emilia Romagna in primavera e il terribile terremoto in Siria e Turchia dello scorso inverno. La verità è che la natura fa quello che fa da sempre e lo fa tutto l’anno: fa piovere, fa tremare la terra, la fa seccare d’estate e gelare in inverno. Ma, per colpa nostra, dell’inquinamento, dello sperpero delle risorse naturali, dell’indifferenza verso gli equilibri degli ecosistemi, tutti questi fenomeni naturali sono diventati catastrofici, molto più frequenti e molto più intensi.

Un altro problema è il nostro modo di gestire queste catastrofi. In tantissimi luoghi, poveri ma anche ricchissimi, non si spendono soldi per la sicurezza, per la prevenzione. Si costruiscono case in fretta e furia e con materiali scadenti, come la casa di paglia del primo porcellino che infatti viene giù con un soffio. Non si dedicano soldi per rafforzare le costruzioni antiche e per preparare la popolazione a gestire un’emergenza.

Malgrado gli avvertimenti di scienziati e specialisti, a tanta gente piace pensare che questi cataclismi succedano sempre lontanissimo e rarissimamente. Ma questo non è vero, è una favola che ci raccontiamo da soli. Alle case del Marocco e della Libia - e prima ancora del Canada, delle Hawaii, della Cina e dell’Emilia Romagna - ci sono voluti pochi secondi per venire giù in un soffio, come nella favola dei tre porcellini.

Per costruire, invece, ci vuole tanto tempo. E soldi e sforzi e molto amore. Lo sa bene il terzo porcellino. E non ti dico per ricostruire daccapo! Ma questa favola, quella in cui si ricostruisce, non ce l’hanno mai raccontata - ed è un gran peccato.

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