Futuro

Alla scoperta del pianeta extrasolare che potrebbe ospitare la vita

Il telescopio James Webb ha svelato, osservando il pianeta K2–18b, l’esistenza di una molecola prodotta da organismi viventi
Credit: ESA/Hubble, M. Kornmesser
Tempo di lettura 4 min lettura
18 settembre 2023 Aggiornato alle 15:00

Gli scienziati della Nasa, attraverso il telescopio James Webb, che non smette di regalare sorprese, hanno rivelato nuove informazioni relative a un pianeta extrasolare lontano 120 anni luce da noi.

Dopo aver scrutato l’atmosfera del pianeta K2–18b, così chiamato in onore della nana rossa nella quale orbita, il telescopio ha svelato non solo l’esistenza di un possibile oceano, ma anche composti di carbonio nella sua superficie e soprattutto — questa la scoperta più importante — ha rilevato una molecola che solo forme di vita possono creare.

Quasi 9 volte più grande della Terra, questo pianeta gigante, localizzato nella costellazione del Leone, potrebbe infatti ospitare una particolare molecola che prende il nome di dimetilsolfuro (Dms), prodotta sulla Terra da organismi quali il fitoplancton, che vive negli ambienti marini.

Questo significa che esistono probabilità che il pianeta possa ospitare una qualche forma di vita. Oltre a capire meglio il livello della presenza della molecola sul pianeta, gli scienziati devono adesso approfondire la scoperta con ulteriori dati e indagini.

Secondo la Nasa, K2–18b è un pianeta “oceanico”, cioè un pianeta che, sulla base della sua composizione chimica dell‘atmosfera, potrebbe avere un oceano. Le osservazioni hanno infatti rilevato una presenza abbondante di metano, anidride carbonica e carenza di ammoniaca.

L’oceano potrebbe però essere troppo caldo per essere abitabile. L’interno del pianeta invece, contiene quasi sicuramente un grande mantello di ghiaccio, simile a Nettuno, ma la sua atmosfera rispetto a quest’ultimo potrebbe essere più sottile e ricca di idrogeno.

L’esistenza di K2–18b è stata scoperta per la prima volta dalla missione K2 della Nasa, effettuata nel 2015 attraverso il telescopio spaziale Kepler. Scoprire il pianeta non è stato molto facile: identificare i gas e le condizioni fisiche di esopianeti come questo è molto difficile per gli scienziati e le scienziate che si occupano di analizzare la loro atmosfera consultando i dati forniti dai telescopi.

La difficoltà più grande è dovuta al bagliore delle stelle madri dei pianeti, che, essendo molto più grandi, riescono a offuscarli rendendo difficile vederli.

Tuttavia, il team di scienziati della Nasa è riuscito a superare questa sfida analizzando la luce proveniente dalla stella madre di K2–18b mentre attraversava la sua atmosfera. E una prima idea sulle sue proprietà atmosferiche è arrivata nel 2019, quando il telescopio Hubble aveva scoperto significative quantità di vapore acqueo, stupendo il mondo della scienza.

E adesso, con il telescopio James Webbc, sono emerse le scoperte più importanti.

In particolare grazie ai due sistemi innovativi a infrarossi contenuti al suo interno: Niriss e Nirspec. I primi risultati sono stati appena pubblicati su The Astrophysical Journal Letters, e presto il telescopio tornerà a scrutare il pianeta.

«I nostri risultati — afferma uno degli autori della ricerca, Nikku Madhusudhan, professore di astrofisica all’University of Cambridge — sottolineano l’importanza di considerare diversi ambienti abitabili nella ricerca della vita altrove».

«Tradizionalmente la ricerca della vita sugli esopianeti si è concentrata principalmente sui pianeti rocciosi più piccoli — continua Madhusudhan — ma i pianeti oceanici più grandi sono significativamente più favorevoli alle osservazioni atmosferiche».

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