Ambiente

L’Italia, con gli Usa, è il maggior finanziatore di fossili al mondo

Il report di Oil Change International è un atto di accusa contro i Paesi che disattendono le promesse, fatte alla Cop26, di evitare i sussidi dannosi per l’ambiente
Credit: Shtterstock
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14 settembre 2023 Aggiornato alle 07:00

Il nostro Paese da gennaio 2023 a oggi ha elargito oltre 1,2 miliardi di dollari, pari a 1,12 miliardi di euro, a progetti fossili sotto forma di sussidi pubblici.

L’Italia disattende così le promesse sottoscritte con la Glasgow Declaration alla Cop26 delle Nazioni Unite, tenuta in Scozia nel 2021.

Gli Stati si erano impegnati a sospendere tutti questi tipi di investimento entro la fine del 2022. Il nuovo rapporto diffuso da Oil Change International fa luce.

Il Belpaese, come si legge nel documento, si è impegnato attivamente in diversi progetti legati a raffinerie e gas, sparsi in tutto il globo e responsabili di grandi quantità di emissioni inquinanti. Le destinazioni spaziano tra Indonesia, Perù, Uzbekistan, Brasile, Mozambico, Turchia e Vietnam.

La nostra Penisola non si accontenta di essere soltanto inadempiente ma vuole proprio distinguersi in negativo a livello internazionale, scalando la classifica delle nazioni che destinano più sussidi alle energie fossili.

Tra il 2019 e il 2021 l’Italia risultava essere il sesto più grande finanziatore di combustibili fossili al mondo. Ebbene, guardando esclusivamente al 2023, ora lo Stivale è addirittura secondo solo agli Stati Uniti d’America, che domina la graduatoria con 1,5 miliardi di dollari distribuiti in questi primi otto mesi dell’anno.

L’Italia supera quindi potenze come la Germania, che chiude il podio, il Giappone, l’Olanda e la Svizzera. Considerando solo le prime sei posizioni della lista, ammontano a circa 4,4 miliardi i dollari trasmessi ai progetti fossili tramite sussidi statali, crediti alle esportazioni e agenzie nazionali di sviluppo. Il dato è allarmante.

I progetti sostenuti con questi fondi risultano naturalmente incoerenti con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e in particolare con il limite anti-riscaldamento globale di 1,5-2 °C. D’altra parte questo traguardo è stato apparentemente dimenticato anche dai leader mondiali che si sono appena riuniti per il G20 in India. Contemporaneamente un rapporto dell’Onu ha evidenziato la cattiva strada intrapresa, con la Terra che si avvia a raggiungere i 2,4 gradi Celsius entro la fine del secolo.

La mobilitazione internazionale Global Fight to end Fossil Fuels, dal 15 al 17 settembre, vede l’adesione di Legambiente nell’ambito della campagna italiana Fuori dall’Energia Fossile. L’associazione ambientalista denuncia come il nostro Paese, invece di puntare sulle rinnovabili, stia diventando «Hub del gas, del trasporto e della cattura del carbonio per l’Europa».

«È fondamentale puntare su massicci investimenti nelle fonti rinnovabili, semplificando le procedure autorizzative, su importanti politiche di efficientamento del patrimonio edilizio, sviluppo di reti, accumuli e comunità energetiche», dichiara Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente, «liberando risorse, eliminando e rimodulando gli oltre 40 miliardi di sussidi ambientalmente dannosi che l’Italia spende ogni anno. Fondamentale, inoltre, puntare su un Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec) ambizioso, portando l’obiettivo di riduzione delle emissioni dal 40,3% al 65%».

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