Ambiente

Climate swap: il Perù ripaga i suoi debiti con progetti ambientali

Lo Stato sudamericano non dovrà restituire 20 milioni di dollari ai creditori a patto di finanziare iniziative di conservazione delle aree protette dell’Amazzonia
Credit: Layerculture.com
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14 settembre 2023 Aggiornato alle 19:00

Invece di restituire 20 milioni di dollari agli Stati Uniti nei prossimi 13 anni, per “ripagare” il suo debito il Perù investirà quella somma nella conservazione delle aree protette dell’Amazzonia, nel miglioramento della gestione delle risorse naturali e nel sostegno ai mezzi di sussistenza sostenibili per le comunità che dipendono dalla foresta pluviale: è il meccanismo degli scambi “debito-natura”, affinato nel corso della 15esima Conferenza sul clima delle Nazioni Unite tenutasi nel 2009 a Copenaghen, quando i Paesi più ricchi si accordarono su diversi modi per finanziare iniziative ambientali in quelli in via di sviluppo.

Noti come debt for environment swap o debt for climate swap, sono sostanzialmente accordi bilaterali o multilaterali in cui il creditore rinuncia parzialmente o interamente alla somma dovuta a fronte di un impegno da parte del debitore a compiere azioni nel campo ambientale.

Tra Stati Uniti e Perù è la terza volta che avviene uno scambio simile, per un totale di 36 milioni di dollari destinati al ripristino e alla conservazione delle foreste tropicali.

L’ultima ratifica è stata possibile anche alla mediazione di quattro organizzazioni non governative: Conservation International (Ci), The Nature Conservancy (Tnc), Wildlife Conservation Society (Wcs) e World Wildlife Fund (Wwf).

A loro volta le associazioni locali gestiranno i fondi in progetti ancora da definire. L’amministratore iniziale delle sovvenzioni sarà però il Fondo fiduciario peruviano per i parchi nazionali e le aree protette (Profonanpe), un’entità nazionale specializzata da 30 anni nella creazione, sviluppo e implementazione di progetti ambientali.

Lo scambio del debito è stato possibile grazie al contributo di 15 milioni di dollari da parte del governo degli Stati Uniti nell’ambito del Tropical Forest and Coral Reef Conservation Act (Tfcca), una legge che offre ai Paesi in via di sviluppo la possibilità di alleviare alcuni debiti ufficiali nei confronti di Washington e, allo stesso tempo, generare fondi in valuta locale per sostenere le attività di conservazione delle foreste tropicali o delle barriere coralline.

Oltre a questo, la Tfcca mira a rafforzare la società civile creando fondazioni locali per sostenere piccole sovvenzioni alle Ong e alle comunità: l’accordo con il Perù rappresenta il 22° accordo basato su questa legge, dopo quelli con Bangladesh, Belize, Botswana, Brasile, Colombia, Costa Rica (due volte), El Salvador (due volte), Guatemala, Indonesia (tre volte), Giamaica, Panama (due volte), Paraguay, Perù (due volte) e Filippine (due volte).

Secondo il Dipartimento del tesoro americano “con il tempo, questi programmi di debito per la natura genereranno più di 380 milioni di dollari per proteggere le foreste tropicali”. Conservaton International, una delle Ong coinvolte nell’accorso, sottolinea come “i fondi provenienti dallo scambio debito-natura proteggeranno tre aree prioritarie dell’Amazzonia peruviana, che coprono circa il 10% del Paese, creando parchi e aree protette”, oltre a “migliorare i mezzi di sussistenza delle popolazioni indigene e delle comunità locali che sono custodi aree delle terre amazzoniche”.

Secondo il Ceo della Ong, M. Sanjayan, lo scambio rappresenta «un momento storico per il Perù, un segnale cruciale da parte del governo degli Stati Uniti e un presagio positivo per il futuro della conservazione mentre perseguiamo modi innovativi per proteggere e valorizzare adeguatamente la natura che sostiene tutti noi».

Negli ultimi anni gli scambi “debito-natura” sono cresciuti notevolmente, suscitando un interesse sempre maggiore dopo l’accordo record da 1,6 miliardi raggiunto lo scorso maggio dall’Ecuador che con l’aiuto di Credit Suisse ha avviato progetti di conservazione delle Isole Galapagos.

Anche la Banca europea per gli investimenti (Bei) si è avvicinata al giro, prevedendo di sostenere entro quest’anno il primo “scambio”: Maria Shaw-Barragan, direttrice dei prestiti presso il ramo Bei Global, ha fatto sapere che soltanto nell’Africa subsahariana esistono dalle 5 alle 10 possibilità.

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