Futuro

Morbo di Parkinson: lo screening agli occhi può diagnosticarlo in anticipo

Grazie a scansioni oculari 3D, i ricercatori dell’University College London hanno scoperto che è possibile identificare le persone soggette alla malattia neurodegenerativa fino a 7 anni prima della comparsa dei sintomi
Credit: Brands&People
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29 agosto 2023 Aggiornato alle 10:00

Gli occhi non mentono. E no, non è una parafrasi di una citazione poetica. Ma il grande risultato di una ricerca scientifica che fa fare un ulteriore passo in avanti nella lotta alle malattie neurologiche degenerative. Nello specifico, in questo caso, al Morbo di Parkinson.

Il merito è di alcuni ricercatori dell’University College London che, con l’aiuto dei colleghi del Moorfields Eye Hospital, hanno scoperto come, attraverso specifiche scansioni oculari 3D si possano identificare le persone soggette al Parkinson fino a 7 anni prima l’avvento sintomi. Lo studio aggiunge prove al fatto che gli occhi sono una finestra sulla salute generale della persona e sulle ricerche riguardanti il sorgere di malattie come l’Alzheimer, la Sclerosi Multipla e la Schizofrenia.

Si tratta di un campo di ricerca emergente, quello cui attraverso lo studio della retina si mira a uno scanner completo neurologico, definito oculomica, che analizza l’insieme dei rilievi oftalmici macroscopici, microscopici e molecolari associati alle malattie, fornendo importanti informazioni cliniche legate alla loro insorgenza.

I risultati della ricerca sul Parkinson sono stati resi pubblici dal team scientifico di Moorfields Eye Hospital su Neurology: «È la prima volta che qualcuno riesce a rilevare i sintomi così tanti anni prima della manifestazione – si legge nella pubblicazione – Questi risultati sono stati possibili grazie al più grande studio svolto finora sull’imaging retinico della malattia del Parkinson».

Gli occhi, infatti, sono l’unica parte del corpo tramite cui è possibile visualizzare, senza interventi invasivi, la circolazione microvascolare e verificare i cambiamenti nel sangue o nel sistema cardiovascolare.

I ricercatori hanno utilizzato l’intelligenza artificiale per confrontare i dati della scansione tomografica a coerenza ottica (Oct) di 700 pazienti che nel tempo hanno sviluppato il Morbo di Parkinson, confrontandoli con altri (più di 100.000) a cui invece non è stato diagnosticato.

Nel dettaglio, hanno notato la differenza di spessore nello strato cellulare interno alla retina. Ma non solo, hanno anche esaminato i dati di oltre 65.000 volontari, iscritti allo studio Uk Biobank, sottoposti a uno screening nella retina.

«Grazie a questo risultato siamo stati in grado di dimostrare che i cambiamenti possono essere osservati fino a 7 anni prima della malattia», ha affermato Pearse Keane, professore di AI medica dell’University College London. «Certamente saranno necessari ulteriori studi affinché si possa diagnosticare, con maggior precisione, preventivamente il Parkinson – continua Keane – ma grazie a questa scoperta, in futuro i pazienti potrebbero essere in grado di sottoporsi a un controllo oculistico di routine per verificare i primi segni».

La scansione Oct, infatti, permette in meno di un minuto di produrre immagini della retina con dettagli fino a un millesimo di millimetro. In questo modo, seppur si tratti di malattie degenerative per le quali attualmente non esiste una vera e propria cura, riuscire a percepire i segnali prima che emergano può dare il tempo di apportare cambiamenti nello stile di vita del paziente e rallentarne l’insorgenza.

A dar fiducia a questa grande scoperta, Claire Bale, direttrice associata della ricerca Parkinson’s Uk: «Il Parkinson si sviluppa gradualmente ed è una malattia che attacca le preziose cellule celebrali. Intervenire prima che inizi questo processo è la chiave per prevenirne la degenerazione – spiega in una dichiarazione a The Guardian – Questa ricerca offre la speranza che le scansioni oculari possano essere utilizzate per identificare le persone a rischio e consentire un vero trattamento preventivo».

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