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Altro che maxi eventi, Roma ha disperatamente bisogno dell’ordinario

Nonostante piccoli miglioramenti, i cittadini hanno l’impressione di essere condannati a rifiuti, verde morente, marciapiedi divelti. E l’amministrazione punta sui maxi eventi e opere che non sono per i residenti
Credit: ANSA/FABIO FRUSTACI
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28 agosto 2023 Aggiornato alle 06:30

È ormai scambio continuo tra gli attori capitolini e il sindaco Gualtieri.

Dopo l’uscita estiva di Sabrina Ferilli, la settimana scorsa sono intervenuti l’attrice Anna Foglietta e, nuovamente, Alessandro Gassman. Il tema è, sempre, quello perenne e irrisolto della spazzatura, che rende la nostra città preda di un degrado sconfinato e la mette ultima come metropoli europea (e forse non solo europea).

Alle celebrità, Sabrina Alfonsi, assessore all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei rifiuti (carica che da sempre, penso, andrebbe divisa in tre assessorati), risponde puntualmente elencando ciò che è stato fatto dall’amministrazione.

E qui già si avverte un senso di disagio, perché quelle stesse segnalazioni fatte dai “vip” sono le stesse che i cittadini fanno ogni giorno, da mesi, sempre inascoltati.

Ma si sa, ai famosi bisogna rispondere e forse è in parte anche normale.

Tuttavia, ciò di cui gli assessori, e il sindaco, faticano a rendersi conto è che la questione della spazzatura è un problema così enorme e così ancora non risolto, pur con tutti i piccoli miglioramenti, che chi vive a Roma ormai ha la sensazione di una condanna. Quella di vivere in mezzo ai rifiuti, sempre, di ogni tipo, in ogni stagione, bagnati dalla pioggia e bruciati d’estate.

L’assurda questione dei rifiuti nelle ville e nelle piazze verdi

Dalle cronache dei giornali, poi, si apprendono particolari francamente inquietanti. a esempio, l’esistenza di piazza “fantasma”, quelle che hanno un po’ di verde, dove praticamente non è chiaro chi debba pulire e che quindi, ovviamente, non vengono pulite.

Voi direte, sono piccole piazzole minori.

No, parliamo di piazze enormi e fondamentali, come Piazza Risorgimento, Piazzale delle Province, e altre ancora.

Lo stesso problema esiste nelle ville storiche: ebbene, nella capitale d’Italia non è chiaro chi debba pulire i rifiuti e svuotare i cestini. Le ditte che si occupano del verde tolgono solo i rifiuti vegetali, per il resto bambini e famiglie possono anche fare i picnic accanto a cestini stracolmi di piatti sporchi e bottiglie.

La soluzione provvisoria del comune, un paradosso nel paradosso, è stata quella di togliere i cestini nelle ville. Col risultato, ovviamente, che la spazzatura resta per terra. Ci sarà un nuovo bando, promette Alfonsi, e le ditte del verde dovranno anche raccogliere. Quando non è dato saperlo e lo scandalo resta.

Sono reduce da un viaggio in Inghilterra e la cosa che più mi ha colpito sono proprio i cestini. Pverché sono letteralmente enormi, posti ogni cento metri circa.

Nei parchi poi, ce ne sono ancora di più, anche con la variante per la differenziata. Oppure cestini solo per le feci dei cani. Come si possono immaginare parchi puliti senza cestini?

Boschi urbani, dove?

Ma c’è un’altra questione che il post di Alessandro Gassman apertamente sollevava.

Quella degli alberi che mancano a Roma, la cui giunta si concentra soprattutto sulle maxi opere. L’attore ha puntato il dito contro il progetto di Piazza Pia, in partenza ora e il sindaco ha pubblicizzato sui social con soddisfazione.

Si tratta di un progetto di pedonalizzazione importante, ma è vero che a guardare come dovrà diventare si ha l’effetto di molto cemento e pochi alberi.

Ce ne saranno duecento, promette l’amministrazione.

Ma il capitolo del verde è un altro di quelli che ti fanno capire quanto Roma stia sprofondando all’indietro. Perché sono più gli alberi che muoiono per siccità o che cadono per grandinate o vento che quelli che vengono ripiantati.

Nelle grandi capitali europee ormai la tendenza è al contrario.

Le città stanno tutte ripiantando alberi massicciamente, tanto che l’effetto è visibile a occhio nudo. Da noi, nei lunghi mesi di siccità e caldo torrido, non si sa dove rifugiarsi, specie nella zona enorme del centro storico, che di alberi è privo. Altro che boschi urbani, mancano persino i piccoli alberi.

Il problema è soprattutto uno: questa amministrazione, esattamente come le altre, punta tutto sui maxi progetti, le grandi opere, in vista di eventi come il Giubileo o, forse, l’Expo.

Ma il problema è che non puoi pensare che una città diventi veramente moderna con le grandi opere, quando manca la base. Ovvero la manutenzione dell’ordinario, la cura delle cose di tutti i giorni, dalle strade, alla raccolta rifiuti, alla cura del verde, ai trasporti.

Che senso ha fare queste maxi opere, magari belle, sicuramente, se poi a pochi metri ci sono le discariche di immondizia (come davanti al Colosseo, ndr)?

Se la gente inciampa e si frattura le gambe per i marciapiedi divelto? Se ci cascano gli alberi addosso e il verde è secco e morente? Se moriamo di caldo perché non ci sono zone d’ombra?

Ma Roma di chi è?

La verità è che a Roma tutti i soldi che ci sono andrebbero messi nella cura dell’essenziale, non nel superfluo. Perché altrimenti l’idea è quella di una capitale del terzo mondo, se non suona offensiva questa definizione per i Paesi più poveri, dove hai il monumento che spicca nel degrado.

No, non siamo come le altre capitali europee.

Le amministrazioni dovrebbero essere umili e dire: questo non lo possiamo fare, perché dobbiamo dare la priorità ad altro. Lo fece in verità Virginia Raggi, quando rifiutò la candidature alle Olimpiadi.

Aveva ragione in un certo senso.

Certo, curarsi dei dettagli, dell’immondizia e dei ratti in vie secondarie, nelle buche in periferia è meno gratificante, meno pubblicizzabile dell’ennesima mai opera o maxi evento. Ma la domanda di fondo resta la stessa: Roma di chi è, dei residenti o di altri? E le opere che vengono fatte per chi sono fatte, per i cittadini che la abitano o per altri? Perché questo è punto andrebbe chiarito.

Se l’obiettivo è il Giubileo e i suoi turisti, è ovvio che la manutenzione dell’ordinario passa in secondo piano. Ma almeno bisognerebbe avere il coraggio di dirlo. Perché no, non si può avere tutto.

In un ecosistema al collasso come quello romano, bisogna fare scelte e decidere le priorità.

È insopportabile continuare a sentire che si sta lavorando e che si risolveranno i problemi, perché non è vero, semplicemente non è possibile.

Roma non è i suoi eventi, Roma è soprattutto di chi ci abita e non sa più che diritti ha.

Perché forse non ne ha più davvero nessuno.

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