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Storia di una bomba e di una città assetata di giustizia

Il 2 agosto 1980 una bomba faceva esplodere la stazione di Bologna, causando morti e feriti. 43 anni dopo è ancora difficile capire chi è stato. Ma è sempre più importante
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5 agosto 2023 Aggiornato alle 09:00

Mercoledì alle 10:25 è risuonato un fischio nella bella città di Bologna. Non era il fischio d’inizio di una partita di calcio né l’avvio di una gara. Era il fischio di un capostazione. E questo fischio non segnava la partenza di un treno ma un tempo che, tanto tempo fa, si è fermato.

Il 2 agosto 1980 alle 10:25, infatti, una grossa bomba nascosta in una valigia è esplosa dentro la stazione dei treni di Bologna. Era agosto e, 43 anni come adesso, ad agosto la stazione brulicava di vacanzieri e viaggiatori. La bomba è esplosa vicino alla sala d’attesa di seconda classe. Era così potente che ha distrutto tutto. Quel giorno sono morte 85 persone e ne sono rimaste ferite 200.

L’Italia era convinta di essersi messa alle spalle un periodo molto brutto della sua storia, fatto di attentati, botte, sequestri tra fazioni di persone che la pensavano in modo molto diverso. Il 2 agosto, l’Italia capì che ci avrebbe messo più tempo del previsto e che i nemici non sono sempre da un lato o dall’altro: i nemici possono anche essere dentro.

Bologna è una città che abbraccia i suoi abitanti. Lo abbiamo visto in questi giorni in cui ha finalmente potuto stringere a sé Patrick Zacki, lo studente egiziano dell’università di Bologna che è stato ingiustamente imprigionato nel suo Paese, l’Egitto.

43 anni fa, Bologna fece lo stesso. Quando scoppiò la terribile bomba non c’era internet, non c’erano gli smartphone: tutta la popolazioni si organizzò come poté. Chi aveva la macchina faceva su e giù tra la stazione e gli ospedali. All’autobus 37 furono subito tolti tutti i sedili per accogliere morti e feriti. I radioamatori usavano i loro microfoni per trasmettere notizie e appelli alla radio.

Trovare i colpevoli non fu facile. Anzi, continua a non essere facile. In pochi mesi si riuscì a incolpare una coppia, Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, che era legata all’estrema destra e aveva già fatto cose bruttissime. Con gli anni si trovò un terzo colpevole, Luigi Ciavardini, e nel 2020, solo 3 anni fa, si è potuto condannare un quarto esecutore, cioè qualcuno che aveva partecipato in prima persona all’organizzazione degli attentati.

Quello che è stato difficile e continua a essere molto complicato è trovare i mandanti, ossia coloro che hanno ordito questo terribile piano e dato l’ordine di realizzarlo. Con il tempo e tantissimi processi, si è capito che, oltre alla responsabilità dei terroristi di destra, c’entrava una fetta marcia dei servizi segreti italiani.

I servizi segreti, anche se partecipano a missioni segretissime, sono comunque parte delle istituzioni: non sono pirati o cowboy solitari, non dovrebbero agire di testa loro. Una parte dei servizi segreti dell’epoca, però, apparteneva a una loggia massonica criminale chiamata P2, una società ancora più segreta dei servizi segreti che aveva bruttissime intenzioni.

Il capo della P2, che si chiamava Licio Gelli, si è dato da fare per depistare le indagini, confondere gli investigatori e gli italiani, puntare il dito contro finti colpevoli. Con il tempo e moltissimi sforzi, però, la giustizia italiana sta ricomponendo il puzzle di questo brutto momento della storia.

Ma perché è così importante trovare i colpevoli di un fatto brutto ma ormai passato?

Per due motivi. Prima di tutto, per evitare che succeda di nuovo. Quella di Bologna è stata una strage neofascista e il neofascismo, purtroppo, sta tornando di moda. E sai perché? Perché la gente ha la memoria corta e si dimentica di quanto sia stato ingiusto, crudele e sanguinario questo momento storico. Se uno non condanna le cose brutte del passato, se le dimentica o le ignora, allora non può riconoscerle nel presente.

E poi quel giorno tanti italiani hanno perso una persona cara in quella stazione: uno zio, una mamma, un amico, dei bambini. Per fare il lutto di qualcuno, cioè per guarire dalla ferita della nostalgia di qualcuno che non c’è più, ci vuole tempo ma ci vuole anche modo. Il lutto è come qualsiasi altra ferita: se ti fai un brutto taglio e non sai cosa fare, rischi di stare peggio di prima. Se invece di pulire la ferita e metterci sopra un bel cerotto, ci butti il sale o lo sporco, non permetterai alla ferita di richiudersi per benino e di fare la cicatrice.

Trovare i colpevoli, i veri colpevoli, permette a chi ha ancora la ferita del lutto di quel giorno di pulirla, finalmente, di metterci sopra il cerotto giusto e di lasciare che il tempo richiuda la cicatrice.

Allora come adesso, Bologna abbraccia. Mercoledì sono state organizzate manifestazioni, spettacoli ed eventi sportivi per ricordarsi di quel giorno brutto e stringersi di nuovo in un abbraccio di gruppo. Bologna abbraccia e ha la memoria lunga - e l’affetto e la memoria sono le fondamenta della giustizia.

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