Ambiente

Crisi clima: il 2022 è stato l’anno più caldo e meno piovoso dal ‘61

Da una parte, è stato superato di 0,58°C il record del 2018 (e di 1°C il valore del 2021), spiega Ispra; dall’altra, c’è stato un calo delle precipitazioni del 22% rispetto alla media tra il 1991 e il 2020
Il fiume Po in secca tra Parma e Reggio Emilia, luglio 2022
Il fiume Po in secca tra Parma e Reggio Emilia, luglio 2022 Credit: ANSA/Andrea Fasani
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18 agosto 2023 Aggiornato alle 14:00

Nel bel mezzo di quella che il segretario delle Nazioni Unite António Guterres ha definito «un’estate crudele» (la stessa estate che ha diviso in 2 l’Italia, tra tempeste e grandinate al Nord e incendi e caldo estremo al Sud), l’Ispra ha diffuso il rapporto Il clima in Italia nel 2022.

Pubblicato con cadenza annuale dal 2006, quest’anno il report si è arricchito di approfondimenti dedicati al clima a livello regionale e agli eventi idro-meteo-climatici e meteo-marini più significativi che hanno interessato la Penisola.

“Con un’anomalia media di +1,23°C rispetto al valore degli ultimi 30 anni - si legge nel rapporto - il 2022 si è distinto come l’anno più caldo per l’Italia dal 1961, superando di 0,58°C il precedente record assoluto del 2018 e di 1,0°C il valore dell’anno 2021”.

Eccezion fatta per marzo e aprile, ogni mese dell’anno è stato più caldo della media: temperature superiori a 2°C si sono registrate a giugno, che ha visto un picco di +3,09°C, e nei mesi di luglio, ottobre e dicembre. La stagione con l’anomalia più marcata è l’estate, con una media di +2,18°C, seguita dall’autunno, caratterizzato da +1,38°C e dall’inverno, con +0,58°C.

Non solo è stato l’anno più caldo dal 1961, ma anche il meno piovoso, con una diminuzione delle precipitazioni del 22% rispetto alla media climatologica 1991-2020.

“Queste condizioni prolungate di siccità - scrivono gli esperti - associate alle alte temperature, hanno determinato una forte riduzione della disponibilità naturale di risorsa idrica. A livello nazionale, nel 2022 si è, difatti, stimata una disponibilità annua di 221,7 mm (ca. 67 km3), che rappresenta il minimo storico dal 1951 a oggi”.

I mesi più secchi sono stati ottobre e gennaio, mentre il mese più piovoso, sorprendentemente, è stato quello di agosto. Le anomalie più rilevanti si sono registrate al Nord della Penisola, che ha visto un calo delle precipitazioni del 33%, seguito dal Centro Italia (15%) e poi dal Sud e dalle Isole (13%).

Anche nel 2022 non sono mancati gli eventi estremi. Prima tra tutti, l’alluvione che ha investito le Marche a settembre, con precipitazioni giornaliere che hanno superato localmente i 400 mm e che hanno provocato 12 vittime, 150 persone sfollate e danni per 2 miliardi di euro.

Ma l’anno scorso si è verificato anche un evento meteo marino eccezionale nell’Alto Adriatico, “connesso al fenomeno della ciclogenesi alpina, che ha fatto temporaneamente registrare valori di innalzamento del livello del mare sotto costa anche superiori a 200 cm (tra i più alti delle serie storiche esistenti), che hanno reso necessaria l’attivazione delle barriere del MOSE di Venezia”.

A livello nazionale, gli studi effettuati dall’Ispra sulla base dei dati meteorologici ufficiali dimostrano già da tempo un trend crescente delle aree del Paese soggette a siccità e dell’aumento generale delle temperature. Ulteriore conferma di questa tendenza è arrivata dalle notizie delle ultime settimane che descrivono il mese di luglio 2023 come il più caldo mai registrato fino a oggi.

Tuttavia, come spiega a La Svolta la climatologa Valentina Pavan, co-autrice del rapporto Ispra Snpa, il problema non sono i picchi massimi di temperatura, che sono già stati registrati in passato, ma la frequenza con cui si verificano. «Il punto da tenere a mente è che il 2022 è stato caldo, ma lo è stato anche il 2021 - spiega Pavan - I 10 anni più caldi della serie si sono verificati quasi tutti negli ultimi 10 anni. Questo significa che la capacità dell’ecosistema di riprendersi da un’anomalia climatica viene ridotta. Infatti, se a un’anomalia climatica ne succede immediatamente un’altra, non c’è un tempo di recupero e, di conseguenza, l’ecosistema è costretto ad adattarsi a quella che non è più una semplice anomalia, bensì un nuovo clima».

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