Economia

Cultura in vacanza: per il 47% i prezzi sono troppo alti

Secondo l’Osservatorio Impresa Cultura Italia, quest’estate il 25% dei turisti visiterà siti archeologici e musei, ma solo 1 su 4 è soddisfatto dell’offerta. I rincari, inoltre, frenano le famiglie
Credit: Dim 7
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1 agosto 2023 Aggiornato alle 13:00

L’Osservatorio Impresa Cultura Italia, in collaborazione con l’Istituto Swg, ha condotto un’indagine riguardo i consumi culturali degli italiani; è emerso che saranno proprio le attività culturali al centro delle vacanze estive di quest’anno: il 25% dei turisti ha pianificato di visitare siti archeologici e musei, mentre il 14% intende visitare mostre. In questo senso, i più esigenti sono soprattutto i 35-54enni, ma sono rilevanti anche le differenze geografiche: penalizzati il Meridione e le Isole (per alcuni ambiti anche il Nord-Est).

Le visite culturali restano, per la maggior parte degli italiani, strettamente legate alle vacanze. A disincentivare questi consumi sono soprattutto, per il 47% degli intervistati, i prezzi. L’inflazione ha un ruolo importante: l’aumento dei costi, che si ripercuote anche su questo settore, diminuisce il numero di visite.

A fronte del calo di visitatori si registra, però, un aumento della spesa media (circa 65 euro a famiglia, che cresce nel periodo estivo a 100); sale inoltre la quota di intervistati che ritiene giusto che l’offerta culturale sia finanziata con denaro pubblico (+5% da settembre a dicembre 2022).

Per il 31% dei viaggiatori, i luoghi d’interesse culturale, i musei e i siti archeologici non rispettano le aspettative legate all’offerta; a livello nazionale, solo 1 visitatore su 4 è soddisfatto.

«Se consumo e offerta culturale si legano infatti alla sola occasionalità della destinazione turistica prescelta, le iniziative culturali non si evolvono nei linguaggi e nelle modalità di fruizione, e saranno ancora percepite come insufficienti o inadeguate. Serve ripensare la stessa offerta oltre il tempo di una stagione, affinché questa non si limiti a intercettare i flussi turistici, ma riesca a soddisfare una domanda più consapevole e stabile di esperienze di cultura, riportando qualità, reputazione e valore sul territorio», ha dichiarato Carlo Fontana, Presidente di Impresa Cultura Italia.

L’Italia, che detiene il maggior numero di Siti Unesco Patrimonio dell’Umanità (58), vanta 4.000 musei, 6.000 aree archeologiche, 85.000 chiese soggette a tutela e 40.000 dimore storiche. Un patrimonio che nel 2021 valeva 986 miliardi di euro, come documenta il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato; di questi, le sole opere d’arte valevano 174 miliardi di euro, il 10,4% del Pil.

Il Patrimonio viene tuttavia valorizzato molto meno rispetto agli altri Paesi. La spesa pubblica destinata a servizi culturali (che includono anche tutela e valorizzazione delle opere) è ben al di sotto della media europea: nel 2022 l’Istat stimava 5,1 miliardi di spesa pubblica, al di sotto dei 14,8 e 13,5 miliardi investiti da Francia e Germania.

Ma il patrimonio culturale non è solo legato alla spesa pubblica e alle visite. Come rivela la ricerca Heritage del programma studi Espon, condotta in 11 Paesi Ue, le attività legate a questo ambito hanno creato il 2,1% dell’occupazione nell’insieme dei Paesi oggetto di studio, generando un fatturato pari a quasi 84 miliardi di euro (2016).

In particolare, sono il turismo e l’edilizia a creare più lavoro e profitti. I ricercatori sottolineano anche l’importanza per il benessere della società, ricordando i risultati del sondaggio dell’Eurobarometro (del 2017) secondo cui per il 71% degli intervistati vivere vicino alla bellezza può migliorare la qualità della vita e il senso di appartenenza all’Ue.

L’Italia è prima per ricavi e tra i Paesi che vantano una maggiore concentrazione di beni culturali e di musei, biblioteche e archivi. Il settore edilizio, inteso come l’insieme degli interventi di recupero e restaurazione di edifici eseguiti da aziende specializzate nel settore delle costruzioni, genera un fatturato pari al 32% del settore turistico, dando occupazione al 25% di chi svolge un un’attività lavorativa legata al patrimonio culturale (sempre secondo i dati del 2016).

Investire nel patrimonio e nelle attività legate alla cultura rappresenta quindi un grande volano per l’economia, stimolando il turismo interno ed estero, e creando maggiore occupazione ed entrate.

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