Bambini

Immigrazione: le difficoltà dei minori a Lampedusa

Qualche giorno fa, erano più di 2.000 i migranti nell’hotspot dell’isola. A soffrire maggiormente per l’instabilità che la fuga dal proprio Paese comporta: i bambini, spesso non accompagnati
Credit: EPA/Adriel Perdomo
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26 luglio 2023 Aggiornato alle 17:00

La maggior parte delle volte se ne parla solo quando la notizia non può passare inosservata; quando decine o, peggio, centinaia di migranti sono morte risucchiate dal Mediterraneo, spesso a causa di ritardi e inefficienze da parte di chi dovrebbe fornire soccorso: parliamo di sbarchi e, in particolare, di quelli che, in maniera costante, stanno affollando il porto di Lampedusa.

Qualche giorno fa erano 2.241 gli ospiti dell’hotspot di Lampedusa; 700 sono stati trasferiti a Cala Pisana per essere imbarcati sulla nave militare Dattilo (che farà rotta verso Catania e Angusta); altri 400 circa verranno imbarcati sul traghetto Lampedusa che si sposterà verso Trapani e da lì verranno smistati e smistate tra Emilia-Romagna, Veneto, Campania, Lombardia e Liguria.

Ma gli sbarchi non si fermano: infatti, solo nella notte del 22 luglio, gli approdi hanno raggiunto soglia 17, per un totale di 698 persone. E ancora 15 la notte successiva.

Ma a soffrire maggiormente questa condizione precaria e itinerante sono i minori non accompagnati. Fino a qualche giorno fa, infatti, si contavano 910 bambini rimasti per giorni, spesso settimane, nell’hotspot, nella struttura di Contrada Imbriacola; lunedì 24 luglio, 170 minorenni ospiti della struttura sono stati accompagnati dalla Polizia all’aeroporto, per essere trasferiti a Bari. La scorsa settimana, poi, 14 ragazzi hanno cercato di allontanarsi per fuggire (senza successo) dall’hotspot.

Queste condizioni di incertezza, paura, rabbia alcune volte (insieme all’idea di dover rimare in strutture stracolme con le temperature record di queste settimane) contribuiscono ad alimentare un clima di tensione e possibili risse, come quella avvenuta qualche giorno fa all’interno dell’hotspot di Lampedusa, che ha visto coinvolti minori provenienti da Tunisia e Sudan.

Il Sudan del Sud sta vivendo una delle crisi umanitarie più gravi del mondo, a causa di una guerra che dura da 4 anni: è proprio questa violenza la ragione principale degli esodi di massa, che porta la popolazione civile a spostarsi anche verso altri Stati. Ma la maggior parte dei minori (tra bambini e bambine, ragazzi e ragazze che hanno 12 o 13 anni) partono dalla Tunisia e, soprattutto, dalla zona Subsahariana dell’Africa.

Di Tunisia si è parlato molto nelle ultime settimane, per il memorandum d’intesa siglato con l’Ue che, tra i vari temi, si concentra sull’immigrazione. L’obiettivo europeo è diminuire il numero degli arrivi irregolari, anche in Italia: nel 2023, infatti, oltre il 50% delle partenze verso le coste italiane è avvenuto dalla Tunisia, invertendo un trend che ha visto per anni la Libia come il principale punto di partenza nel Mediterraneo Centrale.

L’accordo risulta quindi simile a quello stipulato nel 2016 con la Turchia, poi con la Libia nel 2017: accordi che, però, stando ai dati, non hanno effettivamente contribuito a migliorare la situazione. Infatti, nel 2023 si è registrato un aumento degli arrivi irregolari: sono, infatti, circa 80.000 le persone sbarcate attraverso il Mediterraneo dall’inizio dell’anno.

Il copione sembra essere molto simile anche per quanto riguarda le condizioni in cui versano le persone migranti in questi Paesi: come in Libia, infatti, anche in Tunisia spesso donne, uomini e bambini, sono costretti e costrette a sopportare condizioni disumane, spesso paragonabili a vere e proprie forme di tortura. Proprio in Tunisia, il presidente Saied sta alimentando una forte ondata di razzismo nei confronti delle persone provenienti dalla zona subsahariana dell’Africa: il motivo, ancora una volta, è la sostituzione etnica.