Economia

Grano ucraino, salta l’accordo: si teme per le aree più povere

Il ministro degli Esteri dell’Ucraina Dmytro Kuleba: «i prezzi saliranno in tutto il mondo». Africa, Medio Oriente e Asia Meridionale (i principali acquirenti) le regioni più a rischio
Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba
Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba Credit: Bianca Otero/ZUMA Press Wire
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21 luglio 2023 Aggiornato alle 09:00

Il 17 luglio è scaduto l’accordo sull’esportazione del grano ucraino, siglato in seguito alla crisi economica e commerciale esplosa nel 2022 con l’invasione russa: crisi che ha colpito duramente le aree più povere del Pianeta, da quelle africane alle mediorientali.

Firmato lo scorso anno da Ucraina e Russia, con la mediazione delle Nazioni Unite e del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, e rinnovato 2 volte, l’accordo consentiva il transito nel Mar Nero di decine di milioni di tonnellate di grano, di cui l’Ucraina è tra le maggiori esportatrici a livello globale: si stima che nel 2021, alla vigilia del conflitto, ammontassero a circa 6 miliardi di dollari.

Il presidente Erdogan aveva garantito il rinnovo dopo un colloquio con il Putin; tuttavia il patto è saltato a seguito dell’attentato al ponte di Kerch, che collega la Crimea occupata alla Russia. Oggi Mosca chiede, per ratificare l’accordo, lo stop alle sanzioni per l’export di cereali e fertilizzanti e la riconnessione al circuito Swift della Banca Agricola russa.

Barbara Woodward, rappresentante permanente del Regno Unito all’Onu, accusa Mosca di «cinica politica dal rischio calcolato», mentre Giorgia Meloni considera «un’offesa contro l’umanità» usare la «principale materia prima che sfama il mondo» come arma.

Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, ha affermato che il prezzo dei cereali fosse già in crescita sui mercati dopo la notizia di lunedì che la Russia non aveva rinnovato l’accordo. «La decisione odierna della Federazione Russa sferrerà un duro colpo alle persone bisognose di tutto il mondo. Ma non fermerà i nostri sforzi per facilitare l’accesso senza ostacoli ai mercati globali di prodotti alimentari e fertilizzanti sia dall’Ucraina che dalla Federazione Russa» ha spiegato.

Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, ha dichiarato che, senza proroga, «i prezzi del grano in tutto il mondo aumenteranno di nuovo». Ha poi affermato che «La Russia ha lentamente ucciso l’accordo sul grano da un’estensione all’altra» ricordando che dall’anno scorso «i prezzi alimentari globali sono scesi del 20%», mentre la mancata ratifica indicherà un nuovo aumento dei prezzi. Il ministro ritiene che Mosca «usi la fame come strumento» per ricattare il mondo intero.

Il World Food Program aveva stimato, tra maggio 2020 e fine 2022, un incremento del 199% del costo dei fertilizzanti. L’accordo con Mosca ne aveva frenato l’ascesa, ma ora i prezzi potrebbero tornare a correre.

I Paesi che maggiormente soffriranno di queste tensioni sono quelle con maggiori difficoltà economiche o instabilità politica: secondo le Nazioni Unite, circa il 15,2% del grano esportato dal Mar Nero è stato consegnato a Paesi del Nord Africa e Medio Oriente, il 2,7 in Africa Sub-Sahariana, il 6% in Asia del Sud, mentre quasi la metà sono stati destinati all’Asia Centrale e all’Europa (48,7%).

Yemen, Afghanistan e Sudan, che sono stati aiutati dal World Food Program a reperire risorse di base, oggi si trovano esposti a una grave crisi alimentare. L’anno scorso in Yemen, Paese dilaniato dalla guerra civile, Oxfam aveva lanciato l’allarme: erano a rischio esaurimento le poche scorte alimentari ed era difficile reperire sul mercato farina, grano e zucchero, il cui prezzo aveva subito un incremento medio del 30%; in Sudan, il World Food Program spiega che la guerra civile scoppiata ad aprile “sta provocando ripercussioni di insicurezza alimentare in una regione già fragile”, prevedendo che gli scontri “spingeranno alla fame 2,5 milioni di persone, portando il totale complessivo a 19 milioni, pari al 40% della popolazione del Paese”.

Secondo dati della Banca Africana di Sviluppo (African Development Bank - Afdb), le economie del Continente spendono in media l’equivalente di 75 miliardi di dollari l’anno nelle importazioni di materie cerealicole. Solo nel 2020, 15 Paesi africani si sono rivolti a Russia o Ucraina per almeno la metà dei propri acquisti, mentre altri 6 (Benin, Eritrea, Egitto, Gibuti, Sudan, Tanzania) si sono spinti oltre la soglia del 70%.

Questi dati sono da tenere in considerazione in vista del prossimo summit a San Pietroburgo il 27 e il 28 luglio con i Paesi africani, ai quali Putin aveva garantito rifornimenti “senza costi aggiuntivi” anche nel caso in cui l’accordo fosse saltato.

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