Futuro

La complessità non è facile

I social media sono essenziali per l’espressione delle idee e la circolazione delle informazioni indipendenti ma anche ottimi strumenti di repressione e di accrescimento del potere. Come fare? Impariamo dall’ecologia
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7 luglio 2023 Aggiornato alle 06:30

I media sociali non sono soltanto mezzi di comunicazione: sono i luoghi nei quali la società si esprime, agisce, evolve dal punto di vista culturale. I media sono l’ambiente nel quale le menti delle persone si connettono generando fenomeni sociali di ogni tipo. E poiché i media sono artefatti, le società cercano il modo di attribuire in modo giusto i vantaggi e le responsabilità di ciò che vi avviene e di quello che provocano. Ma è un compito obiettivamente molto difficile. Le notizie si susseguono. La complessità è evidente. Il discernimento necessario a distinguere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato diventa sempre più difficile.

In Francia, le proteste dei giovani che si sono riconosciuti nel ragazzo di 17 anni ucciso dalla polizia si sono trasformate in un incubo per l’ordine pubblico. I social media sono stati chiamati in causa dal Governo per aver permesso la diffusione di varie forme di incitamento alla violenza.

Lo Stato ha chiesto alle piattaforme di intervenire per limitare questo fenomeno. I sostenitori della libertà di espressione hanno denunciato il tentativo di reprimere le proteste strumentalizzando i social media.

Il Governo ha sostenuto che di deve essere un limite: in alcuni casi i messaggi dei contestatori contenevano l’indirizzo di casa dei poliziotti e incitavano alla vendetta. È chiaro che è questione di trovare il giusto equilibrio.

Ma è altrettanto chiaro che, prima di tutto, è questione di lanciare un messaggio chiaro sul tema più importante: il ragazzo non doveva essere ucciso. Lo Stato che ammetta subito il proprio torto si difende meglio. I fenomeni che avvengono sui social media sono anche frutto di dinamiche autoreferenziali: la soluzione si trova spesso uscendo da quelle dinamiche e andando ai fatti.

In Lussemburgo, la Corte europea ha stabilito che è legale per le autorità connettere la normativa sulla privacy e quella sull’antitrust per limitare l’arbitrio delle grandi piattaforme digitali.

Meta in particolare aveva tentato di difendersi in Germania dall’accusa secondo la quale la sua decisione di combinare i dati di Facebook con quelli di Whatsapp per targettizzare meglio la pubblicità senza il consenso degli utenti era una pratica anticompetitiva.

Facebook aveva tentato di difendersi dicendo che si trattava di una abusiva combinazione di norme sulla privacy e norme sull’antitrust. La Corte ha dato ragione all’accusa tedesca. Un approccio legalisticamente autoreferenziale ha perso. Ha prevalso la logica di guardare alla struttura dei fatti.

In Europa, in vista delle elezioni del prossimo anno, ci si aspetta un aumento della disinformazione.

Peraltro, uno dei problemi dell’intelligenza artificiale è che questa tecnologia faciliterà non soltanto la targettizzazione dei messaggi contenenti false informazioni come già avviene, ma l’industrializzazione della produzione di disinformazione in quantità molto grandi. È un fenomeno potenzialmente molto rilevante.

«Nelle società democratiche tecnologicamente avanzate, media, politica e cittadinanza sono strettamente connessi tra loro», scrive Michael Newman, autore di Media. Una cassetta degli attrezzi (Einaudi 2023): «I media costituiscono la fonte di buona parte della nostra conoscenza della politica e delle questioni globali, nazionali e locali».

I media costruiscono la lista delle priorità, creano quadri interpretativi per comprendere ciò che avviene, favoriscono particolari stati d’animo e atteggiamenti più o meno orientati alla paura, alla rabbia, al pessimismo o, al contrario, all’euforia e alla fiducia.

Per comprendere come difendersi dalla disinformazione e allo stesso tempo valorizzare la conoscenza che serve per costruire un terreno comune nel quale vivere appieno la convivenza civile occorre uscire dal semplice gioco autoreferenziale del confronto delle informazioni riportate in rete e formarsi un metodo che possa connettere alle fonti documentate delle notizie.

Ciò che circola in rete può avere effetti depressivi, può servire alla manipolazione delle coscienze, può rafforzare il potere annullando la qualità della conoscenza che serve a valutarne criticamente il ruolo. Ma risolvere il problema curando le persone che si ammalano dopo un eccessiva dose di falsità sui media digitali, o tentando di controbilanciare le fake news con il factchecking, non è il modo più efficace di difendere la qualità della vita sociale.

È tempo di investire nella prevenzione, impegnandosi a costruire un sistema dei media più sano.

Le leggi possono aiutare. Le aziende illuminate possono essere decisive. Le start up orientate alla qualità della conoscenza possono innovare. Ma le persone devono maturare un profondo senso critico e una dieta mediatica più sana. Il problema è sistemico e si affronta con una forte consapevolezza ecologica. Nessuno ha detto che sarà facile.

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