Diritti

Shell avrebbe guadagnato “denaro insanguinato”russo

Secondo la Ong Global Witness, la società avrebbe proseguito l’attività di compravendita più di un anno dopo essersi impegnata a interromperla, accumulando milioni di dollari
Credit: Marcus Brandt/dpa
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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4 luglio 2023 Aggiornato alle 08:00

“A un anno dalla promessa di ritirarsi dal mercato energetico russo, Shell sta ancora accettando denaro insanguinato dal commercio del gas russo. Quante altre persone devono morire per mano di armi pagate con i profitti dei combustibili fossili russi finché queste aziende non manterranno la parola data?”.

Le parole di Oleg Ustenko, il consigliere economico del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, arrivano a seguito dell’indagine di Global Witness, la Ong impegnata nel versante delle violazioni ambientali e dei diritti umani con sedi nel Regno Unito e negli Stati Uniti.

Secondo il rapporto il gigante energetico Shell ha continuato a commerciare enormi quantità di gas naturale liquefatto (GNL, ovvero gas metano in stato liquido e non solido) russo in tutto il mondo da quando il Paese ha invaso la vicina Ucraina il 24 febbraio 2022, “guadagnando probabilmente centinaia di milioni di dollari”.

L’8 marzo 2022, in un comunicato stampa ancora reperibile online, l’azienda, che ha la propria sede centrale a Londra, aveva annunciato la sua intenzione “di ritirarsi dal suo coinvolgimento in tutti gli idrocarburi russi, inclusi petrolio greggio, prodotti petroliferi, gas e gas naturale liquefatto (GNL) in modo graduale, in linea con le nuove linee guida del governo”.

In seguito, però, aveva chiarito che l’interruzione del gas avrebbe richiesto tempo a causa delle preoccupazioni relative alla sicurezza energetica europea. In una dichiarazione sul suo sito web (aggiornata al 3 luglio 2023) la società sostiene di aver “interrotto gli acquisti spot di GNL russo”, ma di avere “ancora un impegno contrattuale a lungo termine in corso”. La Shell ha rifiutato di rispondere alle conclusioni di Global Witness. Secondo il rapporto, le esportazioni di GNL della Russia stanno contribuendo a finanziare la guerra in Ucraina e nel 2022 valevano circa 21 miliardi di dollari.

«È abbastanza semplice: continuando a commerciare con il gas russo, la Shell sta mettendo soldi nelle tasche di Putin e sta contribuendo a finanziare la brutale aggressione della Russia contro il popolo ucraino - ha dichiarato Ustenko - Il commercio di gas non è diverso dal commercio di petrolio russo, ogni goccia del quale significa altro spargimento di sangue. Le ingenti somme che la Shell e l’intera industria petrolifera hanno guadagnato in Russia dovrebbero essere utilizzate per aiutare a finanziare la ricostruzione dell’Ucraina, piuttosto che riempire le tasche dei loro azionisti».

Secondo l’analisi di Global Witness l’8% del commercio di GNL di Shell ha origine in Russia: probabilmente, spiega la Ong, il gigante petrolifero “ha tratto un profitto di centinaia di milioni dal GNL russo” e si è classificato tra le prime 5 compagnie che hanno commercializzato il GNL russo nel 2022, così come la Russia figura tra i primi 5 Paesi da cui la Shell si è rifornita del GNL commercializzato.

“Finora il commercio di GNL russo è rimasto legale e giustificato dalla stessa Shell con il pretesto di garantire la sicurezza energetica dell’Europa”, eppure l’analisi mostra che la maggior parte del gas naturale liquefatto russo commercializzato dall’azienda “non è andato a beneficio dell’Europa, con poco più di un terzo che è finito negli Stati europei”. La maggior parte di questo GNL (58%) “è stato esportato in Asia”. I calcoli sul commercio di GNL della Shell sono stati condotti utilizzando i dati forniti dalla società di dati sul commercio di materie prime Kpler, riporta Global Witness.

«Il fatto che gran parte di questo commercio sia finito lontano dall’Europa distrugge assolutamente la falsa argomentazione che il commercio del GNL russo sia necessario per mantenere l’Europa sicura dal punto di vista energetico. I giganti dei combustibili fossili come la Shell hanno voluto prendere le distanze dalla Russia, nell’ambito del giusto contraccolpo morale che la guerra ha creato, ma quando si tratta di GNL si tratta di affari come al solito», ha dichiarato il senior campaigner di Global Witness, Jonathan Noronha-Gant.

«Non si può giustificare la continuazione del commercio del GNL russo, dato che rappresenta miliardi per il forziere di Putin. È da tempo che il commercio del GNL russo viene guardato con lo stesso disgusto del commercio del petrolio russo. Prendere di mira le entrate energetiche di Putin non può limitarsi a misure simboliche, ma deve concretamente porre fine alle enormi somme destinate ai combustibili fossili che cementano il suo potere», ha aggiunto.

Secondo Noronha-Gant Paesi come il Regno Unito, dove ha sede la Shell, dovrebbero tagliare la domanda di GNL russo e richiamare le compagnie che continuano a trarre profitto mentre la popolazione ucraina continua a essere un bersaglio degli attacchi russi. Per questo la Ong chiede al Regno Unito e agli Stati membri dell’Ue “di vietare le importazioni e il commercio di GNL russo da parte delle società con sede nelle loro giurisdizioni. Nel frattempo, tutti i profitti e i dividendi ricevuti da queste società dall’inizio della guerra grazie alle operazioni russe dovrebbero essere soggetti a un’imposta del 100%”.

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