Diritti

Immigrazione: che cos’è la Dichiarazione di Rabat?

Firmata durante la terza consultazione globale dedicata alla salute di rifugiati e migranti, sottolinea l’importanza della registrazione di chi fugge dal proprio Paese come forma di tutela psico-fisica e sociale
Credit: Karpov/SOS Mediterranee
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5 luglio 2023 Aggiornato alle 07:00

A metà giugno è stata firmata in Marocco la Dichiarazione di Rabat nel corso della terza consultazione globale dedicata alla salute dei rifugiati e dei migranti. Il 13, 14 e 15 giugno sono state giornate cruciali che hanno visto la partecipazione di alcune organizzazioni dell’Onu tra cui la World Health Organization (Who), United Nations High Commissioner for Refugees (Unhcr) e l’International Organization for Migration (Iom), da sempre molto attente e attive riguardo a questa tematica. Questo documento ha aumentato notevolmente la responsabilità politica globale, di cui già si era parlato nel 2022 con la Dichiarazione di Erice (facendo riferimento a una sfida di equità).

Ora, invece, si percepisce maggiore concretezza e speranza, in quanto a Rabat tutti i partecipanti hanno rimarcato, in particolare, la forte esigenza di assicurare la registrazione dei rifugiati per tutelare il loro stato psico-fisico e la protezione sociale. Questi, infatti, a differenza dei migranti, non possono ritornare nel proprio Paese per motivi di sicurezza e hanno bisogno di trovare un sostegno altrove.

La documentazione sancisce fortemente l’inclusione nei sistemi sanitari nazionali e l’accelerazione verso un netto miglioramento del benessere generale, esaminando e fronteggiando le ragioni che stanno portando queste persone a vivere in una situazione di continuo disagio. L’Unhcr ha già lanciato, ormai da tempo, l’allarme riguardo il crescente numero di persone costrette a lasciare il proprio Paese per svariati motivi, come carestie, crisi climatica, povertà in aumento e conflitti che, purtroppo, sembrano non finire mai.

La guerra russo-ucraina, a esempio, sta incidendo notevolmente nell’accrescimento di questo fenomeno. Solo nel mese di dicembre 2022, il numero di rifugiati ammontava a 4.800.000, dato pubblicato sul sito del Consiglio Europeo tramite l’analisi effettuata sempre dall’Unhcr. Il rapporto Global Trends per la Giornata mondiale del rifugiato dichiara, invece, che nei primi mesi del 2023 gli individui fuggiti dalle loro case sono state in totale 110.000.000.

Uomini, donne, bambini, famiglie riunite che hanno lo stesso scopo: cercare nei territori più abbienti una via di fuga per ricominciare da capo, in maniera serena. Prendono questa scelta con la consapevolezza che non sarà facile. Ogni giorno in tutto il mondo migranti e rifugiati mettono a rischio la propria vita per conquistare la salvezza che si meritano.

La strada da percorrere è caratterizzata da traversate via mare che sembrano infinite, lunghi tragitti a piedi o con mezzi a 4 ruote spesso non a norma. Si trattano di situazioni estremamente drammatiche dove anche la salute viene compromessa e continuano a emergere crudeltà e una forte incertezza rellativa all’effettivo punto di arrivo.

Sulla base di questo scenario, risulta imprescindibile l’impegno attivo, come mostra anche la Dichiarazione di Rabat, dei Paesi ospitanti affinché vengano adottate delle politiche sanitarie capaci di applicare e portare avanti delle azioni che tengano realmente conto delle esigenze specifiche di salute da preservare.

L’Italia risulta essere il primo punto di riferimento in Europa. La sede italiana del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef) ha pubblicato dati che fanno molto riflettere: fino a qualche giorno fa, gli arrivi sono stati “più di 54.200, tra cui 9.200 minori e inclusi almeno 6.000 non accompagnati”. Oggi è in vigore la nuova Legge 50/2023, conosciuta anche come Decreto Cutro, che però rimuove, insieme ai corsi di lingua italiana e l’orientamento legale, i servizi di assistenza psicologica.

In questo modo, lo status di vulnerabilità, malessere e infelicità continuerà sempre a caratterizzare la vita dei migranti e rifugiati. Se prima la patologia di malessere psicologico veniva considerata nell’insieme generale (ovvero, quello delle malattie fisiche e non), adesso chi si trova in “condizioni di salute derivanti da patologie di particolare gravità, non adeguatamente curabili nel Paese di origine da accertarsi mediante idonea documentazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale” può essere esente dall’espulsione. Quindi, in parole semplici: nei casi in cui una persona stia fisicamente male ma la patologia non sia reputata grave e accertata da una documentazione ritenuta valida, quella persona rischia di essere espulsa (in caso contrario, è possibile ottenere il permesso di soggiorno).

Eppure, l’Art. 32. della Costituzione italiana tutela la salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”. I migranti e i rifugiati rientrano proprio in questa ultima specifica e anche la Dichiarazione di Rabat lo sottolinea più volte.

Il diritto alla salute è e rimarrà sempre indispensabile. Deve essere esteso concretamente a tutti gli esseri umani e senza un sistema capace di garantire ciò, anche gli altri diritti verranno sempre più compromessi con il passare degli anni.

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