Diritti

Qatar 2022, Amnesty: lavoratori ancora senza giustizia

A 6 mesi dalla fine dei Mondiali, migliaia di migranti impiegati nel settore della sicurezza non hanno ancora ricevuto alcun risarcimento, nonostante i gravi abusi subiti fossero noti già oltre 1 anno fa
Lusail Stadium, Qatar
Lusail Stadium, Qatar Credit: Sorin Furcoi/Al Jazeera
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
22 giugno 2023 Aggiornato alle 07:00

“I lavoratori migranti nel settore della sicurezza privata del Qatar continuano a essere soggetti a gravi abusi sul lavoro, incluso il lavoro forzato. I resoconti delle guardie di sicurezza e degli ufficiali di sicurezza intervistati da Amnesty International rivelano un’ampia gamma di abusi e sfruttamento che hanno luogo in 8 società di sicurezza private. Questi includono orari di lavoro eccessivi, mancanza di giorni di riposo e sanzioni pecuniarie arbitrarie o sproporzionate, nonché sottopagamento del lavoro straordinario, condizioni di lavoro potenzialmente pericolose, condizioni di vita al di sotto degli standard e discriminazioni basate su razza, nazionalità e lingua”.

Era l’aprile del 2022 e Amnesty International denunciava le violazioni sistematiche e strutturali nel settore della sicurezza privata in Qatar nel report They think that we’re machines. Sono passati 14 mesi, i riflettori sui mondiali si sono spenti, ma centinaia di lavoratori migranti sono rimasti senza giustizia. A dirlo è di nuovo l’organizzazione internazionale, in un lungo comunicato che a 6 mesi dalla fine di Qatar 2022 fa il punto su quello che è stato fatto e, soprattutto, su quello che non è stato fatto.

“Gli organizzatori dei mondiali erano ampiamente a conoscenza dei problemi ma non hanno posto in essere misure adeguate per proteggere i lavoratori, anche dopo che questi avevano denunciato direttamente la situazione di sfruttamento - ha dichiarato Steven Cockburn, direttore del programma Giustizia economica e sociale di Amnesty International - Sono passati 6 mesi dalla fine dei mondiali ma Fifa e Qatar devono ancora istituire un meccanismo efficace e accessibile per consentire ai lavoratori di ricevere giustizia e risarcimenti dovuti. Spetta alla Fifa ora offrire immediati e significativi rimedi per le violazioni dei diritti umani subite dai lavoratori”.

Pagamento forzato (e illegale) delle agenzie di reclutamento (e altri costi relativi), dichiarazioni ingannevoli riguardo i termini e le condizioni del loro impiego sono solo alcune delle violazioni dei diritti umani subite dai lavoratori del settore della sicurezza ai mondiali in Qatar. Lavoratori che, finito il proprio contratto, non hanno avuto alternative se non quelle di tornare nel proprio Paese, senza poter chiedere rimedi o risarcimenti. Secondo il sistema introdotto dal Qatar, infatti, è sì possibile inoltrare reclami, ma è obbligatorio farlo dall’interno del Paese e non è in alcun modo possibile presentarli da remoto.

Le informazioni riguardano gli addetti alla sicurezza e ai flussi e deflussi di persone, sotto contratto con Teyseer Security Services. Amnesty, che ha intervistato 22 lavoratori provenienti da Nepal, Kenya e Ghana, ha esaminato i contratti d’impiego, le corrispondenze relative alle offerte di lavoro e documentazione audiovisiva compresi gli audio delle comunicazioni tra le agenzie di collocamento e i lavoratori. Quello che ha scoperto ha confermato quanto già portato alla luce dal gruppo diritti umani Equidem.

Un contratto di 3 mesi: ecco cosa aspettava questi lavoratori, alcuni dei quali provenienti da Paesi lontani quasi 10.000 chilometri. Per assicurarselo hanno dovuto pagare. Alcuni 200 dollari, altri 600, più di 1/3 del salario che avrebbero guadagnato. Alcuni stanno ancora pagando. Come Marcus, 33 anni, ghanese, che rivela di aver dovuto prendere un prestito per pagare le spese sostenute per lavorare in Qatar: “Sto ancora saldando il debito, quello che guadagno non mi basta”.

Eppure, alcune agenzie di collocamento hanno detto ai lavoratori che la Teyseer Security Services avrebbe rimborsato tutte le spese sostenute. Non è mai successo, come vane sono state le promesse, fatte dai rappresentanti della società o delle agenzie di collocamento al servizio dell’azienda, “circa la possibilità di salire di grado e guadagnare altri 275 dollari al mese, di ricevere bonus o di rimanere in Qatar oltre i 3 mesi previsti dal contratto. Una volta giunti sul posto, nulla di tutto ciò si è avverato”.

I lavoratori, però, non hanno dovuto sopportare solo spese non previste e promesse contrattuali mai mantenute, ma anche condizioni di lavoro estenuanti: anche 12 ore al giorno, per 38 giorni consecutivi senza un giorno di riposo e senza straordinari. Ore e ore in piedi, a gestire flussi di migliaia di persone senza alcuna esperienza, né formazione, con rischi per sé stessi e gli altri. “Era un lavoro molto duro, nella zona c’era solo quella stazione della metropolitana e tantissima folla. Dovevo stare dalle 10 alle 12 ore in piedi, riuscendo solo ad appoggiarmi alle transenne. In alcuni momenti avevo paura perché era pieno di gente che spingeva”, ha raccontato a Amnesty Kiran, 26 anni, proveniente dal Nepal.

Chi ha provato a denunciare o a richiedere quello che gli spettava (gli straordinari e il bonus economico promesso alla fine dell’impiego) ha dovuto accontentarsi di un nulla di fatto e anzi ha dovuto imbarcarsi su un volo (sapendo di dover rinunciare alla possibilità di fare reclamo), perché i responsabili della “Teyseer Security Services hanno minacciato di intraprendere non meglio specificate ‘azioni’ se i lavoratori non avessero lasciato il Qatar sui voli organizzati dall’azienda e hanno sottolineato che, nel caso, avrebbero dovuto farsi carico dei costi dei nuovi biglietti aerei”.

Sia l’azienda che la Fifa hanno ammesso che ci sono stati dei reclami, ma che sono stati gestiti. La Teyseer Security Services ha però negato le accuse di violazione dei diritti, rivendicando come il loro processo di reclutamento sia stato “etico” e descrivendo nel dettaglio le varie misure adottate per proteggere i diritti dei lavoratori impiegati nei siti della Coppa del mondo. Secondo l’esame della Fifa sulla Teyseer Security Services ci sono invece “percezioni e opinioni diverse” riguardo l’esperienza passata dai lavoratori dell’azienda.

“Le violazioni dei diritti umani subite dagli addetti alla sicurezza fanno parte di un sistema in essere nei confronti dei lavoratori migranti già da quando, nel 2010, la Fifa scelse di assegnare i mondiali del 2022 al Qatar. Centinaia di migliaia di lavoratori migranti hanno versato illegalmente somme alle agenzie di collocamento, si sono visti trattenere gli stipendi e non hanno avuto alcun risarcimento”, ha spiegato però Amnesty.

Ma questa non è che una parte della storia. Alcuni lavoratori non hanno perso solo soldi, o diritti: “molti di loro, che avevano lavorato alla costruzione degli stadi e delle altre infrastrutture sportive o comunque allo svolgimento dei Mondiali, sono morti e le loro famiglie non hanno avuto risarcimenti adeguati o, addirittura, non li hanno avuti affatto”.

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