Diritti

Ue: le imprese dovranno tutelare ambiente e diritti umani

Con il voto favorevole del Parlamento Ue sulla Corporate Sustainability Due Diligence Directive, si aprono le negoziazioni per il testo definitivo che imporrà obblighi di vigilanza alle grandi società
Credit: EPA/JULIEN WARNAND
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9 giugno 2023 Aggiornato alle 14:00

L’Ue si sta muovendo per costringere le società di grandi dimensioni e tutta la loro filiera produttiva a impegnarsi al rispetto dei diritti umani e dell’ambiente. È questo l’obiettivo principale della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (Csddd) che il 1° giugno ha incassato il voto favorevole del Parlamento Ue.

In una votazione che ha corso il rischio di saltare da un momento all’altro per i tentativi di rovesciamento di membri del Partito popolare europeo, alla fine la maggioranza degli europarlamentari è riuscita a raggiungere un accordocon 366 voti favorevoli contro 225 contrari e 38 astenuti – per esprimere la posizione del Parlamento Ue sulla proposta di direttiva presentata dalla Commissione a febbraio dell’anno scorso.

La Csddd intende stabilire fondamentali obblighi di vigilanza sulle imprese perché si impegnino a arrestare e mitigare gli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente causati dalle proprie attività o, come spesso accade, da quelle dei partner esteri a cui vengono esternalizzate alcune parti della catena del valore, come la produzione, la vendita, la distribuzione, il trasporto e la gestione dei rifiuti.

Impossibile dimenticare la tragedia del Rana Plaza avvenuta esattamente 10 anni fa, dove hanno perso la vita più di 1.100 lavoratori nel crollo di un edificio vicino a Dacca in Bangladesh in cui 5 fabbriche producevano abbigliamento per brand internazionali soprattutto europei e americani (tra cui Benetton, Camaieu, H&m, Zara e Primark). Un disastro dovuto alle insufficienti condizioni di sicurezza, divenuto emblema della opaca struttura che caratterizza le filiere internazionali e che contribuisce a creare un vuoto di responsabilità nei confronti delle vittime.

La direttiva che dovrebbe essere approvata nell’ambito dell’Unione europea, oltre a prevenire ed eliminare le condizioni di abuso su diritti e ambiente, mira a imporre sanzioni sulle società inadempienti e a garantire gli opportuni risarcimenti a chi subisce le violazioni.

Alcuni Stati europei hanno già introdotto leggi con doveri di due diligence per le società: il Regno Unito ha adottato il Modern Slavery Act nel 2015 e una legge che impone obblighi di vigilanza sui diritti umani nelle catene di approvvigionamento è entrata in vigore in Francia (la Loi de Vigilance) nel 2017 e in Germania (la LkSG) a gennaio di quest’anno, ma la direttiva europea avrebbe l’opportunità di integrare e colmare le lacune delle varie legislazioni nazionali.

Il voto del Parlamento apre ora i negoziati detti “triloghi” con la Commissione Ue e con i singoli Stati membri, che avevano già manifestato un orientamento generale a dicembre dell’anno scorso, per addivenire al testo finale della legislazione.

Ambito di applicazione della Csddd

A partire dalla proposta della Commissione, il Parlamento Ue ha ampliato la portata della direttiva: saranno coperte tutte le società Ue con più di 250 dipendenti e un fatturato netto di almeno 40 milioni di euro, indipendentemente dal settore di appartenenza, nonché le società madri di un gruppo con 500 dipendenti e un fatturato mondiale di oltre 150 milioni di euro. Saranno incluse anche le società di paesi terzi con un fatturato di almeno 40 milioni generato nell’Unione.

Obblighi

Secondo la posizione negoziale dell’Europarlamento, tali società “saranno tenute a identificare e, se necessario, prevenire, porre fine o mitigare, l’impatto negativo che le loro attività hanno su diritti umani e ambiente, come il lavoro minorile, la schiavitù, lo sfruttamento del lavoro, l’inquinamento, il degrado ambientale e la perdita di biodiversità”. Inoltre, dovranno monitorare l’impatto sui diritti umani e sull’ambiente delle proprie società figlie e dei partner dell’intera catena del valore. Per garantire l’efficacia del processo di vigilanza, dovranno impegnarsi con le parti interessate e i sindacati e, in mancanza di informazioni sufficienti sui potenziali danni, dovranno rivolgersi alle organizzazioni della società civile per ottenere le informazioni pertinenti.

In materia ambientale, le società avranno inoltre l’obbligo di “attuare un piano di transizione verde per mantenere il riscaldamento globale entro il limite di 1,5°” in linea con l’accordo di Parigi, oltre alla definizione di obiettivi e misure concrete per portare le proprie catene del valore alla neutralità climatica entro il 2050, in fasi quinquennali a partire dal 2030. Per le società con più di 1000 dipendenti, il conseguimento degli obiettivi del piano dovrà essere collegato anche alla remunerazione variabile degli amministratori (come i bonus).

Le imprese avranno, comunque, a disposizione un periodo ponte di 3 o 4 anni dall’entrata in vigore della direttiva per mettersi in regola con i nuovi obblighi.

Sanzioni

Una delle novità maggiori della proposta di direttiva è quella di stabilire norme sulla responsabilità in caso di violazione degli obblighi. Le società inadempienti, infatti, saranno responsabili dei danni prodotti e potranno essere sanzionate dalle autorità di vigilanza nazionali. Tra le sanzioni previste: la pubblicazione degli inadempimenti (“naming and shaming”), il ritiro dal mercato Ue dei prodotti o una sanzione economica pari ad almeno il 5% del fatturato netto globale.

Come è stato accolto il voto parlamentare sulla Csddd

L’eurodeputata relatrice della proposta Lara Wolters (Gruppo S&d), che dirigerà i prossimi negoziati sulla Csddd nell’ambito dei colloqui triloghi, su Twitter ha definito i risultati della votazione del Parlamento europeo “una vittoria per i lavoratori, l’ambiente e per le società che prendono sul serio la sostenibilità”, e ha poi dichiarato alla stampa: «Quale mercato unico più grande al mondo, l’Unione europea ha il potere di riparare la catena danneggiata. Le aziende avide non dovrebbero più essere in grado di chiudere un occhio sui danni che arrecano all’ambiente e ai diritti umani. Il voto di oggi è un momento storico. È un impegno a raggiungere un accordo con i governi dell’Ue su regole vincolanti per una condotta aziendale responsabile».

Il Gruppo S&D dei socialisti e democratici europei, a cui fa capo anche il Pd di Elly Schlein, ha parlato sempre su Twitter di “un enorme passo avanti verso una legislazione che impedisca alle aziende di abusare del pianeta e delle persone”.

Anche Amnesty International, tramite la portavoce Hannah Storey, ha salutato con favore la decisione del Parlamento Ue, che ha così “inviato un segnale chiaro che intende sostenere l’accesso alla giustizia per le vittime degli abusi dei diritti umani legati alle imprese”. Anche se, sottolinea Storey, la legislazione ha alcuni punti deboli su cui sarebbe opportuno intervenire, come “alcune esenzioni che renderebbero molto difficile sanzionare civilmente le società del settore finanziario per gli abusi sui diritti umani e i danni ambientali”.

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