Diritti

Incidenti: 228 i morti sulle strade italiane nel 2023

Secondo Asaps, quest’anno sono state investite e uccise 163 persone e 65 ciclisti. Nel 2022 le vittime sono state 307. Per aumentare la sicurezza, alcune città europee hanno introdotto limiti di 30 km/h
Credit: Chandler Cruttenden
Tempo di lettura 4 min lettura
19 giugno 2023 Aggiornato alle 11:10

In Italia, viene ucciso 1 pedone ogni 16 ore. Dall’inizio del 2023 sono state 163 le persone investite e uccise e 65 i ciclisti morti per incidenti stradali. Per l’Associazione sostenitori e amici della Polizia Stradale (Asaps), che si occupa di monitorare le condizioni di sicurezza stradale sul territorio nazionale, i numeri però sono parziali, perché nel conteggio non vengono considerati i feriti gravi che perdono la vita negli ospedali dopo il ricovero.

Secondo il rapporto Asaps, nel 2022 le vittime registrate sono state 307, contro le 271 dell’anno precedente. Gran parte dei pedoni è stata travolta e uccisa sulle strisce pedonali dei centri urbani, spesso per mancata precedenza da parte delle auto. Tra i più vulnerabili, ci sono gli anziani: solo quest’anno, sono 75 i pedoni over 65 ad aver perso la vita dopo essere stati investiti.

Per i ciclisti, gli incidenti si verificano soprattutto in corrispondenza di sorpassi e incroci, anche a causa della mancanza di piste ciclabili adeguate. Velocità eccessiva di chi guida, uso improprio del telefono, abuso di sostanze e alcol sono tra i principali fattori responsabili dello scarso controllo dei mezzi.

Giordano Biserni, presidente di Asaps, spiega a La Svolta che le misure attive per contrastare le morti su strada non sono sufficienti: «Servono segnaletica ben visibile, dissuasori di velocità e forme di protezione anche per i ciclisti. Ma le situazioni di sicurezza vanno imposte e gli autovelox non bastano. La presenza di pattuglie di polizia sulle strade statali e provinciali si è ridotta notevolmente per la chiusura di distaccamenti e la riduzione di organico. Ora ne stiamo pagando il prezzo». Per Asaps, oltre a intervenire con leggi più stringenti, è necessario fare prevenzione attraverso «una componente didattica dissuasiva».

Nella sua strategia 2021-2030 per raggiungere la sicurezza stradale globale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità chiede di introdurre limiti a 30 km/h nelle città. Ridurre la velocità, spiega l’Oms, significa infatti diminuire l’esposizione al rischio di chi guida e dei pedoni che possono entrare in contatto con il mezzo: una riduzione del 10% della velocità comporta una riduzione del 30% dei decessi, con benefici anche per la qualità dell’aria. «Dobbiamo abituarci a velocità più moderate - dice Biserni - Introdurre le zone 30 in città è auspicabile: rallentiamo, consumiamo meno e inquiniamo meno».

Per zona 30 si intende un’area urbana dove il limite di velocità è fissato a 30 km/h con l’obiettivo di limitare il traffico e aumentare la sicurezza dei cittadini. In alcune capitali europee dove le zone 30 sono applicate, l’introduzione di questo limite è stato accompagnato da interventi che hanno permesso di adeguare l’infrastruttura stradale allo scopo di moderare il traffico e la velocità delle auto.

A Londra, per esempio, il piano urbanistico Vision Zero mira ad azzerare i morti e i feriti sulle strade entro il 2030 con l’istituzione di diverse zone 30, la trasformazione di 73 incroci individuati come pericolosi in luoghi più sicuri per pedoni e ciclisti, la messa in sicurezza di strade e piste ciclabili. Dal monitoraggio della Transport for London road network, emerge che dal 2018 gli incidenti che coinvolgono i pedoni sono diminuiti del 36% e quelli mortali o che causano lesioni gravi del 25%, incoraggiando inoltre i cittadini ad abbandonare l’auto.

A Helsinki e Oslo i limiti di velocità sono stati inaspriti per decenni e ridotti nuovamente nel 2019, quando il limite è sceso a 30 km/h sulla maggior parte delle strade residenziali e del centro città, e a 50 km/h sulle strade principali nelle aree suburbane. In entrambe le città, per la prima volta, nel 2020 non si sono registrate morti da quando, negli anni ‘60, è iniziato il monitoraggio. Accanto alla riduzione dei limiti di velocità, in tutta la città di Oslo nel 2017 è stato imposto un aumento del 70% dei pedaggi che ha portato a una diminuzione del traffico del 6%. Anche le tariffe dei parcheggi sono state incrementate, fino al 50% nel centro città, per poi sostituire gran parte dei posti auto con circa 56 chilometri di piste ciclabili.

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