Diritti

Meno Covid, più incidenti stradali

In Italia, torna a crescere il numero delle vittime: è allarme soprattutto per giovani e bambini. Che nel 2021 registrano l’aumento più consistente rispetto al 2020: +41,7% per la fascia 15-19 anni e +34,9% per quella 25-29
Credit: Umberto/ Pexels

La tragica morte di Francesco Valdiserri, che ha perso la vita a soli 18 anni dopo essere stato investito da una 23enne che guidava a velocità sostenuta e in stato di ebrezza, non è purtroppo un caso isolato.

Le cronache e le statistiche ci riportano regolarmente testimonianza di vite spezzate, interrotte troppo presto sulle strade, dove distrazione e alta velocità rappresentano una minaccia costante, e mortale.

Basta un’occhiata agli articoli dei quotidiani per rendersi conto delle dimensioni del fenomeno. Un articolo di Roma Today registrava il luglio di sangue sulle strade di Roma e Provincia: diciotto morti in soli trenta giorni. Le vittime, scopriamo scorrendo il pezzo, avevano 26, 20, 21, 27, 20 e 22, 24 anni, una percentuale di under 30 straordinariamente alta.

Se quelle della Capitale si confermano tra le più pericolose d’Italia, questa, però, è una costante negli incidenti che riguardano tutte le strade del Paese.

Incidenti stradali mortali: giovani e bambini a rischio

Secondo i dati ACI-Istat rilasciati a luglio 2022, dopo la pandemia è tornato a crescere il numero delle vittime: se i numeri sono in aumento in tutte le fasce, è allarme giovani e bambini.

Nonostante l’obiettivo “zero vittime” stabilito nel Piano Nazionale della Sicurezza Stradale orizzonte 2020, infatti, «continua a essere una nota negativa la quota elevata di bambini da 0 a 14 anni deceduti in incidente stradale (entro il 30 esimo giorno): sono 28 nel 2021, dei quali 23 tra 5 e 14 anni (18 nel 2019 e ben 29 nel 2020».

Il numero più alto di vittime si registra nelle fasce 45-59 anni e 20-24 anni per gli uomini, tra i 70 e gli 84 anni e 20-24 anni per le donne. Le classi di età più giovani, però, registrano l’aumento più consistente rispetto al 2020: la crescita è del 41,7% per la fascia 15-19 e 34,9% per quella 25-29, seguite dai 40-49-enni (+31,5%).

Secondo il report dell’anno precedente, la fascia dei ventenni era al secondo posto per tasso di mortalità in incidenti stradali, dopo quella degli ultraottantenni: «la distribuzione dei tassi di mortalità stradale per età, calcolati sulla popolazione residente, conferma ancora lo svantaggio delle classi di età più giovani (20-29 anni) e degli individui ultrasettantenni: il tasso specifico di mortalità più elevato è nella classe di età 80-84 anni (78,2 ogni milione di abitanti) e tra i più giovani nella classe 20-24 anni (60,8 ogni milione di abitanti)», conclude il report.

Giovani e over 70 sono anche più a rischio di lesioni gravi, dicono i dati.

Anche in Europa, gli incidenti stradali con giovani tra 15 e 30 anni rappresentano il 25% delle vittime stradali: è quanto emerge da un’indagine del 2019 del Consiglio europeo per la sicurezza dei trasporti (Etsc).

Nei grandi comuni la situazione è ancora più critica: sono proprio le grandi realtà urbane quelle più pericolose. In ordine di posizione geografica, Torino, Milano, Verona, Venezia, Trieste, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Palermo, Messina, Catania. Oltre un incidente su 4 (25,4%) avviene in queste aree e le vittime sono l’11,1%, nonostante la popolazione residente rappresenti solo il 16% del totale italiano e il parco veicolare il 14,3%.

Omicidio stradale: più di un indagato al giorno

I grandi comuni guidano anche la classifica delle città in cui è più alto il numero di indagati per il reato di omicidio stradale, che secondo i dati sono 2.455, il 23% dei quali nella sola Roma. Con 574 indagati, infatti, la Capitale guida la classifica, seguita da Napoli (137) e Torino (121). Milano, invece, in testa quanto a indagati per lesioni stradali (3.858), ovvero con feriti con prognosi superiori a 40 giorni. La seguono Roma (3.516) e Firenze (1.914). Roma e Milano si distinguono anche per il numero di pirati della strada, con 57 e 12 episodi: in tutto il Paese, ne sono stati individuati 183.

Nonostante un pensiero diffuso, solo a una piccola percentuale di indagati è contestata l’aggravante di aver commesso il reato sotto l’effetto dell’alcool (160 persone, il 6,5% del totale) o di sostanze stupefacenti prima di mettersi al volante (135, il 5,5%): le principali cause, infatti, non sono l’alterazione psicofisica ma la distrazione, passare con il “rosso” o l’alta velocità. A questo, si aggiunge spesso la mancata manutenzione dell’auto: mancata revisione, pneumatici lisci o fari troppo deboli.

Il “modello Bilbao”: limite a 30 km/h

Il 10% degli incidenti è causato dalla velocità: si tratta della terza causa, preceduta solo da distrazione (15,4%) e mancata precedenza (14,3%). Per questo, per ridurre gli incidenti gravi è necessario, spiegano gli esperti, ridurre la velocità.

Molte città iniziano a guardare al “modello Bilbao”, che ha abbassato il limite in tutta la città da 50 a 30 km/h. In Italia, a fare da apripista è stata Olbia, seguita da Reggio Emilia, ma ora anche Ascoli Piceno e, soprattutto, Bologna guarda in questa direzione.

«Il mese prossimo porteremo in giunta la delibera che decreterà “Bologna città 30” — ha dichiarato il sindaco Matteo Lepore — puntiamo a partire entro il 2023 e sarà una decisione irreversibile. Occorrono scelte coraggiose».

Firenze e Torino stanno ampliando le zone a bassa velocità, ma un ampliamento a tutta la rete stradale cittadina non sembra imminente, come non sembra imminente una transizione a “Milano città 30”: il primo cittadino Sala ha anzi dichiarato di recente che «non è certamente tempo di tutta la città a 30 all’ora. Le cose si fanno un passo alla volta».

Le Zone 30 non solo «si stanno rivelando un sistema efficace di prevenzione e controllo sul fronte della sicurezza stradale», per dirla con le parole del presidente dell’Anci Antonio Decaro, ma rappresentano anche un’opportunità per le città, sia dal punto di vista della vivibilità che dell’ambiente: come ha spiegato l’esperto di mobilità e trasporti Marco Demitri adottando una velocità più bassa «si riducono a esempio gli ossidi di azoto (NOx), tra i precursori dell’ozono e quindi tra i responsabili dello smog fotochimico. Si riducono allo stesso tempo i consumi e le emissioni di CO2». Un aspetto da non trascurare, visto che è ormai noto il legame tra qualità dell’aria, incidenza dei tumori e mortalità.

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