Ambiente

Per un futuro sicuro e giusto dobbiamo imporci dei limiti

Una nuova ricerca pubblicata su Nature ha messo in luce le soglie da non superare per redistribuire in modo equo le risorse (spoiler: siamo ancora molto lontani dal raggiungerle)
Credit: MART PRODUCTION
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21 giugno 2023 Aggiornato alle 12:00

La stabilità e la resilienza del sistema Terra sono legate a doppio filo alla redistribuzione equa dei beni e al benessere umano, è quanto afferma una ricerca pubblicata su Nature.

Squilibri ecologici infatti minano il sistema che sostiene la vita generando impatti sociali come ineguaglianze e ingiustizie che a loro volta innescano altri cambiamenti che potrebbero destabilizzare irrimediabilmente l’equilibrio del Pianeta.

A partire da queste considerazioni, le studiose e gli studiosi propongono di stabilire alcuni limiti invalicabili oltre i quali non si dovrebbe andare per non rischiare di danneggiare per sempre il sistema Terra e per poter salvaguardare i global commons, e con essi la vita umana. Queste soglie sono indicatori misurabili che riguardano il clima, la salvaguardia della biosfera, il mantenimento delle risorse idriche, dei nutrienti e della qualità dell’aria e si ripropongono di ristabilire la giustizia redistributiva intraspecie (ovvero tra gli esseri umani e le altre specie animali o vegetali), intragenerazionale (tra Paesi) e intergenerazionale.

L’obiettivo è quello di limitare il più possibile perdite di vite, perdite di fonti di sostentamento, migrazioni di massa, carestie, siccità, malattie croniche, malnutrizione e altre forme di sofferenza.

Per ciascun ambito di intervento vengono sancite due soglie: la prima (safe) meno stringente si prefigge di mantenere il sistema Terra in condizione di stabilità e resilienza riducendo in parte l’ingiustizia intraspecie e salvaguardando le generazioni future senza tuttavia riuscire a intervenire sulla giustizia intragenerazionale, dal momento che gli impatti continueranno a farsi sentire soprattutto sui gruppi più vulnerabili.

La seconda soglia (just), molto più stringente, riuscirebbe, secondo le autrici e gli autori del paper, a limitare i danni già nel presente aumentando la giustizia redistributiva tra tutti gli abitanti del Pianeta.

Il clima

L’obiettivo forse più sfidante tra quelli proposti è quello riguardante il clima. La ricerca ha messo in luce come sia di vitale importanza riuscire a impedire lo scioglimento del permafrost, del ghiaccio polare e dei ghiacciai e diminuire drasticamente le perdite di ghiaccio marino. Il limite safe impone tassativamente di non superare l’aumento delle temperature di 1° al di sopra del livello preindustriale, e anche così si avrebbe comunque lo scioglimento di una parte dei ghiacci della Groenlandia.

Volendo stare larghi si potrebbe concedere un aumento di 1,5° tenendo comunque presente che in questo caso più di 200 milioni di persone andrebbero incontro a temperature troppo elevate e più di 500 milioni sarebbero esposte a un innalzamento eccessivo del livello del mare. Verrebbe dunque a mancare la giustizia, soprattutto contando che le emissioni del passato hanno già fatto danni incalcolabili.

La soglia just, per evitare la distruzione di interi ecosistemi, dell’innalzamento del livello delle acque con la conseguente perdita di terre (in particolare per le comunità indigene) dovrebbe attestarsi molto al di sotto dell’1°. Dal momento che questo non sembra plausibile nel breve periodo le scienziate e gli scienziati raccomandano che vengano prese al più presto misure compensatorie per sostenere i gruppi più vulnerabili.

La biosfera e l’acqua

I due obiettivi per la salvaguardia della biosfera riguardano il mantenimento della biodiversità e l’integrazione funzionale di tutti gli ecosistemi, incluse campagna e città. Non escludendo un utilizzo sostenibile della terra, in particolare da parte delle comunità indigene, per ottenere significativi miglioramenti dal punto di vista della salvaguardia ambientale e della giustizia redistributiva tra il 50% e il 60% della superficie terrestre dovrebbe essere ricoperta da aree naturali incontaminate.

Anche l’acqua è sotto il riflettore della ricerca, che stabilisce una soglia just per la quale solo il 20% dei corsi d’acqua potranno subire variazioni significative, in modo da mantenere la biodiversità e garantire nutrimento per gli esseri umani e altri animali (naturalmente dandone per scontata la qualità).

Attualmente l’umanità è molto lontana da questo traguardo dal momento che in molti luoghi del mondo non si riesce a equilibrare i bisogni di acqua per la sopravvivenza umana (che include, oltre al disporre di acqua potabile, anche la disponibilità di acqua pulita per necessità di salute e igiene) e per altri scopi come a esempio la pesca.

Inoltre, le riserve sotterranee dovrebbero essere sempre in surplus, ovvero i ritmi di estrazione dell’acqua non dovrebbero mai eccedere quelli di riempimento. I dati mostrano però che il 47% dei bacini del Pianeta stanno diminuendo a vista d’occhio. L’estrazione di acqua dal sottosuolo dovrebbe quindi essere ridotta drasticamente e i bacini dovrebbero essere protetti in modo che possano ricaricarsi.

Da un punto di vista di giustizia intragenerazionale questo implica che avvenga un’equa distribuzione delle risorse idriche del Pianeta garantendo standard minimi di sicurezza sanitaria per tutelare i gruppi più vulnerabili, come le bambine e i bambini dei Paesi a basso reddito e in particolare nella zona Subsahariana e dell’Asia meridionale.

L’aria e il mantenimento dei nutrienti

Non solo l’acqua, ma anche la l’aria e la qualità del suolo vanno sottoposte a rigidi controlli. Nel caso dell’aria è necessario mantenere al minimo la differenza della profondità ottica degli aerosol (ovvero la misura della trasparenza dell’aria. Tanto più è grande la profondità ottica tanto minore è la quantità di radiazione che può passare) per evitare squilibri nei cicli idrologici.

L’esposizione al particolato atmosferico ha inoltre impatti negativi sulla salute che possono andare da malattie respiratorie come l’asma, a problemi cardiaci fino a morti premature. La soglia just viene settata a 15 μg per m3 secondo le direttive del Who, ma attualmente l’85% è esposta a una soglia di molto superiore.

Per la qualità del suolo vanno invece tenuti sotto controllo i livelli di fosforo e azoto che causano eutrofizzazione, ovvero lo sviluppo in eccesso di organismi infestanti, come a esempio alghe che, non potendo essere smaltite naturalmente dall’ecosistema, consumano l’ossigeno causando la morte di altre specie animali e vegetali. La alta concentrazione di azoto nel terreno può anche intaccare i corsi d’acqua rendendoli non potabili.

Secondo le ricercatrici e i ricercatori degli otto limiti safe e just che sono stati individuali sette sono stati già superati su almeno il 52% della superficie terrestre causando impatti negativi per l’86% della popolazione mondiale. La maggior parte delle “trasgressioni” avviene in zone dalla maggior densità, aumentando così i livelli di ingiustizia intragenerazionale.

Degli ambiti considerati solo clima è attualmente preso in considerazione con una metodologia scientifica e basata sui fatti. Per tutti gli altri gli studi scientifici sono ancora troppo pochi per costruire una solida letteratura. Ma se vogliamo mantenere in equilibrio il sistema Terra e assicurare la sopravvivenza della vita sul nostro pianeta è necessaria una metodologia integrata che tenga conto di tutti gli aspetti del sistema, da quello energetico, a quello dell’alimentazione, a quello economico, tecnologico e politico.

“Non sarà un percorso lineare” concludono le ricercatrici e i ricercatori “e servirà un salto di qualità nel nostro modo di comprendere come la giustizia, l’economia, la tecnologia e la cooperazione internazionale possono essere messe a servizio di un futuro giusto e sicuro per tutte e tutti.”

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