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In the closet: cosa significa?

Il 1° giugno si apre il Mese del Pride. 30 giorni per imparare e condividere storia, cultura, lessico e personaggi Lgbtqai+ ma anche per formare “Le parole dell’orgoglio”, un vero e proprio vocabolario, dalla A di Arcigay alla Z di Zedsexual
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 2 min lettura
1 gennaio 2023 Aggiornato alle 09:00

In the closet (nell’armadio), talvolta anche closeted, è una metafora per indicare le persone Lgbtq+ che non hanno rivelato il proprio orientamento sessuale o identità di genere o alcuni aspetti di questa, tra cui l’identità sessuale e il comportamento sessuale.

Questa metafora è associata e talvolta combinata con il coming out, l’atto di rivelare la propria sessualità o genere agli altri, per creare la frase coming out of the closet.

Secondo il dottor Travers Scott questi termini hanno origine in due diverse metafore. Coming out è stata inizialmente una frase usata all’inizio del XX secolo per riferirsi a una giovane donna che partecipava a un ballo delle debuttanti e che, quindi, stava “facendo coming out” nella società.

La parola closet, invece, in passato significava “camera da letto”, quindi la propria sessualità non veniva mostrata al di là.

Degli anni ‘60, la metafora dello “scheletro nell’armadio” – che intendeva nascondere un segreto dovuto a tabù o stigmi sociali – è stata utilizzata anche in riferimento a un’identità di genere o una sessualità che si potrebbe non voler rivelare.

Secondo lo studio The other kind of coming out: transgender people and the coming out narrative genre, la comunità transgender può utilizzare un vocabolario diverso per riferirsi allo stato di rivelazione della propria identità di genere, utilizzando a esempio “stealth” al posto di closeted. Uno studio del 2019 della Yale School of Public Health ha stimato che l’83% delle persone Lgbtqai+ nel mondo non rivela il proprio orientamento sessuale, con percentuali che secondo altre ricerche variano dal 94,8% dell’Africa del Nord e del Medio Oriente, all’89,5% dell’Africa subsahariana, l’85% della Cina e il 30% dell’Ue.

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