Diritti

Oltre 10.000 respingimenti ai confini Ue (il 16% di minori)

Il report della rete Protecting rights at borders ha documentato le violenze subite dai migranti nel 2023 alle frontiere europee: il 62% ha denunciato abusi fisici tra Ungheria e Serbia, il 54% tra Grecia e Turchia
Credit: ANSA/MASSIMO PICA
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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24 luglio 2023 Aggiornato alle 09:15

“Mentre l’Europa dorme, prosperano gli abusi di diritti e violazioni ai confini dell’Unione. Gli ultimi dati gettano nuova luce sulle pratiche di respingimento sistematiche e continue”, scrive il Protecting rights at borders (PRAB) nel suo ultimo report, il 6°, in cui denuncia la drammatica situazione e i trattamenti subiti dalle persone migranti alle frontiere europee.

L’analisi del network inter-europeo di Ong e associazioni, che monitora le pratiche di respingimento lungo le frontiere interne ed esterne dell’Ue in 8 Paesi, documenta una gestione sistematicamente violenta dei confini da parte delle autorità che le pattugliano. What we do in the shadows, ovvero “Cosa facciamo nell’ombra”, documenta casi quotidiani di pushback, abusi fisici e furti avvenuti tra gennaio e fine aprile del 2023: si tratta di 10.691 casi individuali di persone respinte. Di queste, 1.611 sono state intervistate dalla rete di PRAB per registrare dati demografici, rotte migratorie e violazioni dei diritti a cui sono stati esposti. Tuttavia, spiega il rapporto, la maggior parte dei respingimenti non sono nemmeno documentati. E queste cifre potrebbero essere molto più alte.

PRAB, presente in Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Grecia, Italia, Lituania, Macedonia del Nord, Polonia, Serbia e Belgio con varie organizzazioni e partner, tra cui Asgi, l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, spiega che i pushback, che usiamo per riferirci ai respingimenti illegali alla frontiera, lo sono indipendentemente dal fatto che comportino violenza. “Gli Stati hanno il diritto di controllare i movimenti attraverso i loro confini. Tuttavia, ciò deve avvenire in conformità con i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale ed europeo dei diritti umani”. Ma non sempre accade: il 62% delle persone raggiunte dalla rete ha denunciato abusi fisici e/o aggressioni al confine tra Ungheria e Serbia, il 54% al confine tra Grecia e Turchia.

Nei primi 3 mesi del 2023, di tutti i respingimenti registrati, il 16% riguardava bambini (di cui il 9% viaggiava con la famiglia e il 7% non era accompagnato). Dal report emerge che nessuna nazionalità è stata risparmiata dalle violazioni dei diritti che si verificano alle frontiere Ue, ma le principali incontrate dai partner del PRAB lungo le frontiere interne ed esterne sono afghane, siriane e pakistane. Tuttavia, le persone vengono respinte anche dalla Turchia, dal Sudan, dalla Palestina, dalla Sierra Leone, dalla Russia e dall’Ucraina.

Il report della rete PRAB affronta, in particolare, la continua crisi umanitaria al confine Ue-Bielorussia, con testimonianze di abusi, respingimenti e morti nella “terra di nessuno”, l’uso di nuovi inquadramenti giuridici per le guardie di frontiera e le condizioni di ingresso sempre più disumane in Polonia e i limiti dei meccanismi di controllo esistenti, lodati invece come successo dall’Europa e dai Paesi che li operano. I casi di trattamento degradante segnalati dalle Ong attive alle frontiere parlano di persone costrette a spogliarsi al freddo e a giacere a terra nude, ammanettamenti prolungati e divieto di usare il bagno, sequestro di cibo, vestiti e documenti, e telefoni che vengono distrutti. Alcune testimonianze parlano di uomini e donne lasciate morire al confine tra la Bielorussia e i Paesi confinanti con l’Unione, altre di forze dell’ordine che hanno usato dei bastoni per picchiare e respingere le persone migranti.

Il mancato accesso alle procedure di asilo è stato segnalato ai partner del PRAB “nel 44% di tutti i casi di respingimento registrati al confine tra Croazia e Bosnia-Erzegovina, così come nell’88% dei casi registrati al confine tra Ungheria e Serbia e nell’85% al confine tra Italia e Francia”, scrive Asgi. Mentre Frontex afferma che il numero di arrivi irregolari è di nuovo ai livelli pre-pandemici, spiega il rapporto, le violazioni dei diritti fanno parte del “trattamento di benvenuto” dell’Europa per coloro che vengono respinti e sono tornate anch’esse a livelli pre-pandemici.

Nel febbraio 2023, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa si è rivolto agli Stati membri chiedendo di porre fine alle violazioni dei diritti umani contro i rifugiati, i richiedenti asilo e i migranti. L’ha fatto anche il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa nel marzo 2023, con un rapporto che esprime la necessità di porre fine alle pratiche illegali di respingimento e di aumentare le garanzie contro i maltrattamenti.

Il lavoro di PRAB, spiega il network, “non dovrebbe essere visto isolatamente”, perché insieme a molti altri “delinea ancora una volta le violazioni dei diritti che si verificano quotidianamente ai confini dell’Europa. I respingimenti e la brutalità della polizia rimangono de facto uno strumento di gestione delle frontiere, con l’impunità che è la norma, mentre esistono pochi o nessun percorso verso la giustizia per le vittime”. In questo clima, alcuni Stati membri europei “hanno iniziato o continuano a criminalizzare coloro che forniscono assistenza, con l’obiettivo di porre fine a tutti i costi alla solidarietà con le persone in movimento”. In alcuni Paesi europei questa tendenza si è intensificata, “per colpire efficacemente i difensori dei diritti umani”. Ma, spiega il network, “salvare vite non è solo un dovere morale, è un obbligo legale nel diritto internazionale dei diritti umani”.

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