Diritti

Bielorussia, i diritti umani sono a rischio

L’azione repressiva del Governo colpisce gli attivisti che si schierano contro il regime di Lukashenko e i politici di opposizione come Sviatlana Tsikhanouskaya. Condannata a 15 anni di carcere per cospirazione
Sviatlana Tsikhanouskaya ha sfidato Alexander Lukashenko per la presidenza bielorussa nel 2020
Sviatlana Tsikhanouskaya ha sfidato Alexander Lukashenko per la presidenza bielorussa nel 2020 Credit: EPA/Marcin Obara POLAND OUT
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7 marzo 2023 Aggiornato alle 19:00

In Bielorussia l’azione repressiva del governo continua a minacciare gli attivisti contro il regime e a violare i diritti umani. Sviatlana Tsikhanouskaya, leader dell’opposizione democratica al Governo Lukashenko in Bielorussia, è stata processata in contumacia il 6 marzo e condannata a scontare 15 anni di carcere per cospirazione.

Nel 2020 il Parlamento Ue le aveva consegnato il Premio Sakharov per la libertà di pensiero - il massimo riconoscimento che l’Unione europea conferisce per gli sforzi compiuti a favore dei diritti umani - per l’opposizione democratica portata avanti insieme a tanti altri attivisti, tra cui Veranika Tsapkala. Come lei, anche Tsikhanouskaya è subentrata come candidata alle elezioni presidenziali del luglio 2020 dopo l’arresto del marito Sergej Tikhanovsky, avvenuto due giorni dopo la sua candidatura ufficiale contro l’attuale presidente Aleksandr Lukashenko.

Fuggita in Lituania a seguito della repressione governativa delle proteste pro-democrazia, Sviatlana Tsikhanouskaya non è l’unica a subire dure ripercussioni giudiziarie per il suo attivismo politico. A febbraio, un uomo è stato condannato a 2 anni di reclusione con l’accusa di aver “insultato” sui social il presidente Aleksandr Lukashenko, mentre pochi giorni prima il giornalista Andrzej Poczobut era stato condannato a 8 anni di reclusione in una colonia penale di lavori forzati per aver appoggiato le proteste contro il presidente in carica.

Si tratta di arresti di matrice politica sulla scia della repressione iniziata fin dalla prima elezione di Lukashenko nel 1994, quando ottenne l’80% delle preferenze alle urne con la promessa di contrastare la corruzione nel Paese. Ex direttore di una fattoria statale e conosciuto come lo “Zar di Minsk” o “l’ultimo dittatore d’Europa”, Aleksandr Lukashenko è impegnato da tempo in attività di censura e repressione dell’opposizione.

Alle ultime elezioni presidenziali del 2020, l’Unione europea non ha riconosciuto la sua rielezione, che secondo l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) è stata frutto di irregolarità, ma anche di violazioni della libertà di espressione e di stampa. Il nuovo mandato rivendicato da Aleksandr Lukashenko è stato quindi dichiarato privo di qualsiasi legittimità democratica da parte delle istituzioni europee e il suo governo duramente criticato dall’opposizione e dalle associazioni per i diritti umani.

Tra le Ong bielorusse perseguitate per la partecipazione alle manifestazioni antigovernative c’è Viasna, nata nel 1996 durante le proteste della società civile nei confronti della vittoria elettorale fraudolenta di Lukashenko. Ales Bialiatski, Premio Nobel per la Pace nel 2022, è il suo fondatore e insieme ad altri attivisti subisce da anni intimidazioni e condanne da parte delle autorità nazionali.

Dopo essere stato in carcere nel 2011 e nel 2014 per evasione fiscale, Bialiatski è stato nuovamente arrestato per aver preso parte alle proteste contro le elezioni presidenziali represse nel sangue nel 2020. Il suo ultimo processo a porte chiuse si è concluso alcuni giorni fa, con la condanna a 10 anni di carcere per contrabbando e finanziamento di “attività che violano gravemente l’ordine pubblico”. Per Amnesty International, Bialiatski e gli altri imputati dell’ong Viasna non hanno commesso alcun crimine e nei loro confronti sarebbe in atto una rappresaglia governativa.

Secondo il Commissario europeo per la gestione delle crisi, Janez Lenarčič, la repressione in Bielorussia continua a intensificarsi e i prigionieri politici del Paese sono più di 1.450. Nel frattempo, l’Unione europea ha espresso la propria vicinanza al popolo bielorusso e adottato sanzioni nei confronti del Governo di Minsk. Le ultime risalgono a giugno 2022: il Consiglio dell’Unione europea ha stabilito misure restrittive nei confronti di 12 persone e 8 entità ritenute responsabili della repressione di società civile e opposizione nonché sostenitori e beneficiari del regime di Lukashenko.

La recente condanna di Maksim Zaytsev, l’uomo che sui social avrebbe definito Lukashenko un “animale messo alle strette”, è stata denunciata da Viasna e si inscrive nel processo di contrasto alla libertà di espressione in corso in Bielorussia. Il radicamento della censura è stato d’altra parte legittimato nel maggio 2021 con la legge sui mass media, che ha stabilito il controllo governativo diretto sulle informazioni e limitazioni dell’accesso a Internet da parte della Commissione sulla sicurezza dell’informazione bielorussa.

Nel maggio 2022 è arrivata anche l’ultima azione di bavaglio alla libertà di stampa: con l’arresto del proprietario della casa editrice che lo aveva pubblicato in lingua bielorussa nel 2020, il Governo ha ordinato di ritirare da ogni libreria fisica e online il romanzo 1984 di George Orwell, censurato in Unione Sovietica - e quindi in Bielorussia - fino al 1990.

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