Bambini

C’erano una volta 3 campionesse fortissime

Francesca Cavallo in Fuoriserie racconta le storie di Tatyana McFadden, Bebe Vio e Zahra Nemati; le loro sfide e Paralimpiadi. I loro corpi che non cercano compassione, ma potenza e velocità
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26 maggio 2023 Aggiornato alle 06:30

C’era una volta la favola, un genere letterario intriso di grossolana saggezza popolare con il quale alle ragazze veniva inculcato un sogno: trovare un principe per dare senso alla propria vita. Per fortuna, non c’è più. Quel che rimane è il suo intramontabile incipit, quel C’era una volta, che è esattamente l’inizio di tutti e 3 i racconti di cui si compone Fuoriserie – tre storie di campionesse paralimpiche, edito da Momo Edizioni (128 pagine, 20 euro). L’autrice è Francesca Cavallo che, dopo 6 milioni di copie vendute con Storie della buonanotte per bambine ribelli, ha scelto di raccontare 3 diverse ragazze sportive con disabilità le cui vite sono davvero… da favola!

C’erano una volta, quindi, 3 bambine in 3 continenti diversi, con 3 enormi sfide davanti a loro. In La donna più veloce del mondo, Tatyana McFadden cresce in un orfanotrofio in Russia e scopre di non poter usare le gambe. Quando le viene regalata una sedia a rotelle, invece di accontentarsi di camminarci, inizia a …correre! In In guardia!, Bebe Vio contrae la meningite ed è costretta a sacrificare gli arti per rimanere in vita. Lei, però, non vuole abbandonare la scherma. E, come sappiamo, non lo farà. Ne L’arciera, l’iraniana Zahra Nemati è una giovane promessa del taekwondo che la porterà alle Olimpiadi, ne è sicura, ma dopo un incidente perde l’uso delle gambe. Come vivere senza uno scopo? Basta trovarne un altro, non meno ambizioso!

I corpi che siamo abituati a immaginare solo come da curare e compatire possono invece desiderare il rischio, la competizione, essere potenti, forti, velocissimi. Ecco il messaggio ribelle di questo libro, che merita di essere letto non solo per il suo messaggio.

La prosa è precisa e misurata in ogni vocabolo e, in questo essere esatti, c’è moltissima poesia. Ti commuoverà, in La donna più veloce del mondo, quando la signora Deborah va via dall’orfanotrofio e la piccola Tatyana dice alle educatrici “quella è la mia mamma”. O, ancora, le difficoltà di Tatyana ridotte a queste pochissime righe: “Non sempre andava tutto liscio. A volte quando la gente vedeva che Tatyana era su una sedia a rotelle, si concentrava su quello che non poteva fare. Ma bastava rimanere per un po’ con Tatyana per accorgersi che poteva fare quasi tutto”.

Il resto lo fanno le illustrazioni, perché se si parla di corpi allora vanno mostrati, per superare un altro atavico imbarazzo che alberga in noi adulti, quello del corpo non conforme. Irma Ruggiero, Luis San Vincente, Valentina Toro, con stili diversi, fanno splendere i colori di queste storie, la poesia, l’ironia, i volti segnati, i luoghi lontani e le emozioni contrastanti. È bellissima la tavola in cui Bebe Vio torna a casa dopo l’amputazione e va in giro in braccio alla mamma e “è leggera da sollevare”. Ancora Bebe che impara a impugnare la penna senza la mano o che, a scuola, si sfila l’arto per farlo provare a tutti!

“Immaginate una tavolozza con le sfumature di tutti i colori, vi verrebbe mai in mente di dire a uno di questi colori di rimanere in disparte perché non è come ve l’avevano raccontato? Impossibile” dice l’attivista Valentina Persichetti nella bella prefazione. Sono proprio i libri come questo, che fanno finalmente brillare tutti i colori del mondo.

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