Ambiente

Non abbiamo bisogno di passerelle ma di azione climatica

Da Mentana a La Russa, l’Emilia-Romagna colpita dall’alluvione è diventata un argomento di tendenza, un palco di visibilità, ma la solidarietà e il contrasto al climate change sono tutt’altra cosa
Credit: ANSA/ FABRIZIO ZANI
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24 maggio 2023 Aggiornato alle 06:30

Scrivo a B. per sapere come va. Abita a Forlì e mi risponde dicendo che sta bene, che ha la fortuna di non abitare accanto a un fiume e che la solidarietà che si sta creando l* fa ben sperare.

Controllo Forlì su Google e vedo che l’allerta inondazione è ancora attiva. Le Poste, invece, mi avvisano che “causa maltempo” le spedizioni potrebbero essere in ritardo. Idem per i trasporti. Insomma c’è mezza Italia ferma e mezza Italia che ne parla.

Abbiamo un Paese la cui terra arida patisce l’assenza di acqua per periodi protratti e che poi si ritrova ad annegare quando questa ritorna, di nuovo e tutta in insieme. I danni sono incalcolabili, soprattutto perché, la situazione non migliorerà. I danni si sommeranno e i terreni, secchi e poi improvvisamente saturi saranno impossibilitati a recuperare una sorta di stabilità.

Sabato, al Salone del libro, ero stata invitata a parlare di sostenibilità in editoria. C’è una cosa che vorrei riportare anche qui.

La World Meterological Organization ha dichiarato che abbiamo il 66% di possibilità che le temperature salgano di 1,5 gradi sopra i livelli pre-industriali entro 5 anni. L’Onu, per parte sua, ha collocato questi 5 anni nel periodo compreso tra il 2022 e il 2026. Il che vuol dire che siamo prossimi a sentire gli effetti di quel grado e mezzo in più. Per capirci, con un 1,5 gradi in più le ondate di calore - le stesse che stanno cuocendo Calcutta - saranno quattro volte più frequenti, la siccità ben due volte (e il nostro territorio è già sufficientemente provato) e le alluvioni aumenteranno del 50%.

Leggo le notizie che arrivano dall’Emilia-Romagna, e penso a come sarà all’atto pratico. Forse smetteremo di considerarle eccezioni, ma a che prezzo? Forse inizieremo a parlare seriamente di crisi climatica, con un ritardo grave pagato da chi? Forse ci spaventeremo e inizieremo opere di prevenzione.

Più probabilmente, no. Nel senso che acquisiremo una consapevolezza lenta e frammentaria, ma la prevenzione non sarà comunque una priorità.

L’inazione dell’Italia, parla da sola.

La Russa e Mentana, nel mentre si fanno eco “invitando”, ma più onestamente criticando, gli attivisti di Ultima Generazione, e chiedendo loro di andare a fare i volontari in Emilia. Mentana si rivolge anche agli attivisti di Extinction Rebellion, e chiede che imitino gli “Angeli del Fango” che nel ‘66 andarono a prestare aiuto volontario a Fidenza “senza social né uffici stampa” e chiude invitandoli alla “militanza”.

Mentana confonde i piani, nega l’importanza della testimonianza e della militanza finalizzata a sensibilizzare opinione pubblica e governi spingendoli a prevenire e ad agire drasticamente per ridurre i rischi.

Ma soprattutto, ci ricorda perché l’inazione in Italia è endemica, a chi fa qualcosa viene imputata la colpa di non aver fatto abbastanza e nel mentre, le azioni che dovrebbero essere responsabilità del governo e del sistema di welfare - quindi il soccorso - vengono sgravati in parte sui volontari. Che, peraltro, dovrebbero essere persone qualificati al lavoro emergenziale in modo da ridurre incidenti e vittime collaterali.

Insomma, dalle Tv, dalla politica e dai social tuona una solidarietà da poltrona che, a essere onesti, non fa ben sperare.

Sul campo, la solidarietà vera di realizza e si fortifica. Senza una struttura istituzionale, però, senza il riconoscimento della crisi climatica per l’emergenza progressiva che è, continuando ad avere eventi culturali finanziati dagli enti finanziari che investono nel fossile, non arriveremo mai ad avere un piano di prevenzione e adattamento adeguati all’entità del problema. Figurarsi, avere un progetto che contribuisca a rimuovere il contributo del paese alla crisi.

L’Emilia è sott’acqua. A breve tornerà la siccità accompagnata dalle ondate di calore. E sotto il sole, vedremo ancora la macchina più remunerativa al mondo, quella del fossile, continuare a macinare i suoi 3 miliardi di dollari al giorno di valore.

Nello stesso tempo, su questi eventi estremi ci continueranno a costruire palinsesti televisivi, passerelle di consenso e visibilità.

Con buona pace di chi la crisi climatica la abita davvero.

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