Ambiente

Emilia-Romagna: colate di cemento sulla crisi climatica

La cementificazione ha aggiunto disastro al disastro. La natura si sente violata e la strada per la salvezza è una sola: fermare il consumo di suolo e mettere in atto scelte di mitigazione
Credit: ANSA/MAX CAVALLARI
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19 maggio 2023 Aggiornato alle 06:30

3 immagini che parlano da sole: ieri la A14, asse viario dove si sta costruendo il contestatissimo Passante di mezzo che arriverà fino a 18 corsie, interrotta per l’alluvione. Il cantiere per costruire il nuovo nodo di Rastignano, sempre in Emilia, che ha comportato il taglio degli alberi contro il parere inascoltato degli ambientalisti, mangiato dalle acque del fiume Savena, inondato. E la zona della Ghilana, vicino Faenza, dove si stavano costruendo villette di lusso, completamente allagata.

La natura violata fa sentire la sua forza e anche capire che la direzione in cui stiamo andando è sbagliata, per usare un eufemismo.

L’emergenza non è una tantum

Piogge inarrestabili, allagamenti, distruzione, morte. Ancora una volta. I media si buttano sulla cronaca (ieri sera il Tg1 ne ha fatta per ben 15 minuti, prima di sentire brevemente il parere di un esperto), la politica promette aiuti per l’emergenza, fa tweet di appoggio. Si insiste sulla solidarietà, sulla gara all’aiuto.

È uno schema ormai usurato, consunto, inutile, persino dannoso perché dà l’illusione che si faccia qualcosa. Invece non serve a nulla, non previene, non cura il territorio, non mitiga il clima. Non esiste più una emergenza una tantum. L’emergenza è continua, tutti i giorni, come ci ricordano gli attivisti climatici, che non interrompono le loro azioni. Irrisi dai giornali, ci ricordano che potremmo essere, appunto, l’Ultima Generazione.

I colpevoli di ciò che è accaduto ieri sono chiarissimi. Sono i Governi che non hanno fatto abbastanza per decarbonizzare il Paese, puntando, ancora, su gas e fonti fossili. Tutti, senza soluzione di continuità. Metanodotti e rigassificatori, Italia hub del gas, come se il gas non fosse climalterante e dunque responsabile della crisi. Il Pnec, Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, quello che dovrebbe indicare come l’Italia dovrebbe decarbonizzare, non è aggiornato da anni.

Gira purtroppo la pericolosa favoletta per cui il Belpaese ha già fatto i compiti sulle emissioni e tocca ai grandi inquinatori. Non è così.

Il Paese con il più alto consumo di suolo

Ma poi c’è tutto il resto. Quello che ha aggiunto crisi alla crisi climatica. Il problema del consumo di suolo e della cementificazione non è uno slogan da canzone di Celentano. È una pratica che ci porta dritti verso la catastrofe.

L’Italia ha il consumo di suolo più alto d’Europa eppure non vuole fare una legge a riguardo. Perché nessun governatore o sindaco, Bonaccini compreso, vuole smettere di costruire. Nessuno rinuncia ai maxi eventi, tanto cari ai nostri amministratori. Lo chiamano sviluppo, ma non è questo visto che ci rende più esposti e vulnerabili.

Per costruire strade e case si tagliano alberi, con promesse di messa a dimora di nuovi che sono spesso solo greenwashing, perché nessun alberello potrà avere la stessa funzione di argine all’acqua di un vero bosco. Si fanno centri commerciali e alloggi di lusso, perché la fatica della cura del territorio, che non si vede, non la vuole fare più nessuno.

Ma questo era possibile negli anni ‘70, ‘80, forse ‘90. Oggi non più.

Una sola strada: adattare e mitigare

E certo è difficile invertire la rotta, agire su un territorio dove sono stati persino piombati fiumi, dove tutto è stato trasformato industrialmente, dall’agricoltura intensiva agli allevamenti, sempre intensivi. Ma quando hai siccità che durano mesi e mesi, seguite da una caduta di pioggia che in alcuni punti è stata quella di 6 mesi, non esiste più un’alternativa, forse non esiste più neanche una scelta politica che si possa dire di destra e di sinistra.

C’è solo una strada: da un lato adattare il territorio alla crisi climatica (che sia pioggia o siccità), pianificando gli interventi ai fini della protezione della popolazione e della massima prevenzione. Dall’altro, mitigare il più possibile, decarbonizzando progressivamente, ma senza soluzioni di continuità e velocemente, la nostra economia. E questo a oggi si può fare, perché le soluzioni ci sono. E si chiamano energie rinnovabili.

Ma la strada delle rinnovabili va presa senza ambiguità, senza tentennamenti. Non c’è nessun’altra via di uscita. E chi non ce l’ha ben chiaro in testa non dovrebbe più avere ruoli di decisione e di comando. Ne va, letteralmente, della nostra vita.

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