Culture

3 libri sulla Legge Basaglia e la chiusura dei manicomi

Il percorso che portò alla chiusura degli ospedali psichiatrici narrata dai protagonisti dell’epoca, i racconti dei matti che vi erano reclusi e la storia di uno di loro, divenuto artista

Quarantacinque anni fa, le porte dei manicomi italiani stavano per chiudersi per sempre. Il 13 maggio 1978, infatti, entrava in vigore quella che sarebbe passata alla storia come Legge Basaglia (180/1978), la prima – e unica – legge al mondo a abolire gli ospedali psichiatrici.

«La cosa importante è che abbiamo dimostrato che l’impossibile diventa possibile»: con queste parole lo psichiatra Franco Basaglia commentò l’approvazione della legge, dando la dimensione di quanto la sua e quella del Movimento per il superamento degli istituti psichiatrici sia stata una vera e propria rivoluzione, che ha trasformato l’approccio al trattamento della salute mentale, restituendo dignità ai malati e adottando in maniera diffusa il modello della psichiatria di comunità.

Non è un segreto che per lunghi anni i manicomi siano stati anche un luogo di controllo sociale di quelli che la società riteneva ‘deviati’ – omosessuali, prostitute, chi era ai margini della società ma anche donne che non si adattavano al modello di femminilità dominante – in cui gli internati erano spesso tenuti in condizioni degradanti, soggetti a crudeltà, abusi e terapie disumane come la segregazione nei letti di contenzione, la camicia di forza, l’elettroshock praticato in maniera selvaggia, le docce fredde, l’insulino-terapia, la lobotomia. Non erano previsti colloqui e visite mediche, né contatti con l’esterno e i propri cari.

Oggi, nonostante gli enormi limiti che la cura della salute mentale continua ad avere nel nostro Paese, prima di tutto una cronica mancanza di fondi, possiamo guardare a quella realtà come a qualcosa che appartiene a un’epoca lontana – anche se alcuni vorrebbero quelle porte che si sono chiuse 45 anni fossero riaperte – che non dobbiamo però dimenticare. Oggi, quindi, ti proponiamo 3 libri sulla storia della psichiatria e dei manicomi.

Liberi tutti, Valeria P. Babini, Il Mulino, 384 p., 14€

La fine della reclusione manicomiale non è stata improvvisa, ma l’esito di un percorso che ha attraversato tutto il Novecento e ha interessato non solo il campo della psichiatria ma tutta la società italiana. È proprio questo lungo cammino verso la chiusura dei manicomi che il libro di Valeria P. Babini ripercorre attraverso i racconti dei protagonisti di quell’epoca – medici, giornalisti, scrittori, politici, registi, ex degenti, cittadini – e le sue tappe fondamentali, dall’invenzione dell’elettroshock fino alla rivoluzione psichiatrica degli anni ‘60 che ha aperto la strada alla visione abolizionista.

Vincitore del Premio in psicologia e psichiatria Sante de Sanctis, è un libro imperdibile per chi vuole conoscere la storia delle cure psichiatriche dalla fine del 1800 alla legge 180/1978 e che, per dirla con le parole dello storico Giuseppe Berta, è “destinato a rimanere come un punto di riferimento per gli studi ma anche capace di coinvolgere il lettore”.

Ci chiamavano matti, Anna Maria Bruzzone, Il Saggiatore, 416 p, 29€

Quella di Anna Maria Bruzzone è una straordinaria testimonianza del passaggio della rivoluzione della psichiatria che in poco più di un decennio è riuscita a superare l’istituzione manicomiale “dominata da pratiche violente e rapporti verticali disumanizzanti”, più simile a una prigione che a un luogo di cura e da cui uscire era quasi sempre impossibile.

Il libro racchiude le testimonianze raccolte dall’autrice tra il 1968 e il 1977, prima nell’ospedale di Gorizia, dove Basaglia e la sua èquipe avevano iniziato a rovesciare le logiche dell’approccio ai pazienti psichiatrici, e poi in quello di Arezzo, a pochi mesi dall’approvazione della legge che ne determinò la chiusura. A prendere la parola sono loro, i “matti”, attraverso i cui occhi possiamo guardare davvero a cosa volesse dire vivere questi istituti e cosa abbia significato la loro trasformazione.

Nannetti. La polvere delle parole, Paolo Miorandi, Exorma Edizioni, 168 p., 15€

Una vita passata in manicomio. Un enorme libro di pietra inciso sulle pareti di quell’istituto che lo recludeva. Quella di Oreste Fernando Nannetti è una storia che sembra un film, ma non lo è. Conosciuto con il nome di NOF4, Nannetti è stato ricoverato dal 1958 all’ospedale psichiatrico di Volterra: qui, utilizzando la fibbia del panciotto della divisa, ha inciso sulle pareti esterne del Ferri, la sezione giudiziaria del manicomio in cui è stato internato a più riprese, dei graffiti che attraverso simboli e immagini costituiscono dei veri e propri racconti fantascientifici e sono oggi considerati un capolavoro dell’Art brut.

Il libro di Miorandi racconta la storia di Nannetti e dei suoi graffiti – oggi in parte recuperati e sotto tutela, in parte irrimediabilmente deteriorati – ma anche quella di Aldo Trafeli, infermiere che per primo si accorse dell’opera e che la trascrisse, per testimoniarla, e che quella storia ha raccontato in prima persona nel libro Io e Fernando. La storia di N.O.F.4 raccontata da Aldo Trafeli, uscito nel 2022 per Bandecchi & Vivaldi (264 p. 30€).

Leggi anche
Benessere
di Costanza Giannelli 4 min lettura
Recensioni
di Costanza Giannelli 4 min lettura